ANTISEMITISMO – Tra legge e divisioni, voci a confronto sul ddl Delrio / 2
Prosegue il confronto sul disegno di legge presentato dal senatore Pd Graziano Delrio. Dopo le prime reazioni, altri intellettuali tornano sul rapporto fra diritto e cultura, sul tema della cultura, sui problemi della politica, sull’opportunità di una legge specifica sull’antisemitismo.
Sacerdoti: «Rafforzare i presìdi culturali, non inventare nuovi reati»
Per Giorgio Sacerdoti, docente emerito dell’Università Bocconi, il ddl Delrio è «un progetto meritorio», perché riconosce che «l’antisemitismo è cresciuto in modo evidente negli ultimi vent’anni» e, dopo il 7 ottobre, «ha preso toni antisemiti attaccando singoli ebrei e istituzioni ebraiche».
Il testo «si muove essenzialmente sul piano culturale» e punta a «rafforzare l’efficacia delle norme già esistenti» con rimozione dei contenuti d’odio, educazione e responsabilizzazione delle istituzioni, senza introdurre «nuove norme penali» né limitare «la critica alla politica di Israele».
Secondo il giurista, le resistenze di parte della sinistra mostrano «una certa coda di paglia», nel rifiuto di riconoscere il legame tra antisemitismo e conflitto mediorientale.
Flores: «Una legge ad hoc per gli ebrei rischia l’effetto opposto»
Contrario alla norma invece lo storico Marcello Flores, già docente di Storia comparata e Storia dei diritti umani all’Università di Siena: «In linea di principio sono contrario a qualsiasi legge di questo tipo», perché «esistono già norme che permettono di perseguire l’antisemitismo, l’odio etnico, l’odio religioso, l’odio razziale». Secondo lo storico, che ha collaborato al progetto Ucei “Il Significato delle parole”, negli ultimi anni è cresciuta «la tendenza, a destra come a sinistra, ad affrontare tutti i problemi con la bacchetta magica dell’intervento penale o dell’intervento normativo», senza chiedersi perché gli strumenti già esistenti non siano stati utilizzati, a cominciare dalla legge Mancino: «Perché in questi anni non vi si è fatto ricorso? Questo dovrebbe chiederselo il ministro dell’Interno, ma dovrebbe chiederselo anche Delrio».
L’altro punto critico riguarda la natura “speciale” del ddl: «Perché una legge apposita a tutela degli ebrei? In questo modo si usa la logica della categoria privilegiata e protetta, che è uno degli elementi centrali dell’antisemitismo». Un rischio particolarmente delicato in un’opinione pubblica che «non distingue tra sionismo, antisionismo e antisemitismo: una legge ad hoc non può che rinfocolare confusioni e ostilità».
Problematico per Flores anche il capitolo dedicato alle università: «Creare, come immagina la proposta Delrio, in ogni ateneo una figura – non si capisce da chi nominata, con quale ruolo e quali qualifiche – incaricata di valutare se le iniziative pubbliche possano essere antisemite è una follia». Le università «hanno già le leggi normali» contro i discorsi d’odio: «Perché allora una figura ad hoc?».
La vera risposta, insiste lo storico, è culturale: lavorare sulla conoscenza, spiegare termini e storia, «fare uno sforzo di conoscenza totalmente carente». Anche perché siamo davanti a un antisemitismo “nuovo”: accanto a quello tradizionale, «riemerge un antisemitismo legato al richiamo a un anticolonialismo essenzialista», che viene applicato allo Stato d’Israele con etichette come «coloniale» o «apartheid», categorie «totalmente sbagliate, inadeguate». Per contrastare questo slittamento, «serve parlare di storia (Shoah, colonialismi, Medio Oriente) senza ridurre tutto a chi fa il bene e chi fa il male», evitando «scorciatoie normative».
Calimani: «La sinistra non vede l’antisemitismo per non perdere consenso»
Per l’anglista Dario Calimani, presidente della Comunità ebraica di Venezia, la vicenda Delrio e gli scontri interni al Pd sulla norma rivelano «la crisi di valori della sinistra italiana». Una sinistra che, «per garantirsi di poter perpetuare la sua critica allo Stato d’Israele (e non solo al governo Netanyahu), sceglie di non vedere il risorgere incontenibile dell’antisemitismo in Europa, e in Italia in particolare». Secondo Calimani, già docente dell’Università di Venezia, tutto ruota intorno alla paura di scontentare alcuni gruppi di elttori: «Per non deludere il suo elettorato propal, la sinistra sceglie di non considerare le ragioni degli altri». E invece di proporsi come spazio di dialogo, «non pensa affatto a proporsi come promotrice di dialogo». Anzi, «la sua area più radicale soffia volentieri sulle braci della politica estera, e di fronte all’antisemitismo di casa volge lo sguardo altrove». Solo dopo, «a posteriori, ti manda messaggini di solidarietà».
Ovadia: «Deriva antisemita anche negli atenei, necessario intervenire»
«Non credo nell’approccio repressivo, ma qualcosa bisogna fare e la legge Delrio ci prova» esordisce Daniela Ovadia, neuroscienziata e docente all’Università di Pavia. «La deriva antisemita in Italia è assolutamente palese e non riguarda più soltanto Israele, ma la cultura ebraica: presentare libri di autori ebrei, organizzare seminari, proiettare spettacoli diventa problematico».
Preoccupante, secondo Ovadia, è soprattutto il clima negli atenei: «Si preferisce non fare nulla pur di non “attirarsi rogne” con i movimenti studenteschi. Così si bloccano produzione culturale, ricerca, iniziative che sono parte del patrimonio dell’università italiana. È una deriva pericolosa».
Porta un esempio concreto. In una commissione della sua università in cui si valutava la concessione di borse di studio a studenti stranieri, «è stato proposto di scartare tutte le candidature provenienti da Israele. Una collega ha ricordato come questa esclusione fosse ingiustificata e il carattere pubblico del bando». Tra l’altro, guardando gli “esclusi” «mi sono accorta dai cognomi che due erano arabo-israeliani. Il paradosso è evidente: qualsiasi passaporto israeliano diventa automaticamente un problema». Per Ovadia l’episodio è inquietante soprattutto perché «non credo sia un caso isolato: mi chiedo quante volte, in quanti dipartimenti o micro-decisioni amministrative, vengano prese iniziative simili, magari in buona fede, pensando di “fare la cosa giusta” contro un presunto popolo oppressore». Da qui la sua domanda: «Questo è antisemitismo o discriminazione nazionale? Come lo definisci?». In ogni caso, serve una risposta e il disegno di legge Delrio rappresenta un’opportunità. «Oggi, senza un intervento, la situazione peggiora, mentre le università scelgono il silenzio per paura del conflitto. Se non la legge, quale altri strumenti abbiamo?».
Daniel Reichel