DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 29 luglio 2025
«Io, buttato a terra e preso a calci davanti a mio figlio. Ha pianto per ore», racconta al Corriere della Sera Elie Sultan, ebreo francese aggredito in un autogrill vicino Milano mentre era con il figlio di sei anni, che portava la kippah. Tutto è iniziato con un urlo: «Free Palestine», lanciato da un ragazzo alla cassa. Poi gli insulti antisemiti – «Ebrei assassini, tornate a casa», le accuse di «genocidio», riprese da Elie in un video e infine l’aggressione fisica da parte di almeno tre persone per obbligarlo a cancellare le immagini. «Sono finito a terra e ne hanno approfittato come animali, prendendomi a calci nella pancia. Alcuni di loro erano di sicuro arabi, perché ho sentito pronunciare parole arabe rivolte a me. A quel punto ho perso di vista mio figlio, che pochi secondi prima avevo per mano». È stata una donna, racconta, a mettere in salvo il bambino. Solo quando ha gridato «Police, police, police!» gli aggressori si sono allontanati. Ancora sotto choc, Elie denuncia un clima di odio crescente contro gli ebrei in Europa: «Non pensavo potesse accadere in Italia. Ora spero solo che venga fatta giustizia». A La Stampa il genero della vittima commenta amaro: «Non si sono fermati neanche davanti a un bimbo di 6 anni».
Molte le reazioni all’aggressione antisemita raccontante dai quotidiani. «Se basta essere riconoscibili come ebrei per essere veementemente aggrediti, vuol dire che la legittimazione all’odio e all’antisemitismo è ormai virale», ha sottolineato la presidente Ucei Noemi Di Segni (Stampa e Corriere). «Fatto sconcertante», denuncia Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano. «Inaccettabile», concorda Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma (Giornale). Il Corriere riporta le condanne bipartisan della politica, dal governo alle opposizione. Commentando l’episodio, Mattia Feltri nel suo Buongiorno in prima pagina de La Stampa sottolinea: «L’antisemitismo non si sente in colpa, è immacolato, benpensante, umanitario, idealista e persino fermamente convinto di essere antirazzista. Oggi ricomincia a tornare fra di noi l’antisemitismo della buona coscienza».
«C’è un clima di odio diffuso. Non difendono la Palestina, sono contro il popolo ebraico», commenta il presidente della Fondazione Cdec, Giorgio Sacerdoti, in un colloquio al Corriere. Nell’intervista viene chiesto a Sacerdoti anche un commento sull’azione del governo israeliano, che il giurista definisce «molto criticabile» e parla di «accanimento sulla popolazione civile, che non c’entra con Hamas».
Sul Giornale Fiamma Nirenstein denuncia un antisemitismo sempre più tollerato, alimentato anche da gesti istituzionali come il riconoscimento dello Stato palestinese annunciato dal presidente francese Emmanuel Macron, che a suo avviso serve solo a «ferire Israele» e legittima Hamas, ignorando la realtà del terrorismo e dei rapimenti. L’aggressione a un padre ebreo a Lainate, scrive, è il frutto di questo clima. Massimo Nava, sul Corriere della Sera, legge invece la mossa di Macron come un tentativo di rilanciare la diplomazia francese, rispondere alla crisi umanitaria a Gaza e frenare le tensioni interne, specie tra i giovani musulmani. Una scommessa rischiosa, ma secondo Nava «necessaria per non restare immobili davanti alla deriva del conflitto». Avvenire cita il sostegno al riconoscimento dello stato palestinese del segretario di stato vaticano, Pietro Parolin (la Santa Sede lo ha compiuto nel 2015).
Durante la sua visita in Scozia, il presidente Usa Donald Trump ha espresso delusione per l’andamento della guerra a Gaza e ha criticato il premier israeliano Benjamin Netanyahu per aver negato la crisi umanitaria nella Striscia. «Ho visto i bambini palestinesi in tv, sembrano molto affamati… dobbiamo nutrirli», ha dichiarato, sottolineando che «non condivide particolarmente» le posizioni di Israele, scrivono Corriere e Stampa. Trump ha ribadito l’intenzione di aumentare gli aiuti alimentari, aprendo nuovi centri di distribuzione a Gaza, ma ha ricordato anche come Hamas rubi e rivenda gli alimenti. Sullo Stato palestinese, il presidente Usa non ha preso posizione ma, sottolinea Repubblica, non ha posto veti alla Gran Bretagna: «Se (il primo ministro britannico Keir) Starmer lo fa, non mi preoccupa». Trump ha poi chiesto il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas e, in riferimento all’Ucraina, si è detto deluso dal presidente russo Vladimir Putin, a cui ha dato 10-12 giorni per accettare un cessate il fuoco.
