DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 23 dicembre 2025

Israele è preoccupato per le manovre militari iraniane: è il messaggio recapitato dal capo delle forze armate israeliane Eyal Zamir a Brad Cooper, capo del Comando centrale degli Stati Uniti. Gerusalemme, riporta il Corriere della Sera, teme che le recenti esercitazioni missilistiche di Teheran siano una copertura per un attacco a sorpresa, anche se l’intelligence americana non rileva segnali imminenti. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, in partenza per gli Stati Uniti, intende portare il dossier al tavolo del presidente Usa Donald Trump e avverte che «qualsiasi azione contro Israele incontrerà una risposta molto severa». L’Iran smentisce i test, sostenendo che il suo programma missilistico è «puramente difensivo» e «non negoziabile».

Repubblica scrive di una nuova stretta di Israele sulle ong internazionali, che entro fine anno dovranno registrarsi secondo una nuova legge o cessare le attività, una procedura che le Nazioni Unite definiscono «vaga, arbitraria e altamente politicizzata». L’Onu avverte di un impatto «catastrofico» per Gaza, mentre Medici senza frontiere segnala a La Stampa, attraverso la sua presidente italiana Monica Minardi, che sono a rischio ospedali da campo, cure sanitarie, acqua e assistenza ai rifugiati. Il quotidiano collega la misura a ulteriori iniziative della coalizione di Netanyahu delle ultime 24 ore: il Parlamento ha votato la chiusura della radio militare, accusata di «minare il morale», nominato alla guida della Commissione educazione un deputato di estrema destra e posto sotto controllo governativo la commissione d’inchiesta sul 7 ottobre.

«L’odio per gli ebrei come strumento di guerra ibrida», scrive su Libero l’ambasciatore israeliano in Italia Jonathan Peled, descrivendo un conflitto che oggi non usa «carri armati o missili», ma «disinformazione, diffusione sistematica di fake news e manipolazione dell’opinione pubblica». È una guerra «subdola e pericolosa», volta a «indebolire le democrazie dall’interno», come ha avvertito anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parlando di «ingiustificata e disordinata aggressione». In questo quadro, l’antisemitismo non è «né isolato né casuale», ma uno degli strumenti più efficaci per «polarizzare le società e delegittimare Israele», spesso «travestito da antisionismo». Peled chiama in causa Russia, Iran e Qatar, con ruoli diversi ma «convergenti», e avverte: dove attecchisce l’odio antiebraico, «presto vengono messi in discussione anche altri pilastri fondamentali della società democratica».

«La guerra civile nel mondo Maga», titola il Corriere, raccontando una destra trumpiana che «per anni ha tollerato la diffusione di teorie del complotto, il suprematismo bianco e il linguaggio d’odio (hate speech) mascherato da libertà d’espressione (free speech) che diventa spesso antisemitismo». Le fratture sono esplose alla convention di Turning Point Usa, guidata dalla vedova di Charlie Kirk, dove l’opinionista Ben Shapiro ha denunciato il rischio di un movimento che lascia spazio a «ciarlatani e truffatori» e attaccato Tucker Carlson per aver dato visibilità al suprematista Nick Fuentes, che definisce Hitler «cool». In risposta, Steve Bannon ha definito Shapiro «un cancro che si diffonde». Il Corriere sottolinea la posizione «equilibrista» del vicepresidente Usa JD Vance: «ha ribadito il sostengo a Israele ma si è rifiutato di condannare i tanti che a destra sono ostili agli ebrei e perfino i giovani repubblicani che hanno trasformato Hitler e le camere a gas in occasione per scherzi e sberleffi». Per Vance «non bisogna confondere con l’antisemitismo l’ostilità di molti nei confronti di Israele o delle attuali politiche del suo governo».

Per Guido Vitiello (Foglio) l’«antisemitismo dei buoni sentimenti» o «odio virtuoso» non è una novità, perché l’antisemitismo «marcia da sempre sotto le insegne della virtù». L’antisemita si percepisce come buono perché crede di aver individuato «la fonte del male», oggi il «sionismo mondiale». La vera novità, conclude Vitiello, è che oggi «sta tornando possibile dirsi buoni e antisemiti apertamente, alla luce del sole».

Yassine Baradai, 39 anni, è il nuovo presidente dell’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia – Ucoii, presentato dall’organizzazione come figura di «equilibrio» e promotore del dialogo interreligioso. Libero ricorda però che nel 2020 Baradai definì cristianesimo ed ebraismo «un’eresia» e «uno storpiamento del messaggio originario», parole che provocarono allora lo sdegno anche della Grande Moschea di Roma. Il quotidiano cita inoltre il suo sostegno alla Flotilla per Gaza e un libro sulle «vittime del genocidio a Gaza», mettendo in dubbio la narrazione di un islam moderato.

Durante il passaggio della fiaccola olimpica di Milano-Cortina si sono registrate in alcune città proteste pro-Pal con slogan come «Fuori Israele dalle Olimpiadi». Ne scrive Libero, parlando di contestazioni ai tedofori e di un’escalation che a Sorrento ha coinvolto anche una nave della Guardia Costiera che trasportava la torcia. Per il quotidiano, gli episodi segnano una radicalizzazione delle proteste contro la partecipazione israeliana ai Giochi.

La Global Sumud Flotilla annuncia una nuova missione per la primavera 2026, con «oltre 100 barche e più di tremila persone» dirette verso Gaza, con aiuti e l’intenzione di portare una «presenza civile» stabile al fianco dei palestinesi, inclusa una flotta medica con oltre mille operatori sanitari. Ne scrive il Fatto Quotidiano.

Il Riformista critica l’idea di una «Palestina unitaria e multi-etnica nata dalla dissoluzione di Israele», definendola un «mito presentato come progetto di pace». Secondo il quotidiano non esistono precedenti di stati a maggioranza araba capaci di garantire democrazia stabile e tutela delle minoranze, e chiedere solo a Israele di rinunciare alla propria natura statuale è un «eccezionalismo rovesciato». Sulle stesse pagine si racconta anche il piano di Hezbollah per un «11 settembre marittimo» contro Israele: il gruppo terroristico libanese puntava a usare una nave civile come piattaforma d’attacco per colpire porti o infrastrutture strategiche dello stato ebraico.

Nelle scorse settimane Germania e Israele hanno firmato un maxi accordo militare per il sistema antimissilistico Arrow 3, dal valore complessivo di 6,7 miliardi di euro, il più grande nella storia israeliana. Il Foglio sottolinea che Berlino punta sulla tecnologia israeliana, capace di tassi di intercettazione fino al 95 per cento, per rafforzare la difesa europea dalle minacce balistiche. Secondo l’ex ambasciatore Shimon Stein, la cooperazione militare si fonda sulla «responsabilità storica» tedesca verso Israele ed è destinata a proseguire.

Avvenire racconta l’esperienza della House of Grace di Haifa, un centro nato nel 1982 per il reinserimento di ex detenuti, dove ebrei, cristiani e musulmani convivono e ricevono aiuto senza distinzioni. Anche dopo il 7 ottobre e i danni subiti dalla guerra, la comunità continua a testimoniare «perdono e riconciliazione» in una società segnata dal conflitto, scrive il quotidiano.