DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 13 agosto 2025
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha escluso la possibilità di un accordo parziale sugli ostaggi, affermando di volere «tutti i sequestrati, vivi o morti, in una volta sola», e ha ordinato ai generali di preparare l’invasione della città di Gaza, mentre i suoi alleati spingono per l’occupazione totale della Striscia. Hamas chiede la fine della guerra come condizione per un’intesa, mentre i mediatori egiziani tentano di ottenere una tregua di 60 giorni, riporta il Corriere. Sul fronte interno, cresce lo scontro politico: la procuratrice generale Gali Baharav-Miara, licenziata illegalmente secondo la Corte Suprema, è stata fisicamente esclusa dal ministero della Giustizia. Ex comandanti e centinaia di piloti riservisti, scrive il Corriere, contestano la strategia del governo, chiedendo la fine del conflitto. Anche l’attuale capo di stato maggiore Eyal Zamir è contrario alla piena occupazione di Gaza e nel frattempo si è scontrato con il ministro della Difesa Israel Katz su nomine interne all’esercito, sottolinea il Giornale.
L’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas, due commissari europei e i ministri degli Esteri di 26 Paesi, tra cui l’Italia, hanno lanciato un appello a Israele perché «autorizzi tutte le spedizioni di aiuti delle Ong e sblocchi le attività degli attori umanitari essenziali» a Gaza, dove «la carestia si sta diffondendo sotto i nostri occhi» (Sole 24 Ore e Repubblica). Appello simile arriva dal ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani: «Chiediamo a Netanyahu di fermarsi e ad Hamas di liberare gli ostaggi», dichiara il ministro in una lunga intervista al Corriere della Sera, aggiungendo che «quel che accade a Gaza è inaccettabile» e che l’Italia, oltre ad aver accolto malati palestinesi, «ha inviato 350 tonnellate di farina e ne invierà altre 100 nei prossimi giorni con l’Onu». Tajani ribadisce di essere favorevole alla creazione di uno Stato palestinese, ma «non possiamo riconoscere uno Stato che non c’è» e che «non può essere Hamas ad avere un ruolo di guida, ma l’Autorità nazionale palestinese, con una missione delle Nazioni Unite».
Nel corso di una telefonata, Giorgia Meloni e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman hanno espresso preoccupazione per le «recenti decisioni israeliane» che rischiano di aggravare l’escalation militare a Gaza e hanno ribadito la necessità di un cessate il fuoco immediato, scrive La Stampa. Entrambi, aggiunge il Giornale, hanno sottolineato che la fine delle ostilità è indispensabile per affrontare la crisi umanitaria e avviare la ricostruzione, con un ruolo centrale delle nazioni arabe, e che solo una soluzione politica basata sui due stati può garantire una pace duratura. Meloni ha inoltre ribadito che Hamas deve liberare senza condizioni gli ostaggi e rinunciare a qualsiasi ruolo nel futuro della Striscia.
Samir Hulileh, imprenditore ed ex segretario generale del governo dell’Autorità nazionale palestinese (2005-2006), è indicato da fonti arabe e israeliane come possibile governatore di Gaza in una fase di transizione di sei mesi dopo la guerra. Ne scrivono, tra gli altri Repubblica e Giornale. Il piano, ancora in definizione e discusso da un anno e mezzo, prevederebbe cessate il fuoco, ritiro israeliano, ingresso di forze arabe sotto supervisione americana e gestione civile della Striscia sotto la Lega Araba (Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Emirati, Qatar, oltre all’Anp). Hulileh, pragmatico e con esperienza manageriale, afferma che il suo ruolo sarebbe tecnico, senza contatti diretti con Hamas, e che la sicurezza sarebbe affidata alla polizia palestinese con eventuale supporto arabo, prima del ritorno della Striscia sotto l’Anp.
Nonostante la guerra più lunga e costosa dal 1948, i fondamentali macroeconomici di Israele restano solidi: deficit al 4,8%, debito/Pil intorno al 70-75%, crescita prevista al 3,3% nel 2025 e Borsa in forte rialzo. Lo spiega al Sole 24 Ore Elise Brezis, docente di Economia all’Università Bar Ilan. Il vero rischio, avverte Brezis, non è economico ma sociale: dopo 22 mesi di conflitto e sette fronti aperti, il 70% degli israeliani vuole un cessate il fuoco e la frattura interna minaccia la coesione nazionale. Come osserva al Giornale Roger Abravanel, «non è un paradosso che la Borsa voli: le vittorie militari e il rafforzamento della ”start up nation” hanno aumentato l’attrattività del paese». «La guerra ha accelerato innovazione e investimenti, soprattutto nella cybersecurity, settore in cui Israele è leader mondiale», aggiunge. «I grandi investitori guardano ai fondamentali e non credono alla narrativa di uno stato genocida o di apartheid».
