DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 1 agosto 2025
È atterrato ieri in Israele l’inviato speciale americano Steve Witkoff, che oggi visiterà la Striscia di Gaza per ispezionare un centro di distribuzione alimentare. Ieri Witkoff ha avuto un incontro, definito «molto produttivo», con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo il Giornale il vertice ha segnato una svolta: «Usa e Israele sarebbero pronti a chiudere la porta ad accordi parziali sugli ostaggi, puntando invece su un’intesa complessiva che includa il disarmo di Hamas». L’inviato di Trump ha anche parlato della crisi umanitaria a Gaza – «la fame c’è» -, sottolineando che potrebbe finire subito se Hamas si arrendesse. Nel frattempo, aggiunge il Foglio, gli Stati Uniti prendono le distanze dal fronte europeo sul riconoscimento dello Stato palestinese e rafforzano il sostegno a Israele, imponendo sanzioni contro funzionari dell’Autorità nazionale palestinese per incitamento all’odio e premi ai terroristi.
La Germania non riconoscerà “ancora” lo stato palestinese, ma lancia un chiaro avvertimento a Israele, raccontano Corriere e Repubblica. Prima di una visita a Gerusalemme, il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha chiesto di avviare subito il processo politico per la soluzione a due stati, ammonendo contro ulteriori mosse unilaterali in Cisgiordania. Berlino vuole evitare che Israele finisca isolato sulla scena internazionale, scrive Repubblica. «Dietro la svolta c’è la frustrazione del cancelliere Friedrich Merz, irritato dall’ostinazione di Netanyahu, e determinato ad accelerare gli aiuti umanitari a Gaza e a sostenere l’Autorità palestinese». Il governo tedesco non esclude sanzioni «contro i coloni estremisti e valuta di limitare le forniture di armi a Israele», scrive La Stampa, che riporta l’attacco a Berlino del ministro israeliano Itamar Ben Gvir: «Tornano i nazisti».
I ministri israeliani Yisrael Katz (Difesa) e Yariv Levin (Giustizia) rilanciano l’ipotesi di annettere la Cisgiordania. Come riporta il Messaggero, i due esponenti del governo Netanyahu definiscono questo «il momento più propizio» per completare l’annessione, considerandola una «importante opportunità» da cogliere ora, mentre si discute del riconoscimento internazionale di uno stato palestinese.
La Stampa torna sulla richiesta ufficiale della Lega araba a Hamas di deporre le armi e cedere il controllo di Gaza all’Anp. Nel suo commento, Alessia Melcangi sottolinea la portata storica dell’iniziativa, sostenuta da paesi come Arabia Saudita e Qatar, che «segna un isolamento senza precedenti» del gruppo terroristico. L’obiettivo è rafforzare l’Autorità palestinese come unico soggetto legittimato a governare un futuro stato palestinese. Ma, avverte la studiosa, «la scommessa sarà rendere l’Anp più efficace e meno corrotta». Per questo servirà un impegno concreto anche da parte dei paesi arabi e dell’Europa. Come nota anche il Foglio, l’iniziativa araba «ha rotto un tabù» e rappresenta un’opportunità strategica per rilanciare un processo di pace vero. Ma il rischio, scrive il quotidiano, è che l’Occidente la vanifichi con «riconoscimenti frettolosi» che finirebbero per premiare proprio Hamas.
In un’intervista al Giornale, Iddo Netanyahu — medico e fratello del premier israeliano — accusa l’Occidente di «ipocrisia» e denuncia il successo di Hamas nella «guerra di propaganda». A suo avviso, il riconoscimento dello stato palestinese è «una barzelletta», poiché mai accettato dai leader palestinesi, interessati solo alla distruzione di Israele. Sulla crisi umanitaria nella Striscia, sostiene che Israele «è l’unico paese a nutrire i civili nemici durante un conflitto». E aggiunge: «Se Hamas non si arrende, va distrutto. Altrimenti preparerà un altro 7 ottobre».
Lo scrittore israeliano David Grossman, in passato restio a usare la parola “genocidio” per Gaza, afferma ora di non poterne più fare a meno. In un’intervista a Repubblica, definisce «devastante» leggere l’accostamento tra Israele e la fame a Gaza, considerando la storia ebraica. «Mi chiedo: come siamo potuti arrivare a essere accusati di genocidio?» si domanda. Grossman attribuisce la “maledizione” d’Israele al 1967: «L’Occupazione ci ha corrotto. Siamo caduti nella tentazione generata dal nostro potere assoluto».
