DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 16 dicembre 2025
Massima allerta per la sicurezza delle comunità ebraiche in Italia dopo la strage di Sydney: il Viminale aggiorna il piano di vigilanza in vista di festività, eventi pubblici e possibili visite di israeliani in Italia. Preoccupa soprattutto il rischio di “lupi solitari” radicalizzati online, più che di cellule organizzate, spiega il Corriere della Sera; rafforzati per questo i controlli su social, chat e dark web.
La strage antisemita di Sydney è opera di padre e figlio, Sajid e Naveed Akram, legati al “rinnovato Isis”: avevano giurato fedeltà al Califfato e preparato l’attacco partendo da un appartamento-base con armi legali e ordigni rudimentali, dopo aver detto ai parenti che andavano «a pescare», ricostruiscono Repubblica e Corriere. In auto sono state trovate due bandiere dell’Isis; il figlio era già noto all’antiterrorismo dal 2019 e insieme al padre aveva compiuto di recente un viaggio nelle Filippine, in un’area con gruppi islamisti. Il caso, scrive il Corriere, smentisce l’idea di un Isis sconfitto: la minaccia resta attiva e si manifesta anche attraverso cellule familiari e lupi solitari.
Tra le 16 persone assassinate a Sydney, Repubblica ricorda la più giovane: Matilda, dieci anni, uccisa «davanti alla gemellina». «Era adorabile, sempre allegra e felice», racconta una zia. Tra le altre vittime anche Alex Kleytman, 87 anni, sopravvissuto alla Shoah, e anziani fedeli colpiti mentre partecipavano alla festa di Chanukkah. L’Australia piange «inermi celebranti» colpiti dall’odio antisemita.
La Stampa racconta la reazione della comunità ebraica di Sydney dopo la strage di Chanukkah: «Nonostante il trauma, gli ebrei tornano a Bondi Beach per accendere la seconda candela, trasformando il luogo dell’attacco in uno spazio di memoria e resilienza». Lo stato d’animo resta «terribile», ma prevale la volontà di non arretrare. Al memoriale spontaneo di fiori e candele partecipano anche autorità civili; il rabbino Yossi Shuchat parla di «evento tragico che le parole non possono spiegare», ribadendo però che «l’oscurità non può durare dove c’è luce».
Il governo australiano del premier laburista Anthony Albanese continua a essere oggetto di critiche, in patria e all’estero, accusato di aver sottovalutato la minaccia dell’antisemitismo e il clima di odio cresciuto dopo la guerra di Gaza. Il Corriere della Sera ricostruisce una lunga scia di episodi – incendi di sinagoghe e case, aggressioni, minacce e boicottaggi – culminati nella strage di Sydney, che ha riacceso lo scontro politico e diplomatico con Israele. Albanese respinge ogni collegamento tra le sue scelte sul riconoscimento della Palestina e l’ondata di violenza; conferma che l’attentato è stato «un atto di antisemitismo» e avverte che i terroristi puntano a «dividerci come nazione», promettendo vicinanza alla comunità ebraica. Opposizione e rappresentanti ebraici, scrivono tra gli altri Giornale e Repubblica, denunciano risposte tardive e un linguaggio pubblico che avrebbe contribuito a normalizzare l’odio antiebraico, soprattutto nei campus e nel dibattito politico. «Dopo il 7 ottobre 2023, il governo e le autorità locali hanno permesso di tutto ai pro-Pal più estremisti: cori inneggianti alla distruzione di Israele, o di “uccidete gli ebrei”, fino a una sinagoga messa a fuoco e purtroppo alla strage di domenica a Bondi Beach», denuncia a Repubblica lo scrittore britannico Howard Jacobson, che ha vissuto per anni a Sydney.
Sulla carneficina della Bondi Beach è tornato ieri anche papa Leone XIV: «Basta con queste forme di violenza antisemite, dobbiamo eliminare l’odio dai nostri cuori» (Avvenire).
Ahmed al Ahmed, 44 anni, siriano musulmano e cittadino australiano dal 2022, è l’eroe della strage di Bondi Beach: a mani nude ha disarmato uno dei terroristi durante la festa di Chanukkah, salvando decine di persone. Ferito da cinque colpi e ricoverato in ospedale, ha detto semplicemente: «Lo rifarei», raccontano Corriere e Repubblica. Fuggito dalla Siria nel 2006, padre di due bambine e piccolo commerciante, è stato celebrato come «un eroe della vita vera» dalle autorità locali. «Se morirò, dite alla mia famiglia che l’ho fatto per salvare vite di altre persone», aveva scritto Ahmed prima di fermare uno dei terroristi. Intorno all’uomo è nata una grande mobilitazione di solidarietà, con centinaia di migliaia di dollari raccolti per sostenerne le cure.
«L’ordinamento italiano non dovrebbe consentire discorsi d’odio». Così l’ambasciatore israeliano Jonathan Peled apre l’intervista al Corriere della Sera, esprimendo «preoccupazione» per il rilascio dell’imam di Torino — un predicatore finito al centro delle polemiche per aver pubblicamente giustificato e difeso l’attacco di Hamas del 7 ottobre — e lanciando un allarme sull’antisemitismo in Italia e in Occidente. Secondo l’ambasciatore, «gli ebrei in Italia si sentono senza sicurezza», pur non avendo «nulla a che fare con le politiche di Israele», e ringrazia il governo Meloni per l’impegno nella loro tutela. Il diplomatico avverte che gli slogan che invocano la cancellazione di Israele sono «un rischio per tutti» e che, se «attaccare gli ebrei diventa legittimo, non ci sarà fine al razzismo». Sottolinea come l’antisemitismo finisca per unire fronti opposti — «sinistra, filo-islamici ed estrema destra» — perché Israele è «una moneta facile da usare per polarizzare». Peled chiede infine una legge «condivisa da tutto il Parlamento» contro antisemitismo e discriminazione e denuncia la strategia di Hamas di sfruttare disinformazione e reti filo-palestinesi per «screditare Israele».
