DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 10 novembre 2025
Dopo undici anni di attesa, la famiglia del soldato israeliano Hadar Goldin, ucciso e rapito da Hamas nel 2014, ha potuto riavere la sua salma, restituita attraverso la Croce Rossa, raccontano i quotidiani. Il ritorno del corpo, identificato dal centro nazionale di medicina legale, potrebbe contribuire a sbloccare la seconda fase del piano di tregua a Gaza, mentre restano dispersi quattro ostaggi israeliani e circa 150 terroristi di Hamas sono bloccati nei tunnel sotto Rafah e Khan Younis, scrive il Corriere. Come ricorda La Stampa, Goldin, soldato della brigata Givati, era stato ucciso nel 2014 poco dopo l’inizio di un cessate il fuoco mediato da Onu e Stati Uniti. Secondo più fonti, segnala Repubblica, la restituzione delle sue spoglie potrebbe essere stata subordinata a nuove concessioni di Israele, mentre gli inviati Usa, Jared Kushner e Steve Witkoff, sono arrivati a Gerusalemme per tentare di sbloccare la fase due del piano Trump. Per il Giornale, la restituzione di Goldin rappresenta «una pietra miliare» nel conflitto: un gesto che rafforza la strategia del premier Benjamin Netanyahu, sostenuto da Donald Trump, «per avviare la neutralizzazione di Hamas e ampliare i Patti di Abramo». A mediare sono Turchia ed Egitto, ma Ankara resta un interlocutore controverso per Gerusalemme, ricorda La Stampa.
Per la prima volta dal 1946 un presidente siriano entra alla Casa Bianca: l’ex jihadista Ahmad al Sharaa, già leader di al Nusra e poi di Hayat Tahrir al-Sham, oggi nuovo capo di Damasco, incontra il presidente Usa Donald Trump. Come racconta il Corriere della Sera, l’ex “barbuto” si presenta in versione moderata, immortalato mentre «gioca a basket con i comandanti Usa» e si prepara a firmare un accordo per l’ingresso della Siria nella coalizione anti-Isis in cambio della revoca delle sanzioni Onu e americane. Trump, sottolinea Repubblica, vede in Damasco un possibile alleato anti-iraniano e valuta di includerlo negli Accordi di Abramo, mentre Israele resta diffidente. «Ha promesso una Siria inclusiva e tollerante, ma per capire chi è davvero al Sharaa ci vorrà tempo», conclude Repubblica. Per Domenico Quirico (La Stampa), l’incontro tra Trump e al Sharaa segna la sconfitta morale dell’Occidente, pronto a stringere la mano a chi non ha mai rinnegato i propri crimini: «Esiste il male, ma non esiste più il castigo». In un mondo «senza memoria e senza rimorso», conclude Quirico, «la jihad entra nel Grande Gioco globale dalla porta principale».
In un’analisi pubblicata da La Stampa, Ami Ayalon, ex capo dello Shin Bet, sostiene che «il coraggio della pace chiede reciprocità»: israeliani e palestinesi devono «rinunciare alla forza e ritrovare la fiducia». Secondo Ayalon, la stabilità del Medio Oriente passa solo attraverso «una soluzione a due Stati per due popoli», negoziata da un’autorità palestinese legittima, non da Hamas, «un’organizzazione terroristica» «mai rappresentante legittima del popolo palestinese». Trattare Hamas come interlocutore, scrive Ayalon, «significa premiare il terrorismo e indebolire i veri partner di pace». Israele, dal canto suo, deve «porre fine all’annessione strisciante e all’espansione delle colonie», mentre i palestinesi devono «condannare senza ambiguità il terrorismo».
«Dopo due anni di guerra, e nonostante i successi di Israele, anche Hamas può rivendicare una sorta di vittoria, almeno per ora», scrive sul settimanale britannico Spectator, Tom Gross. Nell’articolo, tradotto dal Foglio, Gross spiega come il gruppo terroristico «è sopravvissuto e sta nuovamente esercitando il controllo su Gaza», dove «esecuzioni pubbliche, frustate e lapidazioni sono tornate». Secondo Gross, la sopravvivenza di Hamas è dovuta anche a «un coro di apologeti occidentali», media e attivisti che «hanno giustificato e razionalizzato le sue azioni».
Il Corriere della Sera intervista la relatrice Onu Francesca Albanese a 24 ore dall’uscita in libreria del suo ultimo libro, nuovo atto di accusa contro Israele. Sul boicottaggio degli atenei israeliani, Albanese afferma di essere stata contraria «fino al 2024. Invece poi ho capito perché è fondamentale. L’università israeliana è un pilastro della narrazione ed è un motore della macchina della guerra». Alla richiesta di valutare il recente incontro tra il papa e il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas, Albanese replica attaccando il pontefice per aver incontrato il presidente d’Israele, Isaac Herzog: «Credo sia stato un errore clamoroso ricevere Herzog, uno che ricorre negli atti della Corte di giustizia internazionale per genocidio».
