ISRAELE – Bibi a Vance: «Non siamo un protettorato, siamo alleati»

Israele e Stati Uniti sono alleati alla pari. «Israele non è un protettorato», ha sottolineato in mattinata il primo ministro Benjamin Netanyahu, incontrando a Gerusalemme il vicepresidente Usa J.D. Vance. Un chiarimento arrivato dopo indiscrezioni dei media israeliani secondo cui Washington, attraverso il quartier generale di Kiryat Gat, starebbe supervisionando da vicino le operazioni a Gaza, condizionando ogni decisione militare delle Idf.
«Non ne vogliamo uno. Vogliamo Israele come alleato», ha replicato Vance in merito al protettorato. Durante la sua visita, il vicepresidente ha definito «delicata» la situazione e il fragile cessate il fuoco con Hamas: «C’è ancora molto lavoro da fare. Ringrazio gli israeliani per il loro sostegno. Sento voci secondo cui ogni violazione del cessate il fuoco è la fine del piano, ma non è assolutamente così». Rispondendo a una domanda sul ritorno delle salme dei 13 ostaggi ancora a Gaza, ha ribadito l’impegno Usa per portare a casa la missione, «ma ci vorrà più tempo di quanto si possa pensare». Poi Vance ha avvertito i terroristi palestinesi: «Se Hamas non collaborerà, verrà spazzato via».
Al centro dei colloqui, la strategia per il futuro della Striscia. «Abbiamo davanti a noi un compito molto difficile: disarmare Hamas, garantire che non rappresenti più una minaccia per Israele, ricostruire Gaza, migliorare la vita della popolazione. Non sarà facile, ma ci impegniamo a farlo», ha promesso Vance. Netanyahu ha parlato di «alleanza senza pari» con Washington, sottolineando che «Israele avrà l’ultima parola in materia di sicurezza». Entrambi hanno evocato la necessità di ampliare gli Accordi di Abramo come base per una stabilità regionale duratura.
Nel salutare Vance, il presidente israeliano Isaac Herzog si è definito «un grande fan» del suo libro Elegia americana, da poco tradotto in ebraico. Poi, tornando a toni più formali, ha sottolineato di essere grato al presidente Trump «per la sua ferma determinazione ad andare avanti. Dobbiamo andare avanti, dobbiamo offrire speranza alla regione, a Israele, ai nostri vicini palestinesi e al futuro dei nostri figli». Herzog ha ribadito l’urgenza di riportare in patria tutti gli ostaggi «per una degna sepoltura». Le ultime salme rientrate sono quelle di Arie “Zalman” Zalmanowicz, 85 anni, e Tamir Adar, 38, entrambi del kibbutz Nir Oz. Zalmanowicz, uno dei fondatori del kibbutz, era stato rapito il 7 ottobre 2023 e ucciso in prigionia; Adar, vice coordinatore della sicurezza locale, era caduto combattendo contro i terroristi nel giorno dell’attacco di Hamas. Le bare, avvolte nelle bandiere israeliane, sono state accolte in una breve cerimonia militare e trasferite all’istituto forense di Tel Aviv.
In base agli accordi di cessate il fuoco, per ogni corpo restituito Israele consegna a Gaza i resti di 15 palestinesi: la Croce Rossa ha confermato che il totale ha raggiunto quota 165. Ma la situazione rimane instabile: due soldati israeliani sono rimasti feriti a Khan Younis dall’esplosione di un ordigno, e nei giorni scorsi a Rafah un attacco aveva già provocato la morte di due militari.
C’è «silenzio assordante» di fronte alle violenze di Hamas contro i palestinesi a Gaza, denuncia il ministero degli Esteri israeliano. Con un video diffuso sui social, la diplomazia di Gerusalemme ha mostrato immagini in cui i terroristi spezzano le gambe a prigionieri bendati e ammanettati colpendoli con barre di metallo. Nei giorni scorsi, il gruppo aveva già radunato e fucilato decine di abitanti in pieno giorno, accusandoli senza prove di essere informatori o criminali.
«Dove siete? I difensori dei diritti umani? I sostenitori della Palestina?», chiede la voce narrante del filmato. «Sono questi i vostri combattenti per la libertà? Hamas deve andarsene». Secondo il Wall Street Journal, il gruppo terroristico ha assicurato ai mediatori del cessate il fuoco che interromperà le esecuzioni pubbliche dei rivali.
Oltre al tema sicurezza, in Israele si discute dei lavori della Knesset. Netanyahu aveva chiesto alla sua coalizione di non votare una norma per estendere la sovranità israeliana alla Cisgiordania, temendo nuove frizioni con la Casa Bianca. La richiesta è rimasta inascoltata: il parlamento ha approvato in prima lettura due proposte. La più radicale, firmata dal deputato ultraconservatore Avi Maoz, è passata con un solo voto di scarto (25 a 24) grazie al sostegno di Yuli Edelstein, in rottura con il Likud. Una seconda proposta, presentata da Avigdor Liberman e limitata all’insediamento di Ma’ale Adumim, ha raccolto 32 voti a favore e 9 contrari. Entrambi i testi dovranno affrontare altre tre letture prima di diventare legge, ma il risultato rappresenta un problema politico per Netanyahu, sottolinea l’emittente Kan, e una nuova potenziale fonte di tensione con Washington.
La giornata politica si è chiusa con un altro voto contestato. Un comitato della Knesset ha respinto la proposta di istituire una commissione d’inchiesta statale sugli eventi del 7 ottobre 2023: 6 voti contrari e 4 favorevoli, con la coalizione di governo compatta contro. Le famiglie delle vittime e degli ostaggi continuano a chiedere un’indagine indipendente sulle falle di sicurezza che permisero l’attacco di Hamas, ma per ora l’esecutivo si oppone, rinviando la questione.