DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 28 ottobre 2025
Membri di gang, criminali comuni, individui pronti a prendere dei rischi. Tali profili sono «tutti parte di un network reclutato dall’Iran per compiere attacchi antisemiti o anti israeliani in Occidente», riferisce il Corriere della Sera, riprendendo un rapporto rilanciato dal Mossad che «conferma quanto era già emerso da indagini in diversi paesi». A capo della rete ci sarebbe Sardar Ammar, ufficiale della Divisione Qods dei pasdaran, l’unità del regime di Teheran incaricata «delle operazioni clandestine e coinvolta nel supporto alle milizie alleate». Qualche paese sta reagendo. Alla fine di luglio, ricorda il Corriere, numerosi governi occidentali (Italia esclusa) «hanno sottoscritto un documento, invitando la Repubblica islamica a interrompere ogni comportamento ostile nei confronti degli oppositori che vivono all’estero».
Al grido di «fuori i sionisti dall’Università», gruppi di propal hanno impedito all’ex parlamentare Emanuele Fiano (oggi presidente di Sinistra per Israele) di intervenire a una conferenza sulla pace in Medio Oriente all’Università Ca’ Foscari di Venezia. L’irruzione porta la firma del Collettivo Sumud, racconta tra gli altri il Corriere, sottolineando come l’ultimo Fiano al quale era stato impedito di parlare prima di lui «era stato suo padre, nel 1938, quando aveva 13 anni, all’alba delle leggi razziali». In una intervista con La Stampa, Fiano sostiene di aver subito una prevaricazione di tipo fascista perché alcuni dei propal dicevano «a noi della tua opinione non importa, non vogliamo che tu parli».
Il Corriere raccoglie in merito una riflessione dal presidente della Comunità ebraica veneziana, Dario Calimani, che era presente all’incontro: «Il dibattito è stato interrotto e impedito con i megafoni. Ma per affrontare un dibattito ci vuole un minimo di conoscenza della storia. E invece si procede per slogan imponendo il silenzio». Da Francesca Albanese a Rula Jebreal, il Corriere si sofferma anche su quel pezzo del mondo propal che «va avanti come se nulla fosse, come se gli accordi di Sharm el-Sheikh non ci fossero stati, come se la pace fosse il secondo tempo della guerra».
«Nelle nostre scuole e nelle università i giovani ebrei non possono più parlare. Le mamme portano i loro bambini alle manifestazioni a urlare gli slogan di Hamas: “Palestina libera dal fiume al mare”. Vuol dire far dire a quei bambini che gli ebrei devono essere cacciati della loro terra», dichiara a Libero il presidente dell’associazione Setteottobre Stefano Parisi, che ha organizzato per il 30 ottobre a Roma la manifestazione nazionale “Per la nostra libertà. A testa alta con gli ebrei”.
In Medio Oriente intanto, come riporta La Stampa, «è scambio di accuse reciproche tra l’esercito israeliano e l’Unifil». I militari israeliani «hanno accusato i caschi blu di aver abbattuto un loro drone che non rappresentava un pericolo», mentre dal suo canto l’Unifil ha accusato l’esercito israeliano «di aver attaccato con una granata una pattuglia delle forze di interposizione». In una intervista con il quotidiano il generale Diodato Abagnara, dallo scorso giugno capo missione e comandante della forza Onu, afferma che Unifil continuerà «a operare con pieno impegno e imparzialità nel rispetto del proprio mandato, mantenendo la propria presenza sul terreno a sostegno della stabilità nel Sud del Libano».
Nel sud d’Israele è stato revocato lo stato d’emergenza proclamato il 7 ottobre del 2023. L’ordine scadrà oggi, riporta il Tempo, «e per la prima volta da oltre 2 anni non ci sarà alcuna “situazione speciale” attiva in Israele».
Pena di morte per i terroristi? Il tema torna d’attualità in Israele. «Con le armi quasi ferme a Gaza e con gli ostaggi vivi tornati in patria», si legge sul Messaggero, «la maggioranza è pronta a premere di nuovo sull’acceleratore, spinta anche dal pressing dei “falchi” e in particolare del ministro della Sicurezza interna Itamar Ben-Gvir».
Secondo le stime più diffuse, scrive il Foglio, 25 mila terroristi sono stati uccisi da Israele e ciò significa, prendendo per buoni i numeri di Hamas, «che per ogni terrorista ucciso, meno di 1,5 civili hanno perso la vita». Secondo il Foglio, sul conflitto a Gaza «è stata alzata la posta della propaganda fino a trasformare una guerra in uno sterminio».