DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 4 novembre 2025

Alla cerimonia in parlamento per commemorare i trent’anni dall’uccisione di Yitzhak Rabin (4 novembre 1995), il presidente Isaac Herzog ha avvertito che «la nazione è sull’orlo dell’abisso. Questo non è un campo di battaglia ma una casa e in casa non si spara: non con le armi e non con le parole» (Corriere). Non era presente in aula, sottolinea Domani, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. A Tel Aviv, prosegue il quotidiano, migliaia di persone si sono riunite in piazza Rabin, «tornata per una notte il cuore del pacifismo israeliano». Slogan come «solo la pace porta sicurezza» e «no alla violenza» hanno riecheggiato nella città. Dal palco, l’ex ostaggio Gadi Mozes ha invocato un ritorno alla pace: «Dobbiamo fare tutto il possibile perché i nostri figli e nipoti non conoscano la guerra».

La procuratrice generale militare Yifat Tomer-Yerushalmi è stata arrestata dopo aver ammesso di aver consegnato a un giornalista il video che mostra torture inflitte da soldati israeliani a un prigioniero palestinese nel centro di detenzione di Sde Teiman, nel Negev. L’ex magistrata, costretta alle dimissioni, ha spiegato di averlo fatto per «difendere il dovere di indagare» su sospetti abusi, riportano Repubblica e Stampa. Il primo ministro Netanyahu ha definito la fuga di notizie «il danno più grande all’immagine di Israele dalla sua fondazione», mentre la destra al governo accusa Tomer-Yerushalmi di aver tradito l’esercito. Il Corriere richiama un’analisi di Haaretz per cui «a danneggiare Israele non è il video, ma i crimini di guerra». Secondo i referti medici, il detenuto palestinese al centro del caso aveva «costole rotte, un polmone perforato e gravi lesioni rettali», ma è stato rimandato a Gaza senza essere ascoltato dagli inquirenti, racconta Repubblica. La vicenda, conclude il Corriere, è diventata «un’arma politica»: i ministri di estrema destra come Itamar Ben-Gvir, che in passato avevano difeso i soldati coinvolti, lo usano per attaccare la magistratura e la Corte Suprema.

Domani la Knesset discuterà una proposta di legge per introdurre la pena capitale per chi uccide israeliani in atti di terrorismo. Netanyahu ha dato il suo via libera al provvedimento, sostenuto dal ministro ultranazionalista Itamar Ben Gvir, che la considera «necessaria per sradicare il terrorismo». La pena capitale, riporta Repubblica, esiste nella legislazione israeliana per tradimento, genocidio, crimini contro l’umanità e crimini contro il popolo ebraico, ma dopo quella di Eichmann nel 1962 non ci sono mai più state esecuzioni. La discussione della norma precede i processi ai circa 250 membri di Hamas accusati delle stragi del 7 ottobre, per i quali potrebbe essere previsto un tribunale speciale e, se approvata, la pena capitale.

La Turchia ha annunciato progressi nella fase 2 del piano di pace per Gaza: secondo il ministro degli Esteri Hakan Fidan, Hamas è pronta a cedere il potere a un comitato palestinese e a rispettare la tregua. Lo riporta il Giornale, raccontando come Ankara abbia riunito a Istanbul i ministri di Qatar, Arabia Saudita, Emirati, Giordania, Pakistan e Indonesia, e stia spingendo sul disarmo come condizione chiave. Washington, riferisce il mediatore Bishara Bahbah, sarebbe disposta ad accettare che Hamas mantenga armi leggere per autodifesa. Israele no, sottolinea il Giornale. Secondo Libero, i negoziati sulla fase due del piano di pace per Gaza restano bloccati. Hamas prende tempo, non ha ancora restituito le salme degli ultimi otto ostaggi israeliani e continua a rinviare la consegna del potere.

