DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 22 settembre 2025
Il Regno Unito ha annunciato il 21 settembre 2025 il riconoscimento formale dello stato di Palestina, seguito da Canada, Australia e Portogallo. Altri Paesi — tra cui Francia, Belgio e Lussemburgo — sono pronti ad aggiungersi, formando una coalizione che a breve potrebbe superare quota 150 membri Onu, riporta La Stampa. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha definito la scelta «un passo per ravvivare la speranza di pace» e ha aggiunto che «non è una ricompensa per Hamas».
La risposta è arrivata dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: «Ho un messaggio per voi: nessuno Stato palestinese vedrà la luce a ovest del Giordano», ha dichiarato in un video alla vigilia del suo intervento all’Onu, «così si premiano i terroristi di Hamas».Della stessa idea anche il leader dell’opposizione Yair Lapid, scrive il Corriere, che però accusa il governo Netanyahu «di aver causato il peggior disastro della nostra storia in termini di sicurezza». Netanyahu, prosegue il Corriere, prevede di rispondere a Londra, Canberra e Ottawa dopo il suo incontro del 29 settembre con il presidente Usa Donald Trump alla Casa Bianca. Secondo Axios, il premier israeliano vuole «vendicarsi» annettendo la Cisgiordania, ma attende il via libera del presidente americano.
Per il Corriere il passo di Londra rappresenta un «successo diplomatico» per il presidente francese Emmanuel Macron. «Quando Macron a fine luglio ha annunciato che la Francia avrebbe riconosciuto lo stato di Palestina (pur inesistente nella realtà), quella scelta appariva azzardata, perché c’erano molti dubbi sulla capacità di convincere altri paesi a seguirlo», scrive il Corriere. Nell’imminente Assemblea Generale delle Nazioni Unite saranno almeno dieci le nazioni a compiere il riconoscimento. Esultano, ricorda il Giornale, l’Autorità nazionale palestinese e anche Hamas, che invoca «di isolare ancora di più» lo stato ebraico.
Italia e Germania sono «unite nel considerare il riconoscimento della Palestina prematuro perché privo di riscontri nella realtà», spiega il Corriere. Al Palazzo di vetro, l’Italia sarà rappresentata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che affermerà di nuovo «il sostegno dell’Italia al processo di riconoscimento del futuro Stato della Palestina, ma una volta nato con la riunificazione di Gaza e Cisgiordania». Anche la Germania non crede alla nascita di uno Stato palestinese senza l’assenso israeliano, e sarà rappresentata dal ministro Johann Wadephul, riporta Repubblica. In Italia le opposizioni chiedono alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di spiegare il rifiuto in parlamento. Per il Giornale, «ciò che è certo è che l’opinione pubblica di tutto il mondo è diventata sempre più critica nei confronti della risposta di Israele, ritenendola sproporzionata rispetto all’attacco iniziale». Sulle stesse pagine, Gian Micalessin definisce il riconoscimento «controproducente» perché non solo «legittima Hamas» e la reazione dell’ultradestra israeliana ad annettere la Cisgiordania, ma accentua anche «la distanza tra Europa e Stati Uniti, con Trump schierato al fianco di Netanyahu».
Il filosofo francese Alain Finkielkraut si dice favorevole al riconoscimento dello stato palestinese: «Per molto tempo sono rimasto sconcertato dal comportamento di Macron nei confronti di Israele. Tuttavia, oggi ne approvo la decisione», afferma Finkielkraut in un’intervista a La Stampa. «Il governo israeliano sta moltiplicando gli insediamenti in Cisgiordania per impedire la creazione di questo stato. Amo troppo Israele per non volere la separazione degli israeliani dai palestinesi», prosegue il filosofo, definendo il ministro dell’estrema destra Itamar Ben Gvir «un fanatico ripugnante». Sulle accuse di antisemitismo rivolte da Netanyahu a Macron, Finkielkraut parla di «sfruttamento scandaloso» e ribadisce: «L’antisemitismo è un problema presente in Francia a livelli inimmaginabili, che prende la forma di un antirazzismo perché si accusano gli ebrei di essere razzisti nei confronti degli arabi. Ma Macron non ha niente a che vedere con questo». Sull’accusa di genocidio, sottolinea come sia «mostruosa perché punta a nazificare Israele e gli ebrei».
Paolo Giordano sul Corriere invita l’Italia a riconoscere lo stato palestinese, un atto «urgente e necessario» per riaffermare «l’autodeterminazione dei popoli» e tenere viva la soluzione dei due Stati. Anche se può sembrare un premio a Hamas, lo definisce «un paradosso apparente» perché ignora «decine di migliaia di vittime». L’occupazione di Gaza City «viola così tanti diritti umani» da imporre al governo italiano «un salto di qualità», per non restare fermi e non mancare «nemmeno un atto formale e giusto».
Si chiama «Blocchiamo tutto con la Palestina nel cuore» lo sciopero generale indetto dai sindacati di base e autonomi in oltre 75 città italiane. La protesta, in solidarietà con Gaza e la Global Sumud Flotilla, sarà sorvegliata con particolare attenzione dalla polizia, in particolare nei luoghi ebraici, riporta il Corriere della Sera. Per Concita De Gregorio (Repubblica) sarà un banco di prova: se «un segnale forte, univoco, pacifico», potrà incidere più di gesti isolati.
Per il Capodanno ebraico, il capo dello stato Sergio Mattarella ha inviato un messaggio di «speranza e rigenerazione» alle comunità ebraiche italiane, augurando «fiducia, serenità e concordia». Il Presidente ha richiamato i valori di «rispetto reciproco, solidarietà, pace» e invitato a «respingere con fermezza ogni forma di violenza, intolleranza, discriminazione». Secondo il Corriere della Sera sul conflitto in Medio Oriente Mattarella «ha mantenuto equilibrio», denunciando da un lato le derive dell’antisemitismo e dall’altro definendo «inaccettabili» le azioni israeliane a Gaza.
Gianni Oliva, su La Stampa, sostiene che Netanyahu stia svuotando il termine antisemitismo: usato per bollare le critiche a Gaza, anche da parte di ebrei, perde il legame con la Shoah e diventa un insulto politico strumentale, banalizzando la memoria delle sue vittime. Antonio Socci, su Libero, difende le ragioni di Israele ricordando i crimini di Hamas e denunciando l’ostilità crescente verso lo Stato ebraico. Riprende la canzone Neighborhood Bully di Bob Dylan (1983), che descrive Israele come un «bullo» costretto a difendersi per sopravvivere, per sottolineare la solitudine storica degli ebrei.
Nel suo editoriale sul Giornale, Vittorio Feltri definisce «indecente» l’esposizione della bandiera palestinese sul Campidoglio, che considera «un insulto deliberato all’identità, alla storia e ai valori fondanti del nostro Paese». Per il giornalista, quel vessillo non rappresenta la pace ma «un gesto fazioso, divisivo, pericoloso», ormai «associato a troppi crimini» e usato «contro Israele, contro l’Occidente». Conclude che sul Campidoglio «deve sventolare solo una bandiera: il tricolore».