DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 26 novembre 2025
È di Dror Or il corpo restituito ieri a Israele da Hamas. Lo riferisco l’ufficio del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, al termine del processo di identificazione. Secondo le Idf, Dror Or è stato assassinato dalla Jihad islamica palestinese il 7 ottobre 2023 e il suo corpo portato nella Striscia di Gaza dalla sua casa nel kibbutz Be’eri. La sua morte è stata ufficialmente accertata il 2 maggio 2024.
Un report delle Nazioni Unite definisce Gaza «inabitabile» e «sprofondata in un abisso creato dall’uomo»: secondo l’Unctad, l’agenzia Onu che si occupa di sostenere i paesi in via di sviluppo, la guerra ha distrutto i pilastri minimi di sopravvivenza e la ricostruzione, stimata in 70 miliardi, richiederà decenni, scrive Repubblica. L’economia palestinese è crollata dell’87%, con un Pil tornato ai livelli del 2010. Intanto, prosegue il quotidiano, «l’inverno travolge i quasi due milioni di sfollati che vivono in tende insufficienti». Stenta a decollare, aggiunge La Stampa, la fase politica del piano Trump: nessun paese vuole impegnarsi in una forza internazionale anti-Hamas e prende forma l’ipotesi americana di «Comunità Alternative Sicure» in zone controllate da Israele, che rischierebbe di dividere Gaza in due.
Jared Kushner, genero di Trump e tra gli ideatori degli accordi di Abramo, è tornato al centro dei dossier internazionali nonostante avesse annunciato di restare lontano dalla Casa Bianca dopo il 6 gennaio, racconta il Corriere. Forte dei rapporti costruiti nel Golfo e degli investimenti miliardari ricevuti dai paesi con cui aveva negoziato la normalizzazione con Israele, ha partecipato sia alle trattative per il cessate il fuoco a Gaza sia al discusso piano per l’Ucraina, presentato al presidente Volodymyr Zelensky come «accordo vincolante». Pesa, scrive il Corriere, «l’enorme conflitto di interessi di un negoziatore che porta nei tavoli diplomatici la stessa ricetta: Non parlate di Storia, solo di affari». Per il quotidiano, un metodo che in Medio Oriente può funzionare, «molto meno con Putin».
L’intellettuale francese Marek Halter, sulla Stampa, avverte che «l’odio per gli ebrei si riversa sull’Europa» mentre Gaza ha oscurato la memoria della Shoah. Ricorda che il 7 ottobre è stato «uno dei più grandi massacri di ebrei dalla Seconda guerra mondiale» e denuncia come oggi le piazze non invochino più la pace ma identifichino «tutto Israele» come il nemico. L’ondata antisemita colpisce soprattutto le diaspore: negli Usa il 70% dei crimini d’odio religiosi riguarda gli ebrei, in Francia il 57% delle aggressioni razziste, in Italia 877 episodi dall’inizio dell’anno. Halter critica il linguaggio che «ritorce la Shoah contro gli ebrei stessi» e mette in guardia: «come si può rimettere il dentifricio antisemita nel tubetto?». Per lo scrittore francese è urgente intervenire perché «l’odio non aspetta mai».
«L’utilizzo di espressioni come “bestemmie sono la sua esistenza e autorevolezza” assume un chiaro significato di odio e disprezzo». Così il gup di Milano Luca Milani ha motivato la condanna a un anno e mezzo inflitta a Cecilia Parodi, attivista pro Palestina, per diffamazione aggravata dall’odio razziale dopo un video Instagram contro la senatrice a vita Liliana Segre (La Stampa). Nel filmato Parodi diceva: «Odio tutti gli ebrei, odio tutti gli israeliani», parole giudicate ancora più gravi per l’accostamento a una sopravvissuta alla Shoah. Il giudice sottolinea l’assenza di «reale pentimento» e l’effetto di aver alimentato online commenti negazionisti e antisemiti.
«Fuoco amico su Fiano, accusato dai dem», titola il Giornale, raccontando la contestazione subita a Bergamo dall’ex deputato Pd e presidente di “Sinistra per Israele” da parte dei Giovani Democratici locali. In un comunicato, i Gd hanno attaccato Fiano sostenendo che «la sinistra non può dialogare con i sionisti moderati», posizione che Luciano Belli Paci, anche lui presente all’evento, definisce «preoccupante» e segnale di «sacche di intolleranza» dentro il Pd. Solidarietà a Fiano è arrivata da numerosi dirigenti Pd, dalla sindaca Elena Carnevali alla vicepresidente dell’Europarlamento Pina Picierno. Ma, nota il Giornale, i vertici nazionali finora evitano prese di posizione pubbliche, mentre «il bubbone si aggrava».
È «un fallimento strategico e politico» il fatto che «dopo due anni di guerra, Hamas sia ancora in piedi». Lo afferma il giornalista arabo-israeliano Khaled Abu Toameh, intervistato dal Riformista. Toameh denuncia il peso dell’incitamento presente in moschee, media e scuole, e spiega come lo slogan “From the river to the sea” sia «uno slogan di Hamas». Per il giornalista, il conflitto non è economico ma culturale: «Il problema è l’educazione». I palestinesi, aggiunge, «devono capire che non si può costruire un futuro su Jihad, martirio e rifiuto assoluto di ogni compromesso. E l’Occidente deve smettere di illudersi che bastino assegni o slogan: senza cambiare l’educazione e senza leader coraggiosi, continueremo a girare in tondo tra nuove illusioni e nuova violenza».
Su Domani, Mario Giro osserva che le piazze si riempiono per Gaza ma non per l’Ucraina perché la guerra contro Hamas appare come «una guerra contro i civili», più vicina alla sensibilità europea sul diritto internazionale, e non fa percepire rischi diretti come quella ucraina. A ciò si aggiunge che «i pro-Pal hanno vinto la battaglia mediatica», mentre l’atteggiamento del governo israeliano alimenta critiche. Resta il nodo Hamas, che «non suscita lo stesso sdegno dell’aggressione russa».
L’espulsione dell’imam Mohamed Shahin, allontanato dal Viminale per aver giustificato pubblicamente il 7 ottobre e definito Hamas «un movimento di resistenza legittima», accende lo scontro politico, racconta il Giornale. Pd, Avs e M5S scendono in piazza a Torino, dove viveva Shahin, chiedendo di sospendere il provvedimento e denunciando «repressione islamofoba». Il centrodestra replica, accusando la sinistra di difendere un estremista e rivendicando la misura per motivi di sicurezza nazionale.
Papa Leone XIV farà il suo primo viaggio internazionale in Turchia e Libano, scrive il Corriere della Sera, un itinerario che lo porterà «nel crocevia delle fedi» tra crisi dell’ecumenismo, tensioni politiche e comunità cristiane in difficoltà. In Turchia parteciperà alle celebrazioni per i 1700 anni del Concilio di Nicea, in un mondo ortodosso «molto diviso» dopo la frattura tra Mosca e Costantinopoli. In Libano incontrerà un Paese dove le religioni strutturano la vita civile, con cristiani ancora influenti ma leadership indebolite e la presenza armata di Hezbollah. La visita, osserva Andrea Riccardi, sarà un incoraggiamento ai cristiani del Medio Oriente, in un contesto segnato da emigrazione e fragilità, ma dove la loro presenza resta «garanzia di pluralismo».
Il Riformista annuncia la nascita di HaKol, il suo nuovo sito interamente dedicato a Israele, grazie alla partnership con l’agenzia israeliana JNS.