DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 10 dicembre 2025
Il Corriere della Sera pubblica un reportage al seguito delle forze armate israeliane nella Striscia di Gaza, descrivendo Rafah come «una città che non c’è più», un «cimitero di palazzi» sopra una «tomba lunga sette chilometri» dove Hamas ha tenuto per undici anni il corpo del soldato israeliano Hadar Goldin come «merce di scambio». L’area è ormai «zona gialla sotto il controllo di Tsahal» e «agli abitanti è stato impedito di ritornare», scrive il Corriere. Restano «solo poche centinaia di civili» in mezzo alle rovine. Oltre i tunnel «puntellati da travi di legno» e dotati di «80 sale a 25 metri di profondità», gli ufficiali parlano della «Linea gialla» come «il nuovo confine». Il reportage si chiude parlando delle responsabilità del 7 ottobre, ricordando il cambio ai vertici militari e dell’intelligence. «Solo Netanyahu – che era già al potere da 14 anni, difficile accusare i predecessori di sviste o mancanze – schiva qualunque attribuzione di colpa», scrive il quotidiano.
Il Regno Unito ospiterà a marzo una «conferenza di pace per Israele e Palestina», ha annunciato la ministra degli Esteri britannica, Yvette Cooper, definendola «un passo fondamentale» verso la coesistenza di «due Stati». Secondo Haaretz, ripreso dal Corriere, gli Stati Uniti spingono per la «Fase 2» della tregua a Gaza, con un ulteriore ritiro delle Idf oltre la «linea gialla». Israele ha inoltre riaperto il valico di Allenby con la Giordania, misura che la stampa israeliana attribuisce a pressioni americane.
L’ex premier britannico Tony Blair non farà parte del “Board of Peace” per la Fase 2 a Gaza per il «no dei Paesi arabi». Lo scrive il Financial Times, rilanciato da Repubblica e Giornale, ricordando il ruolo di Blair nella guerra in Iraq del 2003. Intanto, nota il Giornale, la Fase 2 resta in salita: «Non potrà cominciare finché Israele continuerà a violare l’accordo di cessate il fuoco», accusa Hossam Badran, dell’ufficio politico di Hamas, che chiede ai Paesi mediatori di fare pressione su Israele perché «rispetti i patti».
Secondo l’Onu a Gaza ci sono ancora 61 milioni di tonnellate di macerie e serviranno fino a «sette anni» per ripulire, con «accesso senza ostacoli» e macchinari che Israele non fa entrare finché Hamas resta al potere. Repubblica, citando l’Undp (Programma Onu per lo sviluppo), parla di «uno dei luoghi più devastati al mondo» e riporta il piano delle Idf per una «nuova Rafah», con aree “ripulite” dove i civili potranno entrare «dopo attento screening»
Domani descrive i «mille fronti» ancora aperti per Israele: Iran, Hezbollah, Hamas. Un ex funzionario del Mossad avverte che «la maggior parte del materiale nucleare» iraniano «non è stata distrutta» e prevede «un altro conflitto». Analisti israeliani, scrive il quotidiano, parlano di «occasioni perse» e di una guerra contro Hamas «ancora in piedi», mentre secondo il giornalista arabo-israeliano Khaled Abu Toameh l’esercito avrebbe «sbagliato strategia» e la diplomazia americana rischia di lasciare che «lo scenario vada avanti da sé».
