DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 9 settembre 2025

L’attentato di ieri mattina a Gerusalemme è al centro dell’attenzione mediatica.  «Temo altri attacchi come quello di Gerusalemme», dice a Repubblica l’analista israeliano Michael Milshtein, capo degli studi palestinesi al Moshe Dayan Center. Per Milshtein, «ci sono molti giovani palestinesi frustrati per quello che vedono a Gaza» e «temo che provino a copiare cose che hanno visto fare nella Striscia». Quali conseguenze avrà l’attentato?, chiede il Corriere della Sera al politologo statunitense Vali Nasr. «Penso che Bibi Netanyahu lo userà come scusa per dire: è per questo che dobbiamo entrare a Gaza City e farla finita», risponde Nasr. Per Claudio Cerasa (Il Foglio), «la timidezza evidente con cui ieri un pezzo importante dell’opinione pubblica internazionale ha condannato l’attentato terroristico a Gerusalemme è la spia di un fenomeno con cui è necessario fare i conti». Cerasa lo definisce un fenomeno «inquietante, angosciante, spaventoso». Secondo Fiamma Nirenstein (Il Giornale), il volto «davvero molto corrucciato di Netanyahu alla fermata della strage dice più delle parole». Israele, si legge, sa che la Cisgiordania può essere «il prossimo scenario di un attacco furioso di Hamas». Sulla strage di Gerusalemme, Daniele Capezzone (Libero) registra il «totale mutismo della sinistra italiana».

«L’attacco di Hamas del 7 ottobre equivale a una condanna a morte per tutti i palestinesi», dichiara Tahar Ben Jelloun in una intervista con La Stampa in occasione dell’uscita del suo libro L’anima perduta di Israele (ed. La Nave di Teseo). «All’epoca sono stato il solo scrittore arabo a maledire, ripeto maledire, Hamas perché aveva aperto le porte alle rappresaglie che avrebbero portato la morte tra i palestinesi, anche civili disarmati. Questa presa di posizione mi ha provocato rimproveri e attacchi ovunque, mi hanno accusato di essere un traditore. Purtroppo ho avuto ragione».

Per il secondo anniversario dei massacri del 7 ottobre, l’editore Fazi porterà in libreria il saggio La fine di Israele di Ilan Pappè. «Un buon libro sulla “fine di Israele” per celebrare come si deve il prossimo 7 ottobre mancava, e per fortuna Fazi Editore ci ha messo una pezza», osserva sardonico Il Riformista.

Domani ospita un intervento del regista Ruggero Gabbai, vittima negli scorsi giorni di un episodio di antisemitismo a Milano. Scrive Gabbai: «La legittimazione che mi pare di percepire da gran parte dell’intellighenzia occidentale di questo clima di odio antiebraico, dove non sembra ammettersi distinzione fra israeliano e israeliano e israeliano ed ebreo, rischia di ricadere su tutta la società». Del resto, sottolinea Gabbai, lo insegna «la storia stessa dell’antisemitismo».

Prima della partita di calcio tra Italia e Israele, vinta dagli azzurri con il pirotecnico punteggio di 5 a 4, alcuni tifosi italiani hanno voltato le spalle al momento dell’esecuzione dell’inno israeliano. Un «comportamento deprecabile», scrive Libero. Per Repubblica, il lutto al braccio degli atleti israeliani «era il segnale visivo dell’incongruenza della retorica del calcio come festosa parentesi alla guerra».