Repubblica si è recata a Taybeh, l’ultimo villaggio a maggioranza cristiana della Cisgiordania, per documentare gli attacchi notturni di estremisti israeliani che, denunciano gli abitanti, «colpiscono con incendi, devastazioni e furti», in un clima «di totale impunità». Dieci famiglie hanno già lasciato il villaggio.
Il Riformista mette in discussione la credibilità di Anthony Aguilar, ex contractor americano che ha accusato l’esercito israeliano (IDF) di crimini di guerra a Gaza. Secondo il quotidiano, Aguilar – assunto dalla società UG Solution per la sicurezza nei centri di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation – avrebbe elogiato il proprio lavoro fino al momento del suo licenziamento. «Solo successivamente ha denunciato presunte stragi di civili, senza però fornire prove concrete», scrive il Riformista. La Ong lo ha smentito, sottolineando incongruenze nei suoi racconti e rivelando che Aguilar, dopo le accuse, avrebbe chiesto di essere riassunto. Anche la Bbc, che aveva dato risonanza alla sua storia, viene criticata per non averne verificato l’attendibilità.
Fratelli d’Italia ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per chiedere misure contro la presenza di esponenti legati all’islamismo radicale nelle sedi istituzionali. Al centro dell’iniziativa, spiega Libero, la partecipazione di Sulaiman Hijazi, ritenuto vicino ad Hamas, agli eventi organizzati dal Movimento 5 Stelle alla Camera e al Senato con la relatrice Onu Francesca Albanese.
«Un’Austria in cui si riferisce che agli ebrei viene negato l’accesso ai campeggi e al cibo nei ristoranti, in cui le loro tombe vengono profanate e le comunità minacciate, non può e non deve esistere. Non oggi, non domani, mai». Con queste parole, riprese dal Foglio, l’arcivescovo di Salisburgo, Franz Lackner, presidente della Conferenza episcopale austriaca, condanna la nuova ondata di antisemitismo che, sotto la maschera della protesta per Gaza, sta riemergendo nel Paese. Pur riconoscendo la tragedia umanitaria nella Striscia, Lackner avverte che la rabbia verso Israele non può giustificare odio verso gli ebrei: «È antisemitismo travestito da critica politica».
Il sostegno repubblicano a Israele, un tempo granitico, inizia a incrinarsi tra le fila del movimento Maga, spiega il Foglio. Se il consenso resta alto tra i repubblicani in generale, tra i giovani trumpiani emergono dubbi, stanchezza e critiche, anche alla luce della guerra a Gaza. «Al summit di Turning Point, la principale associazione di giovani studenti Maga che si è tenuto a luglio, si parlava Israele come di un “punto debole”, pure costoso nel campo dei “soldi pubblici”», scrive il Foglio, ricordando come figure come Marjorie Taylor Greene hanno parlato apertamente di «genocidio a Gaza».
Sul Venerdì di Repubblica, Dario Calimani, presidente della Comunità ebraica di Venezia, scrive a Natalia Aspesi criticando una sua frase dell’11 luglio — «gli israeliani tutti contenti per ogni morto innocente del giorno, un palestinese» — definendola offensiva e pericolosa. Calimani sottolinea l’importanza delle parole in un momento segnato dal riemergere dell’antisemitismo e difende il dolore di una popolazione traumatizzata dal 7 ottobre. Aspesi risponde con tono autocritico: ammette che la frase è stata “stupida”, ribadisce di non essere né antisemita né pro Hamas e critica il maschilismo nella narrazione del conflitto palestinese.
Il 6 e 9 agosto saranno 80 anni dalle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Su Sette, il settimanale del Corriere, Liliana Segre ricorda che in quei giorni era ancora in Germania, liberata dal lager e in attesa di rientrare in Italia. All’epoca, racconta, era difficile cogliere la portata di quell’evento, ma più tardi capì che si trattava di «uno spartiacque». Segre richiama l’incontro con Numata Suzuko, sopravvissuta a Hiroshima e divenuta attivista per la pace, e riflette sull’illusione della deterrenza nucleare, ricordando come, nonostante l’atomica, le guerre – oggi in Ucraina e Medio Oriente – siano continuate.