REGNO UNITO – Gli ebrei britannici al premier Starmer: «Riconoscimento stato palestinese premio a Hamas»

Un premio al terrorismo, una forzatura diplomatica e un segnale destabilizzante. Così si riassumono la reazione dell’ebraismo britannico all’annuncio del primo ministro laburista Keir Starmer di voler riconoscere lo stato di Palestina entro settembre, salvo significativi cambiamenti nella condotta del governo israeliano e sviluppi concreti verso la pace a Gaza.
Il Board of Deputies of British Jews, principale organismo rappresentativo degli ebrei nel Regno Unito, ha espresso forti riserve. In una riunione straordinaria convocata per discutere dell’emergenza umanitaria a Gaza e delle implicazioni dell’annuncio britannico, il presidente Phil Rosenberg ha ribadito il sostegno a una soluzione a due stati, e ha avvertito che «riconoscere uno stato palestinese senza un accordo diplomatico rischia di mettere i gesti davanti alla sostanza».
In un editoriale pubblicato sul Telegraph, lo stesso Rosenberg spiega che «questo momento di crisi richiede soluzioni pratiche, non gesti politici». Un riconoscimento unilaterale, scrive Rosenberg, «verrebbe strumentalizzato da Hamas e ritenuto una giustificazione delle sue azioni brutali del 7 ottobre». Anche perché il gruppo terroristico è «alla disperata ricerca di una vittoria simbolica».
Nell’editoriale si ricorda come «i leader palestinesi hanno rifiutato numerose proposte di pace negli anni», e che ogni futuro stato palestinese «dovrà essere costruito nella realtà, non solo nella mente dei politici». Allo stesso tempo, Rosenberg critica «la retorica allarmante di alcuni ministri israeliani» e la violenza degli estremisti israeliani in Cisgiordania. Il punto, aggiunge, è però costruire una visione credibile «per il giorno dopo a Gaza».
Rivolgendosi all’esecutivo laburista, il Board of Deputies chiede che Londra non proceda con alcun riconoscimento fintanto che Hamas non avrà accettato un cessate il fuoco, rilasciato tutti gli ostaggi e rinunciato al controllo della Striscia di Gaza. Viene inoltre ribadita la necessità di richiamare l’Autorità nazionale palestinese alle proprie responsabilità nel percorso verso una soluzione duratura e la necessità di contrastare l’influenza destabilizzante dell’Iran e dei suoi alleati, ostili a qualsiasi prospettiva di pace.
Anche altre organizzazioni ebraiche del Regno Unito, come la Campaign Against Antisemitism, sono intervenute nel dibattito, definendo l’iniziativa di Starmer «moralmente e politicamente sbagliata». È «indifendibile» ipotizzare un riconoscimento in un momento in cui gli ostaggi sono ancora detenuti da Hamas in condizioni disumane, denuncia l’organizzazione. Per Jonathan Sacerdoti, firma dello Spectator, la mossa del premier britannico segue «un’inversione inquietante della logica»: non si chiedono impegni concreti alla leadership palestinese, ma si scarica interamente la responsabilità su Israele. In questo modo, spiega Sacerdoti, il Regno Unito rischia di «legittimare la violenza come strumento negoziale». E il messaggio che ne deriva, conclude, «è che il terrorismo paga». Una tesi condivisa anche dal movimento Progressive Judaism che, ribadendo l’impegno per una pace giusta e la convivenza tra due popoli, ha messo in guardia dal rischio che il riconoscimento anticipato «possa rafforzare chi rifiuta la pace e alimentare l’estremismo».
Nel frattempo, una fonte governativa ha ribadito a Jewish News, media ebraico britannico, la posizione del primo ministro: «Keir Starmer è convinto che il Regno Unito possa agire come un mediatore imparziale nel processo di pace. È impegnato a riconoscere lo Stato palestinese, ma crede che ciò possa avvenire solo se saranno soddisfatte precise condizioni, compresa la sicurezza di Israele e la liberazione degli ostaggi».