DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 22 luglio 2025
Ventotto paesi, tra cui l’Italia, hanno firmato una dichiarazione congiunta che chiede la fine immediata della guerra a Gaza, condannando il rilascio limitato degli aiuti, le uccisioni di civili e ogni ipotesi di trasferimento forzato della popolazione palestinese (Corriere della Sera). I firmatari definiscono «inaccettabile» la gestione israeliana della crisi umanitaria. Restano fuori Germania e Stati Uniti. Israele ha criticato il testo, definendolo «scollegato dalla realtà» (Sole 24 Ore). «Disgustoso!», ha attaccato l’ambasciatore Usa a Gerusalemme Mike Huckabee, denunciando come le nazioni firmatarie facciano «pressione su Israele invece che sui selvaggi di Hamas!» (Repubblica). La dichiarazione chiede inoltre il rilascio immediato degli ostaggi detenuti dal gruppo terroristico e condanna i piani di espansione degli insediamenti in Cisgiordania. «Gli ostaggi vanno rilasciati senza condizioni ma intanto Israele deve compiere passi verso la pace. Siamo amici di Israele, ma quel che fanno i coloni in Cisgiordania non va bene. Affronti e risolva la situazione», ha dichiarato il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani (Giornale).
Sul fronte militare, Israele ha lanciato un’offensiva via terra contro Deir al Balah, città di Gaza finora parzialmente esclusa dal conflitto e, scrivono Repubblica e Corriere, rifugio per oltre 70mila sfollati. I bombardamenti hanno causato 134 morti e ricevuto molte critiche a livello internazionale. Ai quotidiani italiani Gennaro Giudetti, cooperante Onu presente nell’area, ha raccontato: «Mi viene da piangere, vedo dalla finestra file di bambini che scappano con le famiglie, ma sono troppo piccoli per spingere i carrelli con gli oggetti di una vita».
«Con il 90 per cento degli edifici distrutti, le macerie sopra l’ingresso di centinaia di tunnel, intere città sgretolate dove non ci si può più nascondere all’occhio dei droni e le iniezioni di cemento a tappare le gallerie scoperte, dove diavolo possono essere le prigioni degli ostaggi israeliani sopravvissuti?» si chiede il Corriere della Sera. Solo 8 ostaggi sono stati liberati dal 7 ottobre 2023. L’attacco a Deir al Balah, spiega il quotidiano, potrebbe essere legato al sospetto che lì si trovino alcuni dei 50 rapiti ancora in mano a Hamas, ma le famiglie temono che l’operazione metta in pericolo i propri cari.
Il Foglio evidenzia un cambio di tono di papa Leone XIV, passato da una linea prudente a una posizione più dura verso Israele. Domenica, all’Angelus, il pontefice ha parlato esplicitamente di un «attacco dell’esercito israeliano» contro la chiesa cattolica di Gaza, segnando una frattura nei rapporti diplomatici. Come scrive il quotidiano: «Una frattura evidente con il governo israeliano e probabilmente più foriera di conseguenze rispetto al passato: le parole di Francesco sul ‘genocidio’ potevano essere smentite con un post sui social, accusando il papa di sentimenti anti israeliani, mentre con l’americano Prevost l’operazione risulta più complicata». Domani racconta come il Vaticano, tramite una telefonata tra Leone XIV e il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas, abbia ribadito il sostegno alla nascita di uno stato palestinese e condannato ogni piano di trasferimenti forzati di palestinesi.
L’ambasciatore israeliano a Roma, Jonathan Peled, intervistato da La Stampa, ha commentato le parole del papa come «un appello generale, diretto in primo luogo contro Hamas», sottolineando che anche Israele condivide l’invocazione alla fine della barbarie. Pur non occupandosi direttamente dei rapporti con il Vaticano, Peled ha evidenziato come il dialogo tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il papa, avvenuto negli scorsi giorni, sia «un segno positivo», nonostante la criticità del momento. «L’unico posto dove i cristiani sono al sicuro è in Israele. E Pizzaballa e la Santa Sede lo sanno», ha affermato il diplomatico. Sull’offensiva a Deir al Balah, Peled spiega che rientra in una strategia per «fare pressione su Hamas» e tentare il recupero degli ostaggi. Sulla distribuzione degli aiuti umanitari, «siamo intrappolati in una posizione tragica. Facciamo entrare gli aiuti ma Hamas cerca di intercettarli». Peled afferma di restare «ottimista che un cessate il fuoco verrà raggiunto presto. Così spero, come credo chiunque in Israele e a Gaza». «Non vogliamo essere in guerra per sempre».