Il responsabile esteri del Pd Peppe Provenzano è arrivato a Tel Aviv per partecipare, in rappresentanza del Pse, alle commemorazioni per i 30 anni dall’assassinio di Rabin. Incontrerà il leader della sinistra israeliana Yair Golan e poi si recherà a Ramallah per colloqui con i vertici dell’Autorità nazionale palestinese e con il figlio di Marwan Barghouti, il pluriergastolano ex protagonista della Seconda intifada indicato da molti quale possibile leader palestinese. La missione, scrive Il Foglio, ha un «forte valore politico» e segna il «rilancio dell’impegno internazionale del Pd nel conflitto israelo-palestinese».

Il Riformista ricorda il pogrom del 4 novembre 1945, quando a Tripoli la folla massacrò 132 ebrei libici, cancellando in poche ore 1.500 anni di convivenza pacifica tra ebrei e musulmani. Fu «il modo arabo di ricordare agli ebrei la propria contrarietà riguardo la Dichiarazione Balfour», ricorda il Riformista. Il pogrom aprì la strada alle persecuzioni culminate, dopo la Guerra dei Sei Giorni, nella fuga forzata degli ebrei dai paesi arabi: «Una pagina di storia dimenticata, che spazzò via secoli di cultura e di vita comune» denuncia il quotidiano.

L’ex deputato Pd Emanuele Fiano torna oggi all’Università Ca’ Foscari di Venezia per concludere l’incontro interrotto una settimana fa dai collettivi pro-Palestina. Con lui, scrive La Stampa, la ministra dell’Università Anna Maria Bernini e la deputata Pd Chiara Braga. «Qui per finire ciò che avevo iniziato. Nessuno può impedirmi di parlare», afferma Fiano al quotidiano torinese. Il dibattito si terrà nell’aula Baratto, sede centrale dell’ateneo, con misure di sicurezza rafforzate. La rettrice Tiziana Lippiello parla di «un momento importante per riaffermare il valore del dialogo e del rispetto reciproco». Intanto il Fronte della Gioventù Comunista e i collettivi Sumud e Lisc hanno convocato due presidi di protesta, respingendo le accuse di antisemitismo — «noi contestiamo il sionismo, non gli ebrei» — e denunciando la «strumentalizzazione politica del caso».

Sul Foglio, Maurizio Crippa contesta le accuse di “golpe accademico” legate alla futura riforma universitaria, di cui «non esiste alcun testo». Mentre la sinistra denuncia minacce alla libertà d’insegnamento, scrive Crippa, «la libertà nelle università è già sotto attacco», non dal governo ma dagli «antisemiti che zittiscono Fiano e i docenti israeliani». Chi oggi tace, conclude il Foglio, «fa come nel 1938 davanti alla cacciata degli ebrei».

Negli Stati Uniti cresce la corrente antisemita nella destra repubblicana, guidata da figure come Tucker Carlson, Nick Fuentes, Candace Owens e Steve Bannon, denuncia Il Foglio. A sorpresa, il presidente dell’influente think tank conservatore Heritage Foundation, Kevin Roberts, ha difeso Carlson per aver intervistato Fuentes – noto simpatizzante di Hitler – e per le sue recenti critiche a Israele, affermando che «i cristiani possono criticare lo Stato di Israele senza essere antisemiti». Secondo il quotidiano, Roberts avrebbe fatto un calcolo politico freddo: i Repubblicani oggi avrebbero più bisogno del pubblico di Carlson che del tradizionale consenso filo-israeliano. Il sostegno a Israele tra i conservatori, osserva Il Foglio, è in netto calo, soprattutto tra i giovani evangelici.

Alberto Belli Paci, 72 anni, figlio di Liliana Segre, entra in Forza Italia. «Non metta nel titolo che sono il figlio di…», premette al Corriere, spiegando di voler essere giudicato «per i miei valori liberali». Nell’intervista Belli Paci conferma le critiche alla sinistra sull’antisemitismo: «Da quella parte si accusano gli ebrei per le scelte del governo Netanyahu: è intollerabile» e si dice contrario alla presenza «senza contraddittorio» di attivisti pro-Flotilla nelle scuole.