ROMA – Il 7 ottobre, la storia stravolta, il futuro: al via i lavori del convegno Ucei

Sono in svolgimento nella sede del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel) a Roma i lavori del convegno “La storia stravolta e il futuro da costruire” organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane a due anni dai massacri del 7 ottobre e dall’inizio della guerra a Gaza per riflettere su come «l’appiattimento della storia abbia preso il posto della complessità, la superficialità dell’approfondimento, l’invettiva delle ragioni, il verosimile della verità». Nel corso della giornata si parlerà tra i vari temi di “trauma e solitudine di Israele”, “università in trincea”, “propaganda delle parole tra disinformazione e fake news”, “propaganda dei numeri e guerra asimmetrica” e della vita di “un giovane ebreo” dopo il 7 ottobre.
«Il 7 ottobre è stata un’inaudita barbarie contro il popolo ebraico e uno sfregio alla nostra civiltà», ha affermato il presidente del Cnel Renato Brunetta aprendo il convegno, introdotto e moderato dall’assessore alla Comunicazione Ucei Davide Jona Falco. «Ma è stato anche un tentativo di rovesciare la storia» con riflessi profondi anche in Italia, ha aggiunto l’ex ministro, soffermandosi con rammarico sulle numerose piazze italiane sfilate in questi mesi dietro slogan e striscioni inneggianti al 7 ottobre e alla distruzione dello Stato d’Israele, mistificando «la storia e il valore» del sionismo. Per Brunetta, il linguaggio di molti giovani si basa su «stereotipi» e «parole feticcio» e ciò è il risultato di «un grave abbandono educativo, che ha trasformato la memoria del Novecento in un mero esercizio retorico». Jona Falco ha descritto i due anni trascorsi dal 7 ottobre come «anni di tragedia, angoscia e disperazione, con il conflitto che ha raggiunto condizioni estreme e senza precedenti». In questo quadro drammatico pure la vita delle comunità ebraiche italiane «non è stata semplice» per effetto della «forte ondata di antisemitismo, spesso contrabbandata da antisionismo» che ha permeato la società, mentre «la gran parte dei media ha scelto una narrazione a senso unico, basandosi solo sulle fonti di Hamas». Cosa aspettarsi per il futuro? «Ritornano gli ostaggi e con loro l’ossigeno, e con loro la speranza che torni anche la ragione. Perché il dolore dilaniante non è solo per il ricordo nitido di quanto avvenuto in quella giornata lunga, mai tramontata e del terrore di essere barbaramente assassinati in nome di un imperativo religioso e fanatico, ma è un dolore ancora sul quale si stratifica anche la paura di vivere nelle città della nostra Italia», ha dichiarato la presidente Ucei Noemi Di Segni, parlando di antisemitismo ormai «normalizzato» ed esprimendo forte preoccupazione per tutte quelle istituzioni che hanno abdicato «rigore e responsabilità» nell’affrontare le dolorose vicende attuali. «Il 7 ottobre è stato un evento spartiacque. Israele ha fatto quello che avrebbe fatto qualunque paese: difendere i propri confini. Ci vorrà del tempo per sanare le ferite», ha spiegato l’ambasciatore israeliano Jonathan Peled. «Ora è tempo di ricostruire e di guarire. I nuovi segnali di pace lasciano sperare che si possa voltare pagina. Vogliamo vivere in pace, lavoreremo per un futuro migliore per noi, per i palestinesi e per il Medio Oriente». Secondo il diplomatico, «da questa tragedia emergono due lezioni fondamentali». La prima è stata il diffondersi di «una disinformazione imperante e di fake news, che mettono a rischio la verità e la vita delle persone», mentre la seconda è «l’aumento drammatico dell’antisemitismo, visibile purtroppo anche in Italia». Per Lamberto Giannini, il prefetto di Roma, «la protezione degli ebrei e delle comunità ebraiche è una priorità assoluta». Giannini si è detto convinto che la prospettiva della pace «abbatterà le tensioni» di questi mesi. Matteo Piantedosi, il ministro dell’Interno, ha poi riaffermato «un principio che per noi è imprescindibile: il diritto dello Stato di Israele a esistere e a tutelare la sicurezza dei propri cittadini». Su Israele e la guerra a Gaza, il ministro ha ravvisato «una distorsione crescente del dibattito pubblico, dove la storia viene troppo spesso manipolata, la realtà semplificata e le responsabilità molto spesso confuse» e ciò ha causato «un clima di ostilità verso Israele e, ancor più grave, verso le comunità ebraiche, che si sono trovate esposte a un ritorno di pregiudizi e rancori che evocano le pagine più oscure della nostra storia». Con l’occasione del convegno, Piantedosi ha voluto «ribadire tutto l’impegno del governo e del ministero dell’Interno per garantire la sicurezza delle comunità ebraiche».

Adam Smulevich