DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 3 dicembre 2025

Non sono dell’agente israeliano Ran Gvili né del cittadino thailandese Sudthisak Rinthalak i resti consegnati da Hamas ieri a Israele. Lo scrivono i media israeliani in base agli esami dell’istituto forense Abu Kabir di Tel Aviv, riferendo che le famiglie dei due ostaggi ancora trattenuti nella Striscia sono state informate dell’esito. L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sottolinea che «gli sforzi per riportarli a casa non cesseranno fino al completamento della missione, ovvero il loro ritorno per una degna sepoltura nel loro paese».

Israele ha intensificato gli attacchi in territorio siriano, suscitando l’irritazione di Washington: secondo il Foglio, gli Stati Uniti temono che il primo ministro israeliano Netanyahu stia «vedendo fantasmi ovunque» e rischi «di trasformare la Siria in un nemico», proprio mentre l’amministrazione Trump punta a costruire con Damasco una «lunga e prospera relazione». Sullo sfondo di queste tensioni, il Sole 24 Ore riferisce che Netanyahu avrebbe chiesto al presidente Usa Donald Trump un ulteriore aiuto per ottenere la grazia dal presidente Isaac Herzog: nella telefonata, Trump non avrebbe preso impegni, pur dicendosi convinto che la questione «avrebbe funzionato», e ha sollecitato Netanyahu a essere un «partner migliore» nel piano di pace per Gaza. Sotto la pressione della Casa Bianca, Netanyahu ha inoltre aperto a un possibile accordo con la Siria «senza compromessi sulla sicurezza», chiedendo una zona cuscinetto demilitarizzata nel sud-ovest del paese e il mantenimento delle aree oggi sotto controllo israeliano.

Papa Leone XIV, intervistato da diverse testate durante il volo di rientro da Beirut, lancia un doppio appello sulla crisi mediorientale: chiede a Israele di «far cessare attacchi e ostilità», e a Hezbollah di «lasciare le armi e cercare il dialogo», perché «nessuno crede più che la lotta armata porti beneficio». Il pontefice rivela di avere avuto contatti con leader regionali e assicura che la Santa Sede sta lavorando «dietro le quinte» per favorire un tavolo negoziale. Riguardo al Libano insiste che «una pace sostenibile è possibile» e che continuerà a intervenire presso «tutte le parti coinvolte».

A Roma la procura indaga per odio razziale dopo le scritte antisemite comparse sulla sinagoga Beth Michael a Monteverde e su un muro vicino al ghetto. Le telecamere hanno ripreso due ragazzi incappucciati mentre imbrattavano la targa per il piccolo Stefano Gaj Tachè. Polizia e Digos, riportano Repubblica e Corriere, li stanno identificando confrontando i video con la manifestazione romana pro-Palestina di domenica. Gli organizzatori del corteo, scrive il Corriere, si sono dissociati dal gesto e hanno inviato la propria solidarietà alla Comunità ebraica. «L’Italia reagisca, le manifestazioni propal sono sempre più violente», commenta a La Stampa Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma. Per Fadlun i giovani violenti «sono caduti nella trappola dei cattivi maestri»: tra questi ultimi, il presidente degli ebrei romani cita la relatrice Onu Francesca Albanese.

Sui muri di Roma è comparso un nuovo insulto antisemita: «Ebrei sionisti, cancro del mondo», tracciato sul Lungotevere degli Anguillara, a poca distanza dal Tempio Maggiore di Roma, sull’altra sponda del Tevere, vicino all’accesso all’Isola Tiberina (Repubblica e Stampa).

Un centinaio di docenti universitari ha lanciato un appello alle istituzioni chiedendo un’approvazione rapida e bipartisan del ddl 1722 contro l’antisemitismo online e negli atenei. I firmatari, spiega il Corriere, denunciano un «clima di odio e intimidazione», cresciuto persino dopo il cessate il fuoco a Gaza, con episodi aumentati del 400%. Segnalano aggressioni a studenti ebrei, ostracismo verso docenti israeliani, lezioni interrotte e minacce ai colleghi che collaborano con accademici ebrei. Il disegno di legge, presentato da Graziano Delrio (Pd), prevede strumenti di contrasto all’antisemitismo sul web tramite l’Agcom, nuove tutele per ricerca e didattica e figure di monitoraggio in ogni ateneo. Anche le scuole saranno coinvolte nella segnalazione dei casi, per rafforzare la strategia nazionale di prevenzione e contrasto.

