DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 4 agosto 2025
«Che vuol dire Stato palestinese? Vuol dire Stato di Hamas? Loro non hanno alcuna intenzione di convivere pacificamente con Israele», dichiara la presidente Ucei Noemi Di Segni in una intervista con il Corriere della Sera in cui spiega di apprezzare la “frenata” al riguardo del governo Meloni. «Noi possiamo pure riconoscerlo, ma il giorno dopo che succederà? Guardate i paesi arabi, molto più pragmatici degli europei: nessuno di loro si occupa di questo». Di Segni si dice preoccupata per l’antisemitismo che riaffiora ed esprime l’angoscia «che da noi quest’onda sorda e cieca di critiche e distorsioni finisca per legittimare il terrorismo e le sue cellule», con il rischio «che un giorno l’Occidente non sia più capace di salvaguardare se stesso».
Il Corriere intervista Matan Eshet, il cugino di Evyatar David, uno dei due ostaggi israeliani di cui Hamas ha diffuso un video nel fine settimana. Un video tremendo, sottolinea l’uomo: «Ricorda quegli uomini di cui ci parlava nostra nonna. Non l’ho mai detto prima, ma mi fa pensare all’Olocausto. Non riesco a togliermi dalla mente certi dettagli». Dettagli, racconta, come «la mano del terrorista di Hamas che gli dà il cibo in scatola», una mano enorme «rispetto al corpo di mio cugino».
«Bel “capolavoro” da parte del dinamico duo Macron-Starmer: aver preannunciato il riconoscimento dello Stato palestinese di fatto senza condizioni ha rifornito Hamas di nuove efficacissime munizioni propagandistiche», accusa Daniele Capezzone su Libero. Sempre Libero, riprendendo i dati delle Nazioni Unite, titola: «Solo il 10% degli aiuti arriva alla gente di Gaza. Il resto è saccheggiato. Lo dice perfino l’Onu».
Non è intenzione di Israele cambiare lo status quo sul Monte del Tempio, ha chiarito il premier israeliano Benjamin Netanyahu dopo l’iniziativa provocatoria del suo ministro Itamar Ben Gvir. Secondo La Stampa, «l’affermazione di questa versione estrema del sionismo religioso, destinata a rafforzarsi per diversi fattori sociali, culturali e demografici, potrebbe sfigurare per sempre il volto democratico del paese».
Sulla Stampa, Alessandra Ghisleri analizza alcuni dati sulla percezione italiana delle guerre in Ucraina e Medio Oriente. «Dopo mesi di escalation e violenze, la maggioranza degli italiani guarda con preoccupazione all’evolversi del conflitto tra Israele e Hamas, percependo la prospettiva di una pace duratura come sempre più remota (61,4%)», illustra la sondaggista. Al tempo stesso quasi l’80% degli italiani «riconosce che a Gaza si è di fronte a una vera e propria emergenza umanitaria».
Diciannove ex capi delle agenzie di sicurezza israeliane e l’ex premier Ehud Barak si sono riuniti per discutere della situazione del conflitto a Gaza e quella degli ostaggi. Ne dà conto La Stampa, riferendo che l’intento del gruppo è «sostituire una macchina del veleno con una macchina della speranza, per lottare insieme per la democrazia».
«Non si può ignorare il fatto che Israele stia cercando di cancellare la popolazione palestinese», sostiene l’intellettuale palestinese Sari Nusseibeh in un colloquio con Repubblica. Secondo Nusseibeh, già presidente dell’università Al Quds e tra gli artefici degli accordi di Oslo, «parlare di genocidio è psicologicamente importante per far sì che le persone capiscano la portata dei crimini commessi».
«Il poeta nazionale si è incartato nella lingua dei suoi nemici, come succede ai poeti», scrive Giuliano Ferrara (Il Foglio) a proposito della recente intervista di David Grossman con Repubblica attorno a questo termine. Sempre sul Foglio, lo storico Andrea Graziosi riflette sull’uso dell’accusa di genocidio contro Israele come “arma politica” e sul perché «descrivere ciò che succede a Gaza con criteri moralistici non risolverà il conflitto», ma complicherà al contrario la situazione.
«Suleiman Hijazi presente all’evento della Albanese alla Camera? Mi rivolgerò ai Presidenti di Camera e Senato e alla Presidente del Consiglio affinché tutto ciò non avvenga più. Espulsione? Se è giuridicamente possibile sì». A dirlo al Tempo è Carlo Giovanardi, ex ministro e già vicepresidente della Camera.