Manuela Dviri, scrittrice italo-israeliana e fondatrice del movimento delle Quattro Madri, ricorda sul Corriere della Sera come la morte del figlio ventenne, ucciso da un razzo di Hezbollah nel 1998, la spinse a mobilitarsi contro la guerra in Libano. Quella pressione pubblica, sottolinea, portò nel 2000 al ritiro delle truppe israeliane. Oggi Dviri accusa Netanyahu – definito «l’angelo della distruzione» – di condurre «una guerra senza senso» e invita a non arrendersi: «Oggi come allora, il messaggio è uno solo: uscire da Gaza». Corriere e Repubblica raccontano le mobilitazioni di piazza in Israele: ieri, a Tel Aviv, decine di veterani dell’Aeronautica, insieme a famiglie di ostaggi e attivisti, hanno manifestato contro il conflitto, mentre si prepara per il 17 agosto uno sciopero generale per chiedere la cessazione delle ostilità.
Continuano le discussioni sui giornali sul reporter di Al Jazeera Anas Al Sharif, ucciso in un attacco israeliano. Le Idf ribadiscono che fosse «un agente attivo di Hamas», pagato sia dal gruppo armato sia dall’emittente, come scrive Libero. Le prove portate dall’esercito per Repubblica e Corriere «non sono verificabili» e i due quotidiani sottolineano la linea di Al Jazeera che respinge ogni accusa ad Al Sharif. «Sono abbastanza certo che Anas Al Sharif fosse un membro di Hamas. Il punto è che con lui sono morti altri 5 giornalisti che non lo erano. Non credo serva un’indagine indipendente come richiesto dall’Onu, ma Israele dovrebbe verificare eventuali errori», afferma l’analista israeliano Michael Milshtein a La Stampa.
Sulla crisi alimentare a Gaza, Libero cita un rapporto del Cogat secondo cui Hamas avrebbe sequestrato gran parte degli aiuti umanitari, gonfiato i dati sui morti per fame e sfruttato “immagini tragiche” di casi isolati per condurre una campagna di propaganda contro Israele.
Sul Riformista Tomer Corinaldi, rabbino della Comunità di Verona, ricorda il disimpegno israeliano da Gaza del 2005, parlandone come un trauma collettivo, seguito dall’ascesa di Hamas e dal terrorismo contro Israele, fino al massacro del 7 ottobre. Sostiene che la creazione di uno Stato palestinese senza un cambiamento radicale rischierebbe di produrre «altri massacri, guerra e rapimenti», premiando il terrorismo. Per Corinaldi, «il mondo deve svegliarsi» e schierarsi con Israele, perché Hamas è «nemico della pace e dell’umanità intera».
La Francia ha sospeso da sei mesi il rinnovo dei visti al personale di sicurezza di El Al a Parigi, rendendolo di fatto privo di status legale. Secondo fonti diplomatiche, la misura sarebbe legata sia alle tensioni sulla guerra a Gaza sia a controlli rafforzati imposti da Israele ai diplomatici francesi. La compagnia è stata recentemente presa di mira con scritte «El Al compagnia aerea genocida» e, in un episodio grave, un controllore di volo ha trasmesso via radio «Palestina libera» a un aereo El Al subito dopo il decollo. «Un’azione imperdonabile perché l’odio Israele avrebbe potuto mettere a rischio la sicurezza del volo», commenta il Foglio.
Su Domani, Davide Assael interpreta l’accelerazione militare di Netanyahu a Gaza come parte di una «campagna militar-elettorale» per evitare la sconfitta e le inchieste, incluso il «dossier Bar» sui fondi dal Qatar a uomini vicini al premier. Su Gaza Assael avverte: «Hamas non può essere sconfitta solo con la forza militare» e l’operazione rischia di apparire come «uno spietato piano sulla pelle dei gazawi per tirare a campare». Sulle stesse pagine, Mario Giro ricostruisce le radici ideologiche dell’estrema destra parte del governo Netanyahu legandolo al neo-sionismo revisionista di Ze’ev Jabotinsky e al rifiuto di ogni compromesso. Per costoro, scrive Giro, «è una vergogna che va assolutamente cancellata perché segno della debolezza dell’ebreo e dell’esilio».
In una lettera al Foglio, Daniela Fumarola, segretaria generale della Cisl, chiede un cessate il fuoco immediato a Gaza, la liberazione degli ostaggi, pieno accesso agli aiuti umanitari e il rilancio del processo di pace su due stati, distinguendo nettamente Hamas dalla rappresentanza democratica palestinese. Il direttore del giornale, Claudio Cerasa, replica condividendo l’urgenza diplomatica, ma avverte che il riconoscimento unilaterale dello stato di Palestina «fuori da una trattativa» sarebbe «un regalo a chi non riconosce Israele», citando il leader di Hamas Ghazi Hamad secondo cui tale scelta è «uno dei frutti del 7 ottobre».
Il Corriere intervista don Nandino Capovilla, parroco di Marghera e attivista di Pax Christi, respinto all’ingresso a Tel Aviv e trattenuto per sette ore per «sicurezza pubblica». Rientrato in Italia, Capovilla attacca: «Non è possibile che a Israele sia concesso tutto», definendo la sua vicenda «nulla rispetto all’umiliazione quotidiana dei palestinesi».