Prosegue il confronto sui giornali sul ddl sull’antisemitismo promosso dal senatore Pd Graziano Delrio. Il Corriere ricorda che nel 2017 il Parlamento europeo invitò ad adottare la definizione Ihra, votata «dalla stragrande maggioranza» del Pd, «Elly Schlein inclusa», oggi contestata dai vertici democratici. Il partito, in difficoltà, affida al senatore Andrea Giorgis la stesura di un nuovo testo, mentre crescono le tensioni interne, come mostra la presa di posizione dei Giovani dem di Roma («Delrio vuole zittire chi denuncia il genocidio»). «Potevano scriverla i pro Pal, ma l’hanno scritta i giovani democratici», commenta il Corriere. Sulle stesse pagine Milena Santerini, già coordinatrice nazionale per la lotta all’antisemitismo, avverte che una nuova legge sarebbe utile solo se «sostenesse il lavoro già in corso senza bypassarlo»: la definizione Ihra non è «giuridicamente vincolante» e non può diventare «uno strumento liberticida», meglio «rafforzare la Strategia nazionale» e includere «altre Definizioni» di antisemitismo. «In un momento in cui circolano tranquillamente aggressioni, insulti, odio, illazioni sulle “lobby ebraiche” è importante non dividersi su come affrontare questo fenomeno», conclude Santerini. Sul Riformista, Stefania Craxi scrive che la sinistra «ha perso la bussola» sull’antisemitismo, chiedendo «una discussione alta, serena, trasversale» per arrivare a «una legge unitaria».
Con una lettera al Giornale, la relatrice Onu Francesca Albanese replica alle accuse di aver “incoraggiato” Hamas: «Falso», scrive, precisando di aver parlato «del diritto alla resistenza del popolo palestinese» in astratto e «mai ai leader di Hamas», aggiungendo di «non aver mai avuto alcuna interazione diretta con Hamas e i suoi dirigenti, che non ho mai incontrato», e che «l’Onu ha riconosciuto la mia correttezza». Denuncia un «killeraggio» mediatico e respinge l’idea di essere «legata ad Hamas». Il Giornale ribatte negando le accuse di Albanese e rivendicando «il diritto di cronaca» su una relatrice definita «ambigua» nel denunciare i crimini: «Sempre» quelli israeliani ma «mai» quelli di Hamas, e che «confonde terrorismo con resistenza».
Sul Riformista, Iuri Maria Prado accusa Onu e Unrwa di aver «tollerato» l’uso delle loro strutture da parte di Hamas, mentre oggi «condannano fermamente l’irruzione israeliana» a Gerusalemme Est in una sede dell’organizzazione. Per Prado, questa «tolleranza, se non complicità» indebolisce le proteste, mentre ricorda il voto di diversi paesi europei – tra cui l’Italia – contro il rinnovo del mandato Unrwa.
Nel suo intervento ai Labour Friends of Israel, la ministra britannica della Finanze, Rachel Reeves, ha difeso il «diritto del popolo ebraico all’autodeterminazione» e invitato la sinistra a non considerare «problematico» definirsi sionisti, ricordando gli slogan violenti dopo il 7 ottobre. «Viva la sinistra che si proclama sionista», titola il Foglio, sottolineando come l’intervento di Reeves segni un cambio di tono nel campo progressista.
Pd, M5S e Avs chiedono al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, di riferire in Parlamento sulle condizioni di Marwan Barghouti, storico leader di Fatah detenuto in Israele, sollecitandone la liberazione e l’accesso di famiglia e avvocati. Libero parla di «guerriglia parlamentare della sinistra propal» e ricorda la condanna a cinque ergastoli per terrorismo comminata a Barghouti.
Il giornalista Lawrence Wright, premio Pulitzer, racconta a Repubblica il suo nuovo romanzo – The Human Scale, pubblicato di recente negli Usa – ambientato a Hebron, dove due personaggi “nemici” sono costretti a dialogare. Lo scrittore spiega di aver scelto la fiction perché il giornalismo «non dà spazio» a «fede, trauma, irrazionalità», e insiste che «palestinesi e israeliani non sono destinati a essere nemici»: è il contesto che li divide. Sul futuro del conflitto israelo-palestinese, Domani pubblica la proposta di Lucio Luzzatto, medico e scienziato: una prospettiva federale bi-nazionale, con pari diritti e lingue diverse, più realistica secondo l’autore dei «due stati per due popoli».