SHIRIM – Osip Mandel’štam

Il crepuscolo autunnale, ferro macchiato di ruggine,
stride, canta, sfibra il corpo.
L’oro accumulato, le lusinghe, lo splendore –
che sono davanti alla lama della tua malinconia, Signore?

Tremo: mi ballano davanti, è come se mi tormentasse
una serpe. E io sto qui, incantato.
Tutto questo curvarti e torcerti, anima:
non lo voglio; non voglio Muse né intelletto.

Negazioni, un groviglio senza fine:
volevo sbrogliare – non sbroglio più.
Nessuna parola qui per questo: piangere e confessare…
Il mio bicchiere non è capiente, il mio bicchiere è greve.

A qual pro dunque respirare? Lì, su dure pietre
si torce il boa malato, scatta,
si erge, stringe cintole attorno a sé, una
ancora una. Più nessuna. Il boa cade.

Io, inutile, vedo questo, lo odo, sento il brivido.
lo odo, lo vedo la sera dell’ultimo giorno.
Origlio, sterile, dietro muri di prigione,
il ferro che lì cigola, il vento che lamenta.

Per Shirim un testo di Osip Mandel’štam (Varsavia 15 gennaio 1891 – Vladivostok 27 dicembre 1938) nella traduzione in italiano a cura di Dario Broso.
Le calde tinte autunnali, i pomeriggi dorati degli ottobri sognanti sfumano, in questi versi, in malcelato tormento, torbide immagini.
Stride il crepuscolo rosato, macchiato di ruggine ferrigna. Tracima il bicchiere per l’oro accumulato delle estati. Ogni cosa bella volge alla malinconia grigia, angosciosa delle ombre.
Non c’è ristoro nel tempo smorto d’autunno, nelle dolci tristezze che sembrano giungere da un’altra vita. Perdurano la cupa lotta e l’aggrovigliarsi, il ritornare ai lidi antichi vaneggiando.
L’anima imprigionata esausta si contorce.
L’accompagna il vento presago d’inverno.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno