DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 8 dicembre 2025
«Passeremo presto alla fase due del piano Trump». È la promessa del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, riportata da Repubblica, Giornale e Libero. Netanyahu punta al «disarmo di Hamas e alla smilitarizzazione di Gaza» e, scrive Repubblica, metterà a punto i dettagli «entro fine mese» con il presidente Usa Donald Trump, mentre Hamas si dice «pronta a discutere del congelamento delle armi». Ma, aggiunge il Giornale, all’interno del gruppo terroristico non tutti sono pronti al disarmo. I quotidiani ricordano come la chiusura della fase attuale resta «sospesa» finché non verrà restituito la salma dell’ultimo ostaggio israeliano, l’agente di polizia Ran Gvili. Sul terreno, il capo di stato maggiore, Eyal Zamir, ha affermato che la “linea gialla” a Gaza è ormai «il nuovo confine» con la Striscia (Giornale), mentre gli Stati Uniti lavorano a un possibile faccia a faccia tra Netanyahu e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi per legare sicurezza e cooperazione energetica (Repubblica). Sul fronte politico, durante la visita a Gerusalemme del cancelliere tedesco Friedrich Merz, Netanyahu ha ribadito che «grazia o meno, non mi ritirerò», riportano Giornale e Libero.
A New York si è tenuto il primo vertice trilaterale fra Stati Uniti, Israele e Qatar dall’inizio della guerra, con l’obiettivo di ricucire i rapporti dopo il fallito raid israeliano di settembre a Doha contro la leadership di Hamas. All’incontro hanno partecipato l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff e, per Israele, il capo del Mossad, David Barnea. «Nonostante le scuse di Netanyahu al premier del Qatar, Al Thani (telefonata organizzata dalla Casa Bianca)», scrive il Corriere della Sera, le tensioni non sono del tutto rientrate. Washington punta ora a un meccanismo stabile di incontri a tre per affrontare le controversie e coordinare gli sforzi contro le minacce nella regione.
L’ex soldato israeliano Rom Braslavski, rapito il 7 ottobre 2023 e rimasto 738 giorni nei tunnel di Gaza, ha raccontato ad Atreju – la rassegna romana dei giovani di Fratelli d’Italia – «il massacro» compiuto da Hamas, descrivendo le violenze contro «donne, anziani, bambini pieni di sangue». La sua testimonianza è ripresa da diversi quotidiani: «Mi hanno ucciso fisicamente e spiritualmente, mi hanno torturato l’animo e mi hanno lasciato cicatrici emotive dappertutto», ha ricordato Braslavski, parlando di fame, torture e isolamento «40 metri sottoterra». L’ex ostaggio ha spiegato di essere stato «rapito solo perché israeliano ed ebreo», e ha chiesto di «continuare il lavoro per la giustizia e la pace» in Medio Oriente. Il suo intervento si è concluso con una lunga standig ovation.
Nel Pd continua lo scontro legato al ddl Delrio contro l’antisemitismo. Al Nazareno, scrive il Corriere, ammettono che a decidere tempi e modi sarà la maggioranza e che il partito può solo “giocare di rimessa”, cercando di non spaccarsi né di incrinare i rapporti nel centrosinistra. La proposta Delrio, sostenuta dai riformisti, è contestata dall’area che fa riferimento alla segretaria Elly Schlein e dagli altri partiti di sinistra, che parlano di pericolo per la libertà di espressione. La dirigenza Pd, prosegue il Corriere, teme soprattutto una mossa tattica del centrodestra: se la presidente del Consiglio Giorgia Meloni approvasse una versione “ammorbidita” del ddl entro il Giorno della Memoria, i dem si troverebbero in forte imbarazzo, anche perché alcuni deputati sono pronti a votarlo. Il tema del ddl Delrio e delle sue implicazioni è al centro anche del dibattito pubblico. A Più Libri Più Liberi, racconta la Stampa, ne hanno parlato la storica Anna Foa e la giornalista Lucia Goracci, criticando la proposta di legge.
Circa trecento militanti pro Palestina hanno contestato la Prima della Scala a Milano trasformando piazza della Scala – rinominata dai manifestanti “piazza Gaza” , scrive il Giornale – in un presidio di slogan contro Israele e il governo italiano. In mezzo a preghiere e cartelli anti-carabinieri, ha preso la parola telefonicamente anche Mohammed Hannoun, considerato vicino a Hamas e già destinatario di un foglio di via, che ha denunciato «leggi razziste» e rivendicato l’“antisionismo”. Nel mirino del sit-in, anche l’espulsione dell’imam Shahin, con slogan che paragonavano sionismo, fascismo e nazismo.
Potrebbe saltare la riconferma all’Onu della relatrice Francesca Albanese. Secondo il Giornale, documenti visionati dal quotidiano mostrerebbero che il presidente del Consiglio per i diritti umani di Ginevra, l’ambasciatore svizzero Jürg Laube, avrebbe «forzato le regole» nel rinnovo dell’incarico della relatrice speciale, nonostante un dossier di UN Watch che denuncia «violazioni del codice di condotta» (posizioni considerate antisemite, tweet filo Hamas, missioni finanziate da Ong vicine a Hamas). La procedura prevedeva, scrive il Giornale, che le accuse venissero esaminate prima della nomina, cosa che «non è avvenuta», mettendo ora in imbarazzo l’Ono e il segretario generale Guterres.
«In Iran, la corsa senza velo diventa una forma di protesta», racconta il Corriere della Sera. All’ultima maratona nell’isola di Kish hanno partecipato 2.000 donne, quasi tutte a capo scoperto, sfidando apertamente le leggi sull’hijab. Le autorità religiose hanno definito l’evento «indecente» e fatto arrestare due organizzatori per non aver fatto rispettare le “regole morali”.
Dopo la caduta di Assad, racconta La Stampa, la Siria festeggia il primo anniversario della “liberazione”, guidata dal nuovo presidente Ahmed al-Sharaa, ex jihadista legato ad Al Qaeda. A Damasco domina l’euforia, spiega il quotidiano, ma il paese resta profondamente diviso: alawiti e drusi non partecipano alle celebrazioni, temono vendette e denunciano nuovi pogrom e restrizioni. «Tra ricostruzione difficile, povertà diffusa e occupazione israeliana nel Sud, molti siriani tornano dall’estero, ma restano dubbi sulla reale volontà di unità nazionale», spiega La Stampa. «Il fascino di Al Sharaa», ricorda anche il Foglio, mostra la straordinaria parabola dell’ex jihadista, oggi ricevuto alla Casa Bianca e protagonista di un “nuovo corso” che mescola pragmatismo economico, populismo islamista e aperture diplomatiche. Ma alle luci internazionali si affiancano ombre pesanti: violenze settarie, marginalizzazione delle minoranze e scarsa volontà di fare giustizia per i crimini del vecchio regime.
Il Giornale racconta le dichiarazioni di Ibrahim Youssef, attivista dei Giovani Musulmani d’Italia, che in un podcast delinea una strategia “graduale” per acquisire peso politico: entro il 2050 i musulmani potrebbero essere «quasi il 10%» della popolazione italiana e, se tutti votassero, «un partito come la Lega non si permetterebbe mai di andare contro la comunità islamica». Youssef invita a «imparare dalla lobby sionista» e sostiene che «prima venga la cultura e poi la politica». Il quotidiano segnala il rischio di un progetto di egemonia “step by step”.