La Stampa riporta la lettera inviata al premier Netanyahu dai presidenti di cinque importanti università israeliane in cui si chiede di fermare la crisi umanitaria a Gaza. Il governo ha reagito con durezza, scrive il quotidiano torinese: il ministro dell’Istruzione li accusa di «propaganda per Hamas». Intanto il dissenso cresce anche nelle piazze israeliane, scrive Repubblica, citando l’iniziativa della psicologa Ronen Argov che sul sito Forcibly Involved, documenta in ebraico le storie e immagini dei bambini vittime del conflitto, in particolare a Gaza. Sulla situazione nella Striscia, è intervenuto anche il presidente di Yad Vashem, Dani Dayan (Repubblica): «Ci sono molti uomini, donne e bambini senza alcun legame con il terrorismo che stanno subendo devastazione, sfollamenti e perdite. La loro angoscia è reale e la nostra tradizione morale ci obbliga a non voltare le spalle».
Il demografo Sergio Della Pergola, sul Riformista, critica un articolo uscito il 27 luglio sul Corriere della Sera sullo Stato palestinese, definendolo «una storia romanzata» con «omissioni, interpolazioni e leggende». Il professore emerito dell’Università Ebraica di Gerusalemme ricorda che nel 1947 l’Onu propose due Stati, ma «nessuno pensò di proclamare lo Stato arabo». Per Della Pergola, il rifiuto palestinese nasce da «una resistenza violenta contro la mera esistenza dell’altro», codificata da Hamas nel 1988 con uno statuto che invoca la distruzione d’Israele. Per l’autore, Hamas ha trasformato Gaza in un «fortino armato» sprecando risorse, e, compiendo il massacro del 7 ottobre 2023, ha decretato la morte della soluzione a due stati. Della Pergola propone quindi di «scorporare il problema» tra Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme. Infine, auspica «una radicale trasformazione dell’anima politica» e dei media occidentali. Un altro intervento del professore sulle pagine del Mulino ha suscitato polemiche interne alla rivista, con 22 soci che hanno preso pubblicamente le distanze. Della Pergola ha replicato accusandoli di ignorare i fatti e di legittimare Hamas. La frattura ha portato alla convocazione di un consiglio straordinario dell’associazione.
In un’intervista al Riformista, la docente israeliana Nesya Rubinstein-Shemer accusa Hamas di aver «tradito e calpestato l’Islam», violando i principi della Sharia che vietano violenza, saccheggi e attacchi ai civili. «Hamas ha armato la religione», afferma Rubinstein-Shemer, spiegando che i terroristi usano anche la fame come «sacrificio religioso», mentre rubano gli aiuti umanitari. La studiosa denuncia l’educazione jihadista dei bambini a Gaza e l’impatto devastante di Hamas sull’immagine globale dell’Islam: «Lo hanno sequestrato». Solo studio, dialogo e coraggio, conclude la studiosa, possono contrastare questa deriva.
Secondo lo storico Giovanni De Luna (La Stampa), la guerra a Gaza rappresenta una «violenza eccessiva, ridondante» che ha travalicato la razionalità. L’obiettivo di colpire Hamas è fallito, mentre «decine di migliaia di civili palestinesi sono stati massacrati». Per De Luna, Israele sta seguendo «la stessa logica degli eccessi novecenteschi» e rischia «il proprio annientamento».
La cooperativa agricola Melissa di Castelliri ha rifiutato di fornire il miele alla Fondazione Keren Kayemeth LeIsrael (KKL) per il capodanno ebraico, motivando la scelta con le politiche israeliane. «È intolleranza mascherata da ideologia», commenta il KKL a Libero.