DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 15 agosto 2025
Molta attenzione sui giornali all’annuncio del ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, a Ma’ale Adumim, di un via libera a 3.401 abitazioni nell’area E-1 tra Gerusalemme e Ma’ale Adumim. Smotrich ha dichiarato che «l’approvazione dei piani di costruzione seppellisce l’idea di uno stato palestinese» e che è una risposta al riconoscimento della Palestina da parte di alcuni paesi europei. Il progetto, discusso da decenni, si scontra con pressioni internazionali ma anche spinte interne: Smotrich chiede al primo ministro Benjamin Netanyahu di applicare la sovranità israeliana in Giudea e Samaria, sottolinea il Foglio. Onu, Ue, Egitto e Qatar hanno condannato la decisione; per l’Alto rappresentante Ue Kaja Kallas, essa «indebolisce ulteriormente la soluzione dei due Stati e viola il diritto internazionale», scrive Repubblica. La mossa, sostiene il Sole 24 Ore, rischia di compromettere la normalizzazione con paesi arabi come l’Arabia Saudita.
A Doha, riporta il Giornale, il capo del Mossad David Barnea discute con i mediatori egiziani e qatarioti. Hamas avrebbe proposto un cessate il fuoco di 48 ore e garanzie scritte sul ritiro israeliano da Gaza e la fine permanente della guerra, ma Israele avrebbe respinto l’offerta, chiedendo la liberazione di tutti gli ostaggi e il disarmo del gruppo terroristico.
Intervistato da La Stampa, Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, replica duramente al ministro della Difesa Guido Crosetto per le sue critiche a Israele: «È inutile dire “obblighiamo Israele a fermarsi”, come fa Crosetto. Pensa di essere il Messia?». Meghnagi definisce falso il paragone tra Ucraina e Gaza e ricorda i passati no palestinesi alle proposte israeliane di pace. Sui numeri diffusi da Hamas delle vittime del conflitto: «Attenzione a credere alle foto e ai dati propagandati». Per mettere fine alla guerra, afferma il presidente degli ebrei milanesi, è necessaria la liberazione degli ostaggi e l’invio di «una delegazione europea, non dell’Onu, che è islamica e marcia». Sulla Cisgiordania, Meghnagi si dice “perfettamente d’accordo” con l’affermazione del giornalista che “i coloni hanno reso impossibile la vita delle persone, anche «se sono molti meno di quelli che si vuole far credere». Sulla politica italiana, il presidente della Comunità ebraica milanese attacca: «Per fortuna c’è Meloni e la destra che ci difende. Altrimenti torneremmo al ’38. Se al governo ci fossero Schlein, Conte, Bonelli e Fratoianni, a noi ebrei sparerebbero in strada. Il Pd è pieno di antisemiti».
Si continua a parlare della petizione di Mauro Berruto (Pd) per sospendere Israele dalle competizioni sportive, firmata da 44 eletti dem su 130 e senza l’adesione dei vertici. Emanuele Fiano, ex deputato Pd, la giudica «un’iniziativa sbagliata» e si chiede «perché alcuni amici l’abbiano firmata» senza considerare «quanti sportivi israeliani abbiano manifestato contro Netanyahu e per fermare la guerra». Fiano parla di crimini commessi a Gaza, come «affamare la popolazione bloccando gli aiuti», ma chiede di «non colpevolizzare un popolo». Contro la petizione di Berruto scrive sul Giornale Antonio Ruzzo, invitando a mantenere lo sport come “spazio di incontro e pacificazione”.
In Israele oltre duemila artisti e intellettuali, tra cui Etgar Keret e la cantante Noa, hanno firmato un appello ai soldati per non eseguire ordini illegali a Gaza. La rockstar Aviv Geffen, nipote di Moshe Dayan e cognato di Keret, ha rifiutato la firma definendo «offensivo» il testo: «Le forze armate sono morali e composte da persone incredibili». La frattura ha diviso anche la famiglia, scrive il Corriere della Sera. Alcuni sindaci e ministri, riporta il quotidiano, hanno messo in «lista nera» i firmatari, bandendoli da eventi pubblici e accusandoli di «indebolire Israele». La Stampa intervista l’ex negoziatore israeliano Gershon Baskin che accusa Netanyahu di «volere la guerra» e di aver rifiutato nel 2024 un’offerta di Hamas per liberare «tutti gli ostaggi» in cambio del ritiro da Gaza e di un governo palestinese civile. Per Baskin a Gaza è in corso «un genocidio» e «non è antisemitismo dirlo».
