DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 13 novembre 2025

Il presidente Usa Donald Trump ha chiesto in una lettera al capo di Stato israeliano Isaac Herzog di concedere la grazia a Benjamin Netanyahu, definendo il processo per corruzione a carico del premier «politicizzato e ingiustificato», scrive il Corriere della Sera. Herzog ha però ricordato che una grazia può essere valutata solo a fronte di una richiesta formale, che secondo i media israeliani potrebbe arrivare solo dopo un’eventuale condanna. L’opposizione attacca: Yair Lapid denuncia «interferenze» e avverte che Israele è «un paese sovrano», mentre Yair Golan accusa Netanyahu di dichiararsi innocente «ma al tempo stesso implorare Trump di aiutarlo».

Nuove tensioni emergono su Gaza, «nonostante ieri sia stato riaperto il valico di Zikim, a Nord, per l’ingresso degli aiuti», scrive il Giornale. Cresce la preoccupazione per l’attuazione del piano di pace, tanto che si moltiplicano le voci sulla preparazione di un piano B di emergenza a cui starebbero lavorando separatamente l’inviato Usa Kushner e le Forze armate israeliane se il piano A di Trump trovasse ulteriori ostacoli, dal disarmo di Hamas alla formazione della Forza di Stabilizzazione internazionale. Libero segnala inoltre che il Pentagono ha definito “inaccurate” le notizie sulla realizzazione di una base militare Usa vicino a Gaza. A Rafah, nel sud di Gaza, i soldati hanno aperto il fuoco su quattro membri dei circa 200 terroristi di Hamas nascosti nei tunnel.

«È stata superata la linea rossa», così il capo di stato maggiore israeliano Eyal Zamir ha definito la nuova ondata di violenze di estremisti israeliani in Cisgiordania, riferisce il Sole 24 Ore. Zamir ha parlato di «atti criminali» che «distorcono la missione dell’esercito», promesso che l’esercito «non li tollererà» e «agirà con severità finché non sarà fatta giustizia».

Israele ha ripreso la costruzione del muro lungo il confine con il Libano per contenere la minaccia di Hezbollah: le Idf assicurano che la barriera, lunga circa 140 km, «resta interamente in territorio israeliano», smentendo le accuse di sconfinamento oltre la Linea Blu, riporta Libero. Secondo il presidente libanese Joseph Aoun, scrive il Corriere, da Israele «non è arrivata alcuna risposta» alla possibilità di aprire negoziati per porre fine alle operazioni compiute contro Hezbollah in Libano.

Il Sole 24 Ore racconta il recente tour di Isaac Herzog in Zambia e Congo, dove il presidente israeliano ha celebrato la riapertura dell’ambasciata zambiana dopo oltre mezzo secolo. Una missione che punta a «rilanciare i rapporti con l’Africa» in un continente oggi quasi interamente schierato con la causa palestinese, sottolinea il Sole: 53 Paesi su 55 riconoscono lo Stato di Palestina e 38 hanno votato a favore della risoluzione Onu sul cessate il fuoco. Gerusalemme tenta di ricucire relazioni logorate dalla guerra a Gaza e dall’accusa di genocidio mossa dal Sudafrica alla Corte dell’Aia, anche valorizzando cooperazione economica e settori chiave come difesa, tecnologie e agritech, spiega il quotidiano economico.

Sul Foglio, Andrea Marcenaro denuncia il clima europeo «ridicolo ma grottesco» in cui istituzioni culturali e accademiche espellono di fatto gli ebrei, mentre una parte della sinistra continua a coprire «sentimenti antiebraici già troppo diffusi». Critica anche lo sciopero Cgil del 12 dicembre, sotto le cui bandiere sfileranno «migliaia di giovani antisemiti», e i «grotteschi richiami alla Memoria» ridotti a esercizio retorico.

Repubblica intervista la 23enne Mia Bintou Diop, cittadinanza italiana e senegalese, nuova vicepresidente della Regione Toscana. «La accusano di essere troppo filo palestinese, lei è contro Israele?», chiede il giornalista. «Non sono contro Israele». Sono per il diritto dei popoli, tutti, a vivere in pace. E la pace non si costruisce con i crimini sui civili. Gaza non è un tema di tifo, è una ferita aperta che chiama in causa le responsabilità del mondo intero». Libero contesta la nomina di Diop e riprende un post pubblicato dalla vicepresidente della Toscana dopo il 7 ottobre, in cui si diceva «sempre dalla stessa parte» con bandiera palestinese. «Dunque non era certo dalla parte degli israeliani trucidati e stuprati», accusa il quotidiano.

Nel decennale dalle stragi del Bataclan, diversi quotidiani dedicano approfondimenti all’anniversario. Al Riformista, il sociologo Marco Lombardi definisce il 13 novembre 2015 «un turning point, come l’11 settembre e il 7 ottobre», l’apice dell’Isis e della sua «competenza comunicativa» poi migrata sul web. L’Europa, afferma, ha reagito con leggi «anacronistiche» e favorito la nascita di «società parallele», mentre oggi il jihad si sposta nel Sahel, creando una «black belt road» fino all’Atlantico. La Stampa intervista lo scrittore Tahar Ben Jelloun, che ricorda «la notte più lunga di Parigi» e denuncia che già «dal 2014 si sapeva» del rischio di un grande attentato. Per lo scrittore, il 13 novembre ha trasformato l’Islam in «un crimine» agli occhi di molti e la risposta deve essere «pedagogia», perché «non è colpa della religione islamica». Domani ricostruisce invece la traiettoria di Anas El Abboubi, jihadista bresciano arruolato nell’Isis, attraverso diari e atti d’indagine che mostrano il passaggio «dal rap alla jihad», il razzismo vissuto da ragazzo, la radicalizzazione online e la fuga in Siria nel 2013: una storia che illumina «le precondizioni in cui si forma un jihadista nel cuore dell’Europa».

«Invece di sindacare il focolare ebraico, Mamdani guardi la trave che ha conficcata nel suo occhio», scrive Giuliano Ferrara sul Foglio, criticando il nuovo sindaco di New York, Zohran Mamdani, per aver nominato «un’attivista antisraeliana» a capo del suo staff. Ferrara ribalta l’accusa di colonialismo rivolta a Israele da Mamdani, invitandolo a guardare alla storia degli Stati Uniti, «uno stato costruito su schiavitù e genocidio degli indoamericani», prima di impartire lezioni. Ferrara invita «i campioni dei postcolonial studies» ad ammettere che il loro ecosistema democratico si regge su basi «forse inferiori» a quelle dello stato ebraico. Mamdani, conclude la firma del Foglio, «si dichiari antiamericano, non solo antisraeliano».

La musica classica diventa nuovo terreno dell’odio anti-israeliano e antisemita, racconta il Foglio: alla Philharmonie di Parigi il concerto della Filarmonica d’Israele è stato interrotto da fumogeni, mentre ad Amsterdam il Concertgebouw ha cancellato il concerto di Hanukkah perché il cantore Shai Abramson è un ex ufficiale dell’esercito israeliano. Manifestazioni fuori dalla sala esponevano cartelli come «Vietata agli ebrei nel 1941, vietata agli ebrei israeliani nel 2025». Altre cancellazioni hanno colpito il Jerusalem Quartet, il direttore Lahav Shani e una produzione della Tosca a Tel Aviv. «Goebbels avrebbe dato una pacca sulla spalla», commenta duramente lo scrittore Leon de Winter.