Sul Foglio, Paola Concia accusa la sinistra di essersi chiusa in una «setta morale» dominata dai dogmi del woke e del pro-Pal. L’ex deputata Pd, storica attivista Lgbt, denuncia una cultura «censoria, violenta, emarginatrice» che non tollera il dissenso interno. Un esempio è il conflitto a Gaza contro Hamas: «chi, da sinistra, non pronunciava la parola genocidio, chi difendeva il diritto di Israele a difendersi dopo il 7 ottobre o rifiutava i boicottaggi antiebraici, è stato messo alla gogna».
«Duce, marcia su Roma, leggi razziali Vannacci riscrive il fascismo: è bufera», titola il Corriere della Sera, raccontando l’ultima polemica legata all’eurodeputato e vicesegretario della Lega. In un post sui social, Vannacci ha definito la marcia su Roma «una manifestazione di piazza», ricordando che Mussolini fu «chiamato dal Re» e che le principali leggi del regime, comprese quelle razziali, furono approvate «secondo le procedure previste». «Durissima la stroncatura», sottolinea il Corriere, della presidente Ucei, Noemi Di Segni: «Vergogna che questo sia un rappresentante italiano al parlamento europeo. SS e alleati fascisti hanno sterminato gli ebrei giustificandosi con il rispetto di ordini e decreti».
A Repubblica, Vivian Liska, docente all’Università di Anversa, racconta di aver sentito una Guardia svizzera pronunciare la parola “ebrei” con disprezzo, accompagnandola con «un gesto come per sputare». «È stato un momento scioccante, ma non di grande importanza se non è sintomatico di qualcosa di più grande», spiega, aggiungendo che le autorità si sono poi «scusate profondamente». La studiosa denuncia anche altri episodi «preoccupanti» durante le celebrazioni per la Nostra Aetate: alla Gregoriana, un gesuita «ha paragonato Israele ai nazisti» e «ha parlato di Satana riferendosi agli ebrei», mentre alla commemorazione ufficiale l’unica voce ebraica è stata quella di un attivista pacifista che ha espresso «vergogna per la mia comunità», ricevendo applausi. «Quando si parla di Nostra Aetate l’ebraismo è diventato una nota a piè di pagina. C’è ancora molto da fare, forse più di prima», conclude Liska.
Il Giornale racconta la prima uscita pubblica del nuovo sindaco di New York, Zohran Mamdani, musulmano e socialista, che ha partecipato alla preghiera del venerdì in una moschea di San Juan, a Porto Rico. L’elezione di Mamdani, sottolinea il quotidiano, continua a dividere la città, in particolare la grande comunità ebraica. Il rabbino Ammiel Hirsch, una delle voci più influenti dell’ebraismo newyorkese, ha raccontato di averlo incontrato «con il cuore aperto e la mente aperta», ma di essere rimasto preoccupato: «Non riesce a giustificare il suo sostegno a slogan come ”Globalizzare l’Intifada” perché rappresentano i suoi principi fondamentali». Hirsch lo definisce «non un critico di Israele, ma un dogmatico oppositore del sionismo», e avverte: «Se userà la sua piattaforma per delegittimare Israele, metterà tutti gli ebrei in pericolo».
«La vitalità dell’America è inestricabile dalla sua volgarità e dalla sua violenza», afferma lo scrittore Adam Gopnik intervistato dal Foglio. La firma del New Yorker riflette su politica e cultura americana, da Trump a Mamdani. Del nuovo sindaco di New York, Mamdani, afferma di trovarlo «affascinante e intelligente», ma anche «inquietante e insensibile su Israele», criticando il suo uso del termine “crimini di guerra” per Hamas: «Un massacro nello stile delle Einsatzgruppen non è un eccesso di guerra». Su Donald Trump è netto: «Un essere umano senza un unico tratto ammirevole», pur riconoscendogli una straordinaria abilità comunicativa.
Russia e Iran conducono una guerra ibrida contro l’Occidente e Israele, basata su spionaggio, disinformazione e campagne social per diffondere antisemitismo e destabilizzare le democrazie. Lo riporta un’inchiesta del Quotidiano Nazionale, con le analisi di Alberto Pagani e Marco Mancini, esperti di intelligence. Secondo Pagani, «i servizi segreti di Mosca e Teheran operano in tandem per diffondere il virus dell’antisemitismo», utilizzando reti di agenti e troll digitali. L’Iran agisce attraverso la Forza Quds, con oltre 11 mila agenti coordinati dal generale Sardar Ammar, e infiltrazioni anche nelle università europee.