L’OPINIONE – Alan Davìd Baumann: Più liberi di cosa?

Si è aperta presso LaNuvola di Roma la rassegna annuale “Più libri più liberi”, in programma quest’anno dal 4 all’8 dicembre 2025.
Solita immensa affluenza all’inaugurazione, in gran parte composta dalle scuole, ma anche da giornalisti, da addetti delle case editrici e da coloro che intervengono o seguono i numerosissimi appuntamenti su varie tematiche di interesse o alla moda.
Diversi rappresentanti di alcuni editori hanno sottolineato come i giovani abbiano disinteresse verso la lettura, preferendo parlare di sesso e tenendo gli occhi incollati al cellulare. Una generazione scarsa di emozioni, e con poca comunicazione diretta. Se nel passato un nobile si sedeva da un lato dell’enorme tavolo, magari a diversi metri di distanza dall’altra che era seduta dal lato opposto, e per passarsi il sale usava un domestico, oggi, sebbene il tavolo sia infinitamente più piccolo, la richiesta del sale avviene tramite messaggino. Non parliamo poi della felicità che, sino a pochi anni or sono, si provava andando a casa di amici con una chitarra per cantare e divertirsi assieme: oramai è in via di estinzione.
Abbiamo notato quanto quest’anno sia particolarmente significativa la presenza di case editrici che si spacciano per italiane, ma che invece espongono esclusivamente la bandiera in voga, trasformando il tricolore, arricchendolo con un triangolo e aggiungendovi il colore nero.
Una decina gli stand che fra bandiera, kefiah indossata da chi sta dietro al banco o cartelli con la scritta “questo editore è antifascista”, suggeriscono al visitatore attento il quesito «ma nessuno contro i nazicomunisti?».
Tanti i libri che parlano ovviamente del Medio Oriente, fra poveri terroristi discriminati (ovviamente non chiamati con il loro giusto epiteto) e Stato crudele.
Secca ancora una volta, e dopo diversi anni di ripetizione, dover dire che Goebbels aveva ragione quando sosteneva che «una bugia ripetuta all’infinito diventa la verità».

Alan Davìd Baumann