DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 24 novembre 2025

Haytham Ali Tabatabai, considerato il numero due di Hezbollah, è stato ucciso in un attacco israeliano che ha colpito con sei missili un palazzo nel sobborgo di Dahiyeh, roccaforte sciita a Beirut. L’operazione, scrivono Corriere della Sera e Giornale, segna una nuova escalation nel confronto tra Israele e i terroristi libanesi. Il Corriere racconta che Tabatabai, comandante d’élite della Radwan e figura apicale dell’apparato militare di Hezbollah, era diventato l’architetto del nuovo assetto del movimento dopo l’eliminazione dei vertici di Hezbollah da parte d’Israele nel 2024. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo ha definito «un assassino con le mani sporche del sangue di israeliani e americani», mentre da Gerusalemme il ministro della Difesa Katz ha avvertito che «chiunque alzi una mano contro Israele verrà punito». Repubblica ricorda che venerdì il presidente libanese Michel Aoun aveva chiesto negoziati diretti per il ritiro israeliano dagli avamposti nel sud, mentre ora condanna l’attacco come «ennesima prova che Israele ignora gli appelli internazionali» e le iniziative per fermare l’escalation. L’intelligence israeliana teme una risposta del gruppo terroristico nei prossimi giorni: possibili obiettivi, sottolinea il Giornale, luoghi ebraici o israeliani fuori dai confini dello stato ebraico.

L’esercito israeliano è tornato a colpire anche a Gaza. «Hamas non ha mai smesso di violare il cessate il fuoco» con tentativi di infiltrazione oltre la Linea Gialla, ha dichiarato il primo ministro Netanyahu. «Abbiamo sventato questi attacchi con la forza e abbiamo reagito, pagando un prezzo molto alto. Molti terroristi sono stati eliminati e altri sono stati catturati nei tunnel di Rafah». La tregua, scrive il Giornale, regge ma il timore che il conflitto possa riprendere resta, «in attesa di capire se e come decollerà la fase 2 del piano di pace promosso dal presidente Usa Donald Trump». Fonti del movimento terroristico parlano di un accordo ormai «terminato», ma un dirigente smentisce. Intanto il capo di stato maggiore israeliano Eyal Zamir ha avviato i primi licenziamenti tra gli alti comandanti per i fallimenti del 7 ottobre 2023.

Gli Stati Uniti inseriranno i Fratelli Musulmani nella lista nera delle organizzazioni terroristiche. Lo racconta Libero, riportando l’annuncio del presidente Donald Trump, che in un’intervista a un emittente americana ha anticipato un provvedimento «nei termini più forti e potenti». Il quotidiano ricorda che Arabia Saudita, Egitto, Emirati, Giordania e Bahrein hanno già bandito il movimento, mentre negli Usa il segretario di Stato Marco Rubio lavorava da mesi al dossier, giudicato delicato per la natura «tentacolare» dell’organizzazione fondata un secolo fa in Egitto e presente con sigle diverse in tutto il mondo. La decisione arriva dopo che il Texas ha messo fuorilegge il Council on American Islamic Relations (Cair), considerato il principale network americano dei Fratelli Musulmani.

La Stampa racconta che nel villaggio di Deir Istyā, in Cisgiordania, «gruppi di coloni israeliani hanno fatto irruzione» nella notte tra il 12 e il 13 novembre, incendiando la moschea Hajja Hamida e lasciando la scritta «Ci vendicheremo ancora». Le autorità israeliane hanno condannato l’episodio, ma, denuncia il quotidiano torinese, «la dichiarazione non è stata seguita da nessun arresto». Per la violenza degli estremisti israeliani, accusa ancora La Stampa, ci sarebbe «totale impunità».

«I danni vanno chiesti a chi li causa, non a chi lavora per limitarli», così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, intervistato dal Corriere della Sera, replica al sindaco di Bologna Matteo Lepore, che aveva ipotizzato di addebitare al Viminale i 100 mila euro di devastazioni legati agli scontri attorno alla partita Virtus Bologna – Maccabi Tel Aviv. Piantedosi respinge l’idea di una responsabilità ministeriale e avverte del rischio di «assolvere i delinquenti colpevolizzando chi li contrasta». Sul mancato stop alla gara, il ministro sottolinea che le proposte del Comune «si limitavano a trasferire altrove il problema», senza considerare l’impatto sulle città coinvolte, mentre l’obiettivo dei violenti era «non far mettere piede in città al Maccabi Tel Aviv». Cedere, prosegue Piantedosi, avrebbe significato accettare «il ricatto di minoranze violente» e rinunciare a un principio costituzionale: «garantire libertà e agibilità a tutti». Quanto alla gestione dell’ordine pubblico, il ministro parla di «professionisti del disordine» che cavalcano temi diversi, dalla Tav al Medio Oriente, e denuncia «una componente di antisemitismo».

Un disegno di legge per fermare l’antisemitismo dilagante in scuole, università e web. Lo ha presentato il senatore Pd Graziano Delrio, che al Quotidiano Nazionale definisce il fenomeno «un cancro, un seme di male che non va sottovalutato», ricordando l’aumento del 400% degli episodi e la crescente paura tra gli ebrei italiani. Particolarmente grave, afferma il senatore, quanto accade negli ambienti educativi, dove studenti e bambini di origine ebraica vengono trattati come responsabili delle scelte del governo Netanyahu: «un’assurdità che sconfina nel razzismo». Delrio chiede interventi stringenti sul web: «Imponiamo al nostro governo un rafforzamento, da parte di Agcom, degli strumenti di contrasto all’antisemitismo, come la rimozione di contenuti contro gli ebrei. E sul web devono valere le stesse regole del mondo reale, non può continuare a essere terra di nessuno». Sugli scontri di Bologna, avverte che manifestare per Gaza non può diventare un pretesto per l’odio antisemita.

«La missione dell’unità del portavoce dell’Idf è rafforzare la fiducia del pubblico nell’esercito e nella sua legittimità internazionale». Così Daniel Hagari, ex portavoce delle Forze di difesa israeliane, racconta al Foglio l’incarico che lo ha reso il volto di Israele dopo il 7 ottobre. Per lui tutto parte da una sola parola: «Credibilità». Tra le scoperte mostrate al mondo da Hagari durante il conflitto, il sistema sotterraneo di Hamas sotto l’ospedale al-Shifa: «Dentro lo Shifa ho capito la portata del fenomeno, la capacità di Hamas di usare qualsiasi struttura come scudo». I terroristi, spiega l’ex portavoce militare, «entravano nelle stanze dell’ospedale, si cambiavano e dal reparto gestivano gli attacchi». Hagari insiste anche sulla battaglia dell’informazione, soprattutto nell’era dell’intelligenza artificiale: «Quando tra dieci anni chiederanno a un ragazzino di scrivere un tema sul 7 ottobre, andrà a cercare informazioni su ChatGpt… tutto dipende dai dati». Sul futuro delle Forze armate: «Serve una legge: l’Idf è l’esercito del popolo, è giusto che tutti siano al servizio», inclusi gli haredim. Oggi ha lasciato l’uniforme dopo trent’anni di servizio: «Per la prima volta da quando ho diciotto anni non sono più in servizio. È strano».