DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 21 ottobre 2025
Oggi in Israele è atteso il vicepresidente Usa JD Vance, considerato «meno paziente» con il premier Benjamin Netanyahu e il più critico dell’amministrazione Trump verso lo stato ebraico, scrive il Corriere della Sera. La sua missione segue quella di Jared Kushner e Steve Witkoff e punta a salvare la tregua prevista dal piano in 20 punti del presidente Trump. Un cessate il fuoco fragile e segnato dalle violenze di Hamas contro la popolazione gazawi e gli attacchi contro Israele, e dalla risposta dell’esercito israeliano. Dalla Casa Bianca, il presidente Usa ha lanciato un nuovo monito al gruppo terroristico: «Se non rispettano la tregua, li annienteremo». Ma Washington, sottolineano Corriere e Repubblica, mette anche in guarda Netanyahu dal non far saltare il piano. riaperti i valichi di Kerem Shalom e Kissufim per gli aiuti umanitari. «Trump non deve allentare la presa Netanyahu rilancerebbe la guerra», sostiene il politologo Ahron Bregman intervistato da La Stampa.
L’Autorità nazionale palestinese è pronta a subentrare a Hamas a Gaza e a costruire uno «stato moderno, democratico e non militarizzato», afferma al Corriere della Sera il presidente dell’Anp Abu Mazen, dichiarando di lavorare a elezioni parlamentari e presidenziali entro un anno dalla fine della guerra. Abu Mazen condanna le esecuzioni sommarie compiute da Hamas e chiede ai terroristi di consegnare le armi: «Hamas non dovrà avere nessun ruolo nel governo di Gaza», aggiunge. Il leader palestinese insiste sulla soluzione dei due Stati «unica via per pace e sicurezza», con Gerusalemme Est capitale e confini del 1967. Annuncia una costituzione provvisoria e riforme delle istituzioni, dai sussidi sociali ai curricula scolastici «in conformità con gli standard dell’Unesco». Abu Mazen chiede all’Italia, dopo l’attuazione della prima fase della tregua, di riconoscere la Palestina e accoglie con favore un ruolo di Roma nella forza internazionale di stabilizzazione. «La via verso la pace è oggi più aperta che mai».
Secondo Repubblica, il piano americano per Gaza prevede di ricostruire prima le aree “Hamas free”, dietro la nuova “linea gialla” tracciata dalle Idf. Case prefabbricate e infrastrutture dovrebbero sorgere a Rafah, controllata da milizie filo-israeliane, per creare “zone sicure” da usare come modello politico e di pressione su Hamas. La ricostruzione è però terreno di scontro regionale: Arabia Saudita ed Emirati escludono investimenti in aree sotto Hamas e diffidano di Qatar e Turchia, accusati di aver sostenuto i terroristi. A novembre l’Egitto ospiterà una conferenza internazionale: i costi stimati dalle Nazioni Unite per rilanciare Gaza ammontano a 70 miliardi di dollari.
Gaza come la Chicago dei gangster. Per l’ex colonnello israeliano Michael Milshtein, la Striscia è lacerata da milizie e bande criminali – che definisce al Riformista vere e proprie “gang” – ma nessuna è in grado di sfidare davvero Hamas. Nonostante pesanti perdite, il gruppo terroristico resta l’attore dominante e impone la propria forza anche attraverso esecuzioni pubbliche. Milshtein sottolinea che Turchia e Qatar non intendono far scomparire Hamas, bensì mantenerlo debole e soggetto a controllo: «Il peggiore scenario? Un nuovo regime di Hamas».
Sul Corriere, Giuseppe Sarcina scrive che il piano di Trump per Gaza si scontra con la mancanza di fiducia reciproca: Hamas promette di disarmare ma difficilmente rinuncerà al potere, Israele indebolisce l’Autorità palestinese bloccandone fondi ed economia, Washington non dialoga con Abu Mazen. Per Davide Assael (Domani) il piano Trump invece apre a un «ottimismo della volontà» con una vera roadmap di dopoguerra, ma resta il «pessimismo della ragione»: Hamas non rispetta gli impegni e in Israele gli oltranzisti come Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich attendono un suo passo falso. Senza un serio impegno dei paesi arabi nella smilitarizzazione di Gaza, avverte Assael, «Israele avrà ogni diritto di pensarci da solo».
Israele tornerà alle urne nell’ottobre 2026 e il primo ministro Benjamin Netanyahu ha già annunciato la sua ricandidatura, riporta il Riformista. I sondaggi danno l’opposizione in vantaggio, ma senza la maggioranza assoluta, mentre il Likud recupera dopo il crollo post 7 ottobre. In difficoltà Smotrich, che rischia di restare fuori dal Parlamento, mentre il collega Ben Gvir cresce nei consensi. Tra i possibili scenari, prosegue il Riformista, ci sono nuove alleanze con partiti centristi per evitare il peso di ultranazionalisti e religiosi, o l’emergere dell’ex premier Naftali Bennett come alternativa capace di attrarre voti moderati. Non escluso, però, un nuovo stallo politico.
Il Consiglio comunale di Milano ha approvato un ordine del giorno per avviare un gemellaggio con Gaza City, da realizzare quando la Striscia sarà amministrata da un organismo democratico riconosciuto dagli accordi internazionali. Ma, osserva il Foglio, «ora a Gaza comanda a suon di fucilazioni di oppositori palestinesi ancora Hamas» e ogni gesto che possa essere interpretato come un riconoscimento «va contro la famosa pace». Nel testo si prevede anche di interrompere il gemellaggio con Tel Aviv «nel caso di un significativo venir meno del rispetto degli impegni del piano di pace», ma — nota ancora il quotidiano — «solo di Israele, che Hamas può stare tranquilla».
All’Università di Bologna cresce la polemica dopo la decisione del Senato accademico di interrompere le collaborazioni con istituzioni e aziende israeliane. Un gruppo di docenti, tra cui Cesare Faldini e l’ex prorettore Dario Braga, ha scritto al rettore Giovanni Molari contro il boicottaggio: pur riconoscendo la crisi a Gaza, giudicano la misura lesiva dei principi dell’Alma Mater perché «la ricerca non ha nazionalità né appartenenza politica» (Corriere). A Trento, invece, una sessantina di attivisti pro-Palestina ha occupato sociologia, sospendendo le lezioni e chiedendo la rottura degli accordi con atenei israeliani. Libero parla di «ennesima baracconata dei filo-Hamas».
L’attivista barese Tony La Piccirella ha presentato un esposto in procura e alla Corte penale internazionale asserendo di aver subito torture dai militari israeliani dopo l’abbordaggio della Global Sumud Flotilla, riporta il Giornale. La novità è l’accusa al governo italiano: La Piccirella sostiene che Roma non avrebbe tutelato i propri cittadini, chiamando in causa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani come «corresponsabili del genocidio». Una linea, osserva il quotidiano, che trasforma la denuncia contro Israele in un attacco politico all’esecutivo italiano.
L’Università ebraica di Gerusalemme compie cento anni, ricorda lo psicanalista David Meghnagi sul Foglio. Voluta da Albert Einstein e sostenuta da Sigmund Freud, è oggi centro scientifico e modello di convivenza con una forte presenza araba, ricorda Meghnagi. Decisivo per lo sviluppo dell’ateneo, prosegue lo psicanalista, furono gli studiosi ebrei espulsi dall’Europa, come gli italiani Giulio Tedeschi, Umberto Cassuto, Giulio Racah ed Enzo Bonaventura.