A Monte Sole, nel parco storico di Marzabotto, il cardinale Matteo Zuppi e i monaci della Piccola Famiglia dell’Annunziata hanno letto i nomi di oltre 12mila bambini uccisi tra il 7 ottobre 2023 e il 15 luglio 2025 in Israele e Gaza, per chiedere il cessate il fuoco. «Non sono numeri, ma persone», ha affermato Zuppi, affermando che la sofferenza dei piccoli «deve rendere insopportabile la violenza» (Stampa, Sole 24 Ore). Su Repubblica, Gustavo Zagrebelsky descrive il gesto del cardinale come un monito a «non ridurre la tragedia della guerra a numeri e contabilità».
Marco Mancini, ex capo del controspionaggio italiano, a colloquio con il Riformista, avverte che l’asse Russia-Iran sfrutta Yemen, Somalia e Libia per traffici d’armi e destabilizzazione, con rischi diretti per l’Italia. L’Iran arma Houthi e Al Shabaab, minacciando Israele, le rotte commerciali e la stabilità africana, mentre la Russia, tramite Haftar e il retaggio Wagner, punta a installazioni missilistiche in Libia. Gaza, afferma Mancini, è anche una “distrazione strategica” rispetto a questi focolai: «Se non analizziamo per tempo questi scenari rischiamo un’azione improvvisa e devastante alle porte di casa».
In un dialogo con il Foglio, Shannon Seban, consigliera comunale macronista e autrice di Française, juive et alors?, denuncia la recrudescenza dell’antisemitismo in Francia dopo il 7 ottobre, alimentato dall’antisionismo e dall’ambiguità della France insoumise verso Hamas. «Da quella data, assistiamo a una banalizzazione dell’antisemitismo». Seban racconta insulti subiti sia da estrema sinistra che da estrema destra, e punta il dito contro «i predicatori 2.0» che sui social normalizzano islamismo e odio antiebraico. Contraria al riconoscimento della Palestina in questa fase, afferma: «Significa ricompensare Hamas, la violenza terroristica come leva di azione diplomatica e negoziazione politica». Sempre il Foglio descrive il ritorno, con la guerra di Gaza, delle vecchie “accuse del sangue” contro Israele e gli ebrei – avvelenatori di pozzi, trafficanti di organi, infanticidi – rilanciate da media, leader palestinesi e organismi internazionali. Per il diplomatico Michael Oren, Hamas ha «scommesso sull’odio più antico dell’Occidente» riuscendo a farlo prevalere sulle proprie atrocità.
Al porto del Pireo ad Atene centinaia di manifestanti, con bandiere palestinesi e striscioni per il cessate il fuoco, hanno protestato contro l’arrivo della nave da crociera israeliana Crown Iris. Il ministro della Salute greco Adonis Georgiadis ha invitato i cittadini a scusarsi con i passeggeri israeliani: «L’antisemitismo non ha posto qui» (Repubblica).
«Siamo alla follia: per il film sul 7 ottobre bisogna chiedere i diritti ad Hamas», titola Libero, denunciando quanto accaduto al Festival del cinema di Toronto. La vicenda, secondo il quotidiano, rappresenta un «inchino» ai terroristi e un cedimento dell’Occidente alle pressioni dell’islamismo radicale.
Sul Riformista, Marco Ottolenghi replica a Vito Mancuso e Anna Foa: la guerra ai “sette popoli” del Deuteronomio era un’eccezione storica, non un precetto eterno, e la Bibbia ebraica impone regole di guerra che prevedono prima la pace e vietano di colpire i civili. Ricordando il rabbino Jonathan Sacks, Ottolenghi sottolinea che il Deuteronomio è il libro biblico dove più ricorre il verbo “amare” e che l’idea di una Bibbia ebraica solo vendicativa è, parole di Sacks, «uno dei più straordinari fraintendimenti della storia occidentale».