DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 24 dicembre 2025
«Non abbandoneremo mai Gaza. Non accadrà. Siamo lì per difenderci e per evitare che quanto accaduto si ripeta», ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Israel Katz durante un evento per l’avvio di nuove costruzioni negli insediamenti di Beit El, in Cisgiordania. Ne parla il Sole 24 Ore, spiegando che Katz ha evocato anche il ritorno degli insediamenti nel nord della Striscia, salvo poi una parziale retromarcia del suo ufficio, che ha ricondotto le parole al solo «contesto di sicurezza». Le dichiarazioni del ministro della Difesa, scrive il Sole, hanno irritato Washington: «Più Israele provoca, meno i paesi arabi saranno disposti a collaborare», avvertono fonti Usa, ribadendo l’impegno di Washington per portare avanti il piano di pace di Trump.
Il Foglio racconta lo stallo sulla seconda fase del piano per Gaza – disarmo di Hamas, nuova governance e ricostruzione – che sta congelando anche il rilancio degli Accordi di Abramo e la normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita. In questo contesto emerge il nome del diplomatico bulgaro Nickolay Mladenov, proposto dagli Emirati come possibile mediatore: una figura «su cui i principali attori possono essere d’accordo», mentre senza un piano concreto per la Striscia «l’intera nuova architettura del Medio Oriente rischia di rimanere immobile». Libero, nel bilancio a un mese dalla tregua, parla di una situazione «per più di un aspetto incoraggiante, ma ancora largamente a rischio». L’azione israeliana e la mediazione americana avrebbero aperto spazi per «un possibile assetto pacifico dell’area», ma il jihadismo «non è ancora del tutto sradicato» e senza una forza di pace e una governance per Gaza «il pericolo che il caos prenda dimensioni non più governabili è grande». Il quotidiano invoca un ruolo più attivo dell’Europa, anche attraverso un accordo quadro tra Ue e Lega araba.
«Su Gaza non siamo noi a definire l’impegno: c’è una coalizione che tenta di costruire una missione difficilissima, molto peggio dell’Afghanistan, e sappiamo quanto l’Afghanistan ci è costato». Così il ministro della Difesa Guido Crosetto, in visita al contingente italiano a Novo Selo, in Bulgaria (Repubblica e Corriere). Gaza, ha spiegato il ministro, resta «una zona non pacificata», con «bunker pieni di armi e milizie attive», dunque ad «altissimo rischio». Sull’eventuale partecipazione italiana alla forza di stabilizzazione, Crosetto ha aggiunto: «Quando ci sarà un progetto, valuteremo: per ora non c’è».
Il Riformista rilancia l’avvertimento del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al summit con Grecia e Cipro: «A quelli che vagheggiano di impiantare nuovamente i loro imperi e il loro dominio sulle nostre terre, io dico: dimenticatevelo», un messaggio rivolto soprattutto alla Turchia. Il quotidiano definisce l’asse trilaterale un «argine economico-tecnologico e difensivo» e un modello di «stabilità e sviluppo» nel Mediterraneo, sottolineando il richiamo al piano Onu per Gaza e alla «ineluttabile esigenza di disarmo di Hamas» come base per qualsiasi ricostruzione.
«Così muore la Palestina», titola Repubblica per descrivere la situazione nei villaggi palestinesi della Cisgiordania, dove «gli avamposti illegali crescono come funghi e i coloni violenti attaccano contadini e pastori per occuparne le terre e impedire la nascita di uno Stato». Il reportage racconta aggressioni quotidiane, famiglie palestinesi costrette a fuggire e una pressione crescente favorita, sostiene il giornale, dalla protezione di polizia ed esercito e dalla svolta a destra del governo israeliano. Sempre su Repubblica, Michele Serra mette in discussione i benefici della tregua a Gaza: la “pace” ha ridotto ma non fermato la violenza e il recente blocco a Save the Children dimostra, sostiene Serra, che l’occupazione è «permanente e inamovibile» e che il governo Netanyahu considera le ong umanitarie un’interferenza da respingere.
Il linguaggio usato dai terroristi dell’attacco antisemita di Bondi Beach – che parlavano di punire i «sionisti» – è lo stesso diffuso in molte manifestazioni occidentali pro Pal, denuncia il Foglio. «Fermiamo il sionismo», «Intifada», «Free Palestine»: slogan identici compaiono nei video dei jihadisti e nelle piazze europee e americane. Il quotidiano parla di un discorso d’odio «tollerato» quando si presenta come antisionismo, ma, aggiunge, «l’unica cosa che separa i terroristi di Bondi dai militanti occidentali è un arsenale».
Candace Owens, capace di unire complottismo, trumpismo e una rilettura distorta di Hitler e della Shoah, è il nuovo volto del mondo Maga, racconta il Foglio. L’antisemitismo è ormai «la vera linea di demarcazione all’interno dei Maga», con Owens che sostiene che Hitler «voleva rendere la Germania great again». Sulle stesse pagine si racconta la spaccatura nell’Heritage Foundation, think tank conservatore da cui si stanno dimettendo interi dipartimenti in polemica con la svolta nazional-populista e le ambiguità dei vertici su figure antisemite come Nick Fuentes, ammiratore di Hitler.
A Londra Greta Thunberg è stata arrestata e poi rilasciata su cauzione per aver partecipato a una manifestazione pro Pal, fermata in base al Terrorism Act. Ne scrivono diversi quotidiani, tra cui il Sole 24 Ore e Libero, raccontando la linea dura del governo britannico contro gli attivisti di Palestine Action: alcuni sono in carcere da oltre un anno senza processo e hanno avviato uno sciopero della fame. Londra difende il bando del