Secondo i servizi israeliani, l’attuale ondata globale di contenuti antisionisti e antisemiti online mostrerebbe segnali di coordinamento e regia statale, andando oltre la normale protesta politica. Ne scrive La Stampa, spiegando che tra i principali sospettati c’è il Qatar, accusato di alimentare una rete di propaganda digitale con l’uso non solo di bot ma anche di “risorse umane” e influencer, appoggiandosi a competenze esterne di Cina, Russia o Turchia. L’obiettivo sarebbe spostare il discorso dall’ambito politico a quello dell’odio identitario. L’ex capo del Mossad Yossi Cohen arriva a definire un errore i rapporti con Doha, sostenendo che i fondi destinati a Gaza abbiano finito per finanziare Hamas.
La conferma di Walker Meghnagi alla presidenza della Comunità ebraica milanese è raccontata dai quotidiani nelle rispettive pagine locali. Dopo lo spoglio delle schede, la lista di Meghnagi («Beyahad-Insieme») si è imposta con 9.576 voti totali contro i 6.446 della lista «Atid–Radici, Identità, Futuro» guidata da Massimiliano Tedeschi. La lista di Meghnagi si è aggiudicata dieci seggi su 17 nel Consiglio, organo decisionale della Comunità. «Sono molto felice e soddisfatto per questo risultato che va oltre le attese — ha commentato il presidente rieletto — sono stati premiati l’impegno e il costante dialogo con tutte le anime della nostra Comunità. Ora ci aspettano quattro anni non facili, ma siamo pronti a cogliere la sfida». Poi un messaggio alla politica: «Noi chiediamo rapporti con la sinistra e vogliamo migliorare quelli con il Comune di Milano. A Elly Schlein diciamo che siamo pronti a riceverla e lo stesso vale per Conte. Bonelli e Fratoianni invece dovrebbero chiederci scusa per quello che hanno detto contro di noi». Meghnagi auspica anche l’approvazione del ddl Delrio contro l’antisemitismo, parlando della necessità di intervenire alla luce anche di quanto accaduto a Sydney.
In un’intervista a La Stampa, Graziano Delrio difende la sua proposta di legge contro l’antisemitismo dopo lo scontro nel Pd: «Ho la coscienza a posto» e «mi offende» che il testo sia letto come una manovra di corrente. Il senatore Pd rivendica il ruolo del dissenso: «Una minoranza è come il sale, rende il partito più sano», e chiede a Elly Schlein di «garantire pari dignità a tutte le proposte». Delrio critica chi si concentra sulla definizione di antisemitismo invece che sulla realtà dei fatti: «È guardare il dito e non la luna», e la luna, spiega, sono «Sydney, Manchester… gli ebrei italiani costretti a muoversi sotto scorta». Il mondo ebraico italiano, prosegue il senatore, si sente più tutelato a destra e la sinistra deve intervenire.
Nel commento su La Stampa, Elena Loewenthal lega la strage di Chanukkah a Sydney a una tradizione millenaria di odio antiebraico e richiama il saggio di Eva Illouz sull’“8 ottobre”. L’antisemitismo, scrive, è «il più camaleontico dei pregiudizi», e denuncia una sinistra globale che ha «obliterato, ignorato, stigmatizzato il trauma e il lutto degli ebrei», arrivando a un antisionismo in cui «la colpa di Israele è quella di esistere». Sulla stessa linea il giurista Giorgio Sacerdoti intervistato dal Foglio, che avverte: «In concomitanza con la guerra a Gaza si è diffusa anche qui da noi un’ondata di violenza, di minacce e di odio nei confronti degli ebrei», spesso scivolata dalla critica a Israele a «vero e proprio antisemitismo». Sacerdoti sostiene la proposta Delrio, trovando «assurdo ci sia stata opposizione della sinistra e del Pd». Anche Libero e Giornale criticano la sinistra e contestano la decisione dei giudici di rilasciare l’imam di Torino, Mohamed Shahin, che aveva giustificato il 7 ottobre: per i due quotidiani la sentenza rappresenta un segnale «di cedimento dello stato di fronte all’estremismo islamista» e un ulteriore fattore di insicurezza per la comunità ebraica, mentre il governo annuncia ricorso e rilancia l’allarme sul contrasto ai discorsi d’odio e all’antisemitismo.
«Trump striglia Netanyahu: “Tregua violata a Gaza”», titola il Giornale: la Casa Bianca sarebbe irritata per l’uccisione a Gaza di Raed Saad, leader militare di Hamas. Un’operazione considerata da Washington una violazione del cessate il fuoco: Trump spinge per avviare senza ritardi la Fase due del piano su Gaza — disarmo di Hamas e forza di stabilizzazione internazionale — evitando mosse israeliane che possano incrinare il negoziato con il mondo arabo, pur restando il principale sostenitore di Netanyahu, sottolinea il Sole 24 Ore.