«La gente è stremata, manca tutto: cibo, acqua, medicine», dichiara a Sole 24 Ore e Stampa, padre Gabriel Romanelli, parroco della chiesa cattolica di Gaza. Il rumore delle bombe, racconta, accompagna la vita quotidiana. «Una cipolla costa 15 euro, un barattolo di caffè oltre 300. La fame genera caos». E lancia un appello: «Fermate la barbarie, fate entrare gli aiuti. Questo massacro non serve a nessuno».
«Bibi si è comportato come un pazzo. Bombarda ogni cosa continuamente. Questo può danneggiare ciò che Trump sta cercando di fare» ha dichiarato un funzionario della Casa Bianca al sito Axios, esprimendo la crescente frustrazione verso Netanyahu. L’attacco israeliano in Siria e l’incidente con la chiesa cattolica a Gaza hanno suscitato irritazione del presidente Usa Trump, che avrebbe chiesto chiarimenti al premier. Secondo fonti americane, scrive il Corriere, Netanyahu agisce per motivi politici interni, ignorando gli sforzi di Washington per negoziare tregue e coinvolgere la Siria negli Accordi di Abramo. Anche l’uccisione di un palestinese-americano da parte di estremisti israeliani ha aggravato il malumore negli Stati Uniti.
«Ci hanno fermati senza darci alcuna spiegazione. Poi ci hanno portato in un compound segreto della polizia e lì ci hanno picchiato»: così uno dei due israeliani arrestati in Belgio ha raccontato al Canale israeliano 12 l’episodio avvenuto il 19 luglio durante il Tomorrowland Festival. I due, un civile e un militare, sono stati fermati dopo una segnalazione della fondazione filo-palestinese Hind Rajab Foundation. Rilasciati dopo alcune ore per mancanza di prove, il caso, sottolinea Libero, riflette il clima ostile crescente verso gli israeliani in Europa. Il quotidiano definisce le azioni di Hind Rajab Foundation «una caccia alle streghe».
Antonio Polito sul Corriere della Sera riflette sulla guerra a Gaza, dove «non sembra contemplata alcuna strategia finale di pace». Al posto del principio “territori in cambio di pace”, domina ora «la guerra in cambio di territori». Polito denuncia le deportazioni di massa come «crimine di guerra» e accusa Netanyahu di usare la forza non più come mezzo, ma come fine politico. «Israele rischia di divorziare dai valori delle democrazie occidentali», scrive, evocando un parallelo con l’espansionismo russo. Sempre il Corriere riprende testo di Etgar Keret uscito su Yedioth Ahronot in cui lo scrittore israeliano denuncia l’indifferenza verso quanto accade a Gaza: «Questa morte non smuove montagne, non riceve l’attenzione dei notiziari in Israele, non è presente, quasi non è riportata, ma è continua, arbitraria, devastante e priva di scopo».
In un’intervista a Libero, Fiamma Nirenstein denuncia un disegno dietro i massacri dei drusi siriani, collegandoli al 7 ottobre: «Vogliono impedire l’allargamento degli Accordi di Abramo». Accusa la giustizia internazionale di doppio standard e l’informazione occidentale di disinformazione su Gaza. «Israele non vuole morire, vuole la pace ma senza Hamas e con un Iran indebolito», afferma Nirenstein.
Nel suo Buongiorno su La Stampa, Mattia Feltri contesta l’uso del termine genocidio per Gaza, definendolo «grossolano», pur sottolineando come sempre più voci ebraiche – tra cui lo studioso di Shoah, Omer Bartov – non lo escludano. E avverte: «Per Netanyahu è folle non comprendere che per Israele il genocidio diventa un guaio serio, pure se non fosse genocidio».
In un recente tweet il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ha evocato una «regia in stile Soros» dietro presunte manovre giudiziarie contro leader sovranisti nel mondo. Luca Bottura su La Stampa definisce l’accenno a Soros «sentina di tutti coloro i quali amano sottolineare con una filigrana ebraica qualunque complottismo».