La sindaca di Firenze, Sara Funaro, conferma al Corriere della Sera il suo no alla cittadinanza onoraria per Francesca Albanese: «Firenze è la città della pace, le onorificenze vanno date a chi unisce, non divide». Decisive, spiega la sindaca, non solo le parole della relatrice Onu dopo l’assalto a La Stampa, che «hanno toccato un cardine della democrazia: la libertà di informazione», ma anche le sue precedenti uscite sulla senatrice a vita Liliana Segre e sul sindaco di Reggio Emilia. Funaro ribadisce che la sua fede ebraica «non ha influito» sulla scelta, critica duramente Netanyahu («sta compiendo atti criminali») e distingue tra cortei pacifici pro Palestina e derive estremiste come gli slogan «Viva il 7 ottobre». A Bologna, intanto, il Pd si divide proprio sulla cittadinanza ad Albanese, approvata ma mai consegnata, con una parte dei dem che ora ne chiede apertamente la revoca, racconta il Corriere. Per il Giornale è una retromarcia tardiva.

Le indagini sull’assalto alla redazione de La Stampa procedono su due fronti: la procura ricostruisce la rete degli organizzatori – dopo l’identificazione di 36 partecipanti – mentre il Viminale, spiega il Corriere, verifica possibili falle nella gestione dell’ordine pubblico da parte della Questura di Torino. Al centro dell’attenzione il Collettivo universitario autonomo, vicino al centro sociale Askatasuna, che ha rivendicato il blitz parlando di «rabbia accumulata».

«L’imam pro 7 ottobre ora diventa un martire», titola il Giornale, raccontando come movimenti di sinistra e collettivi — persino francesi — difendano Mohamed Shahin, l’imam torinese che aveva definito Hamas una «legittima resistenza» e si era detto «d’accordo» con il 7 ottobre. Mentre il Viminale ne ha disposto l’espulsione e Shahin è trattenuto nel Cpr di Caltanissetta, una parte della sinistra torinese, riporta il Giornale, parla di «uso politico del diritto» e di «dissidente perseguitato».

Il Riformista torna sul caso del professore israeliano allontanato dall’Università di Pavia, denunciando gravi contraddizioni nei verbali interni: un resoconto del Senato accademico parlava di sospensione «perché si è autodenunciato come membro delle Idf» e delle dimissioni di una professoressa contraria al provvedimento, ma l’Ateneo ora nega che quelle frasi compaiano in «qualsiasi bozza». Per il quotidiano, qualcuno «non dice la verità» e l’Università starebbe cercando di nascondere il fatto di aver «fatto fuori l’israeliano», aggravando l’imbarazzo invece di chiarire.

A Gerusalemme, racconta Libero, nessuno crede più a una pace imminente. La città «sta lì da cinquemila anni eppure ha la fragilità del precario», scrive l’inviata Costanza Cavalli descrivendo una società che corre ma «sa aspettare». Nel mondo politico domina il realismo più duro: per Boaz Bismuth, presidente della Commissione Esteri e Difesa della Knesset, «quale pace? Probabilmente non sarò qui a vederla», mentre al ministero degli Esteri avvertono che «le persone non prendono abbastanza sul serio Trump quando dice che se Hamas non accetterà di disarmarsi, si scatenerà l’inferno».

Nel kibbutz Sasa, al confine con il Libano, Angelica Calò Livne racconta al Quotidiano Nazionale di una comunità che resiste e continua a credere nella convivenza: «Qui prima della guerra i ragazzi palestinesi venivano liberamente per fare teatro e musica con noi». Fondatrice del progetto Beresheet LaShalom, insiste sulla possibilità di un futuro condiviso: «Siamo così vicini, nello stesso posto, perché non possiamo vivere insieme?».

Naftali Bennett prepara il ritorno in politica in vista delle elezioni 2026 e apre alla grazia per Netanyahu, ma solo a condizione che il premier si ritiri dalla vita pubblica. Secondo il Riformista, l’ex premier gode oggi di un forte consenso e potrebbe costruire una nuova lista con l’ex capo di stato maggiore Gadi Eisenkot, insidiando il Likud.