DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 10 ottobre 2025
Il governo israeliano ha detto sì all’accordo. Gli ostaggi saranno liberati entro la giornata di martedì, mentre Donald Trump sarà in Egitto già da domenica e poi interverrà alla Knesset, il Parlamento israeliano. I giornali dedicano all’argomento molte pagine tra cronache, retroscena e interviste. «Paradossalmente, l’attacco al Qatar ha spinto Washington a rafforzarne la sicurezza e il ruolo di alleato chiave, inducendolo a fare pressione su Hamas per un accordo sugli ostaggi in cambio della fine della guerra», riflette con La Stampa lo storico israeliano Benny Morris. Si prospetta adesso un futuro di pace tra israeliani e palestinesi? Morris sembra scettico, perché «senza un cambiamento radicale nella mentalità palestinese, e soprattutto di Hamas che continua a negare la legittimità di Israele, la pace resterà impossibile». Per Pierbattista Pizzaballa, il patriarca latino di Gerusalemme, sentito da Repubblica, «più che parlare di pace, direi che vediamo le prime luci dell’alba: che non vuol dire che è pieno giorno; è un inizio giusto, qualcosa che porta speranza». Israele è piena di speranza «dopo tanto soffrire», scrive Fiamma Nirenstein sul Giornale. Secondo Nirenstein, «la giornata di ieri sarà ricordata come quella del ’48 in cui, contro ogni logica, si concluse con la vittoria la guerra di Indipendenza».
Il Corriere tra gli altri racconta le storie degli ostaggi vivi e morti nelle mani di Hamas (“i 48 nel mondo di sotto”, li definisce), ricordando come i rapiti del 7 ottobre siano stati «inghiottiti da un’oscurità spaventosa» nei tunnel di Gaza, ma come in Israele «siano presenti ovunque, ogni giorno, con le loro fotografie, nelle stazioni, per le strade, nelle piazze, sui taxi, attaccate a ogni lampione o sulle panchine del lungomare, nei bar o davanti alle scuole».
E il terrorismo? Resta una minaccia? «Vedo tutti i segnali di una ripresa del terrorismo jihadista in nome della causa palestinese sia in Medio Oriente che in Europa», dichiara al Corriere della Sera il politologo Gilles Kepel. In questo senso «l’attacco alla sinagoga di Manchester è stato una chiara avvisaglia e voi italiani non ne sarete affatto immuni con la crescita di un polo che unisce sinistre radicali e islamici», sottolinea Kepel. Per lo studioso, «il nuovo terrorismo crescerà, sia che il piano di Trump fallisca sia che abbia successo: sarà visto dagli estremisti come una vittoria di Israele». Il suo collega Vali Nasr, sempre al Corriere, sostiene di non vedere la pace a Gaza «perché gli israeliani e Netanyahu non sono stati partner volontari di questo processo, sono stati costretti da Washington, sono partecipanti riluttanti, prenderanno le vittorie che possono, incluso il rilascio degli ostaggi, ma non penso siano convinti dei meriti di un accordo che resta in contrasto col modo in cui Netanyahu ha definito gli obiettivi della guerra a Gaza».
Hamas, scrive Repubblica, «non intende affatto rinunciare al le linee guida seguite sin qui: no al disarmo completo, no a personalità straniere a capo del governo transitorio di Gaza, no anche al passaggio di potere all’Anp, seppure, su quest’ultimo punto, a parole si siano dimostrati possibilisti». A Gaza, si legge, «l’opinione prevalente è quella che li vede, in un modo o nell’altro, e sempre in modo occulto, aggrappati alla futura amministrazione della Striscia». Una fonte presentata come “qualificata” da Gaza City riflette con il quotidiano: «Mi aspetto che, pur senza avere un ruolo ufficiale, cercheranno di controllare le moschee, quando saranno ricostruite. Le moschee sono il loro centro di reclutamento principale».
L’Italia potrebbe contribuire con 200 carabinieri a un eventuale missione di pace a Gaza sotto l’egida delle Nazioni Unite. I carabinieri, spiega il Corriere, sono «gli unici militari italiani nell’area, con un’esperienza sul campo ultradecennale». Non sono molti, appena sette, più alcuni ufficiali di collegamento fra Gerusalemme e Tel Aviv, Ramallah e Rafah «e in attesa che riapra il valico con l’Egitto». Ma, ribadisce il Corriere, «ci sono».
«Degli ultimi due anni di guerra, molte cose non si possono cancellare», chiosa il Foglio. «Il dramma del 7 ottobre, la tragedia dei civili morti a Gaza, il ritorno dell’antisemitismo e la guerra tragica e necessaria che Israele ha vinto per proteggere non solo se stessa ma anche un principio: quando un ebreo viene ucciso in quanto ebreo, la guerra non è contro uno stato, ma è semplicemente contro la nostra libertà». “Pd, M5S e Avs disertano l’evento alla Camera per il 7 ottobre in ricordo delle vittime”, titola Il Tempo, segnalando l’assenza alla commemorazione di rappresentanti dei partiti del campo largo, che «non hanno ritenuto opportuno nemmeno mandare un messaggio di solidarietà o ascoltare le toccanti testimonianze trasmesse presso la Sala della Regina». Sui social, informa Libero, «scoppia la rabbia degli odiatori di Gerusalemme».
Dal convegno alla Camera, il Giornale riporta le parole della presidente Ucei Noemi Di Segni. «Oggi è una giornata di ossigeno e speranza. Forse gioia è una parola troppo grande, ma sicuramente oggi respiriamo una speranza che sia l’inizio della fine di un percorso difficile in Medio Oriente», ha affermato Di Segni. Per poi aggiungere: «La speranza è che chi ha inneggiato all’odio e alla morte degli ebrei prenda ora spunto per inneggiare alla vita, alla pace e alla convivenza. Serve cambiare registro e tono, anche nelle piazze italiane».
Si celebra in questi giorni il 60esimo anniversario della dichiarazione Nostra Aetate. L’antisemitismo però «riaffiora nella Chiesa», denuncia il Riformista, a detta del quale «il rivoluzionario messaggio ecclesiale in difesa degli ebrei sembra sbiadito».