LA NOTA – David Sorani: Tutto il mondo è diventato…

«Volevano cancellare la Palestina, ma tutto il mondo è diventato palestinese» era scritto su un cartello inalberato con orgoglio durante la marcia propal promossa sabato scorso al Lido di Venezia da Venice4Palestine. Dobbiamo ammettere che è vero. Più che mai in questi giorni sembra che non esista altro tema, altro evento al mondo oltre alla difficile situazione dei gazawi durante la guerra di occupazione di Gaza City intrapresa da Israele per sradicare Hamas. Una situazione certo assai problematica e pesante, ma di fatto meno grave di altre emergenze contemporanee, come quella ormai incancrenita del Sud Sudan o quella silenziosa e sanguinosissima delle stragi di popolazione drusa nella Siria meridionale da parte del regime di al-Jolani. Eppure è innegabile, il mondo in questi giorni parla solo di Gaza, anzi “della Palestina”, termine dal significato ambiguo, che tende a imporre una nazione che non c’è e a cancellare uno Stato che c’è (Israele): così la gran parte dei titoli di prima pagina di quasi tutti i giornali, a proposito delle vicende belliche, dei cortei di protesta in Italia e un po’ ovunque, delle dichiarazioni e degli incontri politici volti a imporre sanzioni a Israele; così tantissime trasmissioni radiofoniche e televisive, da “Prima pagina” su Radio 3 con i ripetuti (e talora ossessivi) interventi in diretta degli ascoltatori agli approfondimenti di “Zapping” su Radio 1, a quelli di “Tutta la città ne parla” ancora su Radio 3, ai talk show come “In onda” su La7 o simili; così gli eventi e le rassegne culturali, col Festival del Cinema di Venezia in primo piano ma non unico esempio di focalizzazione politica (anzi ideologica) di incontri artistici. Potremmo continuare con la casistica, ma il quadro è chiaro e uniforme: Gaza è ovunque e ovunque è un coro di inni alla Palestina, di condanne inappellabili a Israele dipinto come un mostro di guerra, di lamenti funebri e pianti per un popolo condannato alla fame e alla distruzione (un popolo intero?) da uno Stato feroce.
Tutti dicono che ormai il “genocidio” in corso è conclamato, ma in realtà ci sono migliaia di vittime di guerra (troppi civili e molti terroristi), non certo uno sterminio pianificato. L’unica realtà conclamata è la condanna univoca, continua, martellante (e unilaterale) di quasi il mondo intero nei confronti di Israele e di tutto ciò che sa di israeliano. Siamo ormai al lavaggio del cervello e all’additamento pubblico del “nemico”.
Ma torniamo al cartello della manifestazione propal che citavo all’inizio. Perché non è mai stato possibile declinarlo in senso contrario: «Volevano cancellare Israele, ma tutto il mondo è diventato israeliano»? Il 7 ottobre (e anche prima e dopo quella data nera) Hamas ha perseguito in maniera feroce proprio questo fine, “distruggere Israele”, e ancora vuole farlo. Perché né in quei giorni di ottobre né mai «tutto il mondo è diventato Israele»? Ce ne sarebbe stato certo motivo (per solidarietà umana, per ragioni etiche e politiche), dopo il pogrom di quasi due anni fa. E invece a soli pochi giorni da quella strage è iniziato il crescendo ininterrotto di violente manifestazioni filopalestinesi e anti-israeliane che ci ha portato ad oggi, quando siamo quasi sull’orlo del baratro.
Perché evidentemente non sarà mai e poi mai possibile che “tutto il mondo diventi Israele”? Peccheremmo di ingenuità se non cogliessimo le ragioni storiche, sociali, politiche antiche di secoli che rispondono a questa domanda forse retorica. Ciò che occorre amaramente aggiungere è che quelle motivazioni su vari livelli rispetto all’assenza di empatia nei confronti di Israele nutrono da secoli l’origine storica e il senso dell’ antisemitismo. E che oggi si ripropongono integralmente con immutata attualità. A dimostrare che molte conquiste e molti passi avanti erano purtroppo solo apparenti.

David Sorani