TU BEAV – Una festa antica, seconda solo a Kippur

«Nachamù nachamù e dell’estate non ce n’è più». È un proverbio che, nelle sue varianti dialettali, gli ebrei italiani conoscono molto bene.
“Nachamù nachamù” (“Consolate consolate” il mio popolo) sono le prime parole della haftarà, il brano profetico – questo da Isaia, cap.40 – che viene letto nel primo sabato di consolazione dopo i lutti rivissuti nelle tre settimane precedenti – tra i digiuni del 17 Tamuz e il 9 Av. Così che questo sabato viene chiamato proprio Shabbat Nachamù.
Ma perché dell’estate non ce n’è più?
Qui antico e moderno si intrecciano e i luoghi si confondono.
Il digiuno del 9 di Av arrivava abitualmente al culmine dell’estate e da quella data in poi cominciava a piovere e a rinfrescare. Ed ecco il proverbio a constatare, tra la gioia e la malinconia, il declinare della stagione estiva. Ora tra gioia e malinconia constatiamo che il caldo dura fino a Kippur!
Ma questo proverbio, così stagionale e così italiano, trova la sua lontana origine nel Talmud (TB, Ta’anit 31a), dove leggiamo: «Rabbì Eliezer il Grande dice: Dal 15 di Av in poi cala la forza del sole, e perciò non tagliavano più alberi per la pira dell’Altare, poiché la legna non era abbastanza secca».
Ma c’è qualcosa che rende il 15 di Av (t”u beAv in ebraico) un giorno di festa speciale per Israele. Leggiamo nella Mishnà (Ta’anit, 4, 8 ): «Disse Rabban Shim’on ben Gamliel: Non vi furono giorni festivi per Israele come il quindici di Av e il giorno di Kippur, nei quali le fanciulle di Gerusalemme uscivano con abiti bianchi… a danzare nelle vigne». E il Talmud chiosa: «Chi non aveva moglie si volgeva là per cercarla».
E quest’anno t”u beAv sarà proprio il giorno di Shabbat Nachamù.
E mi raccomando. È meglio non far sapere in giro che quella famosa festa degli innamorati, in qualche modo, l’abbiamo inventata noi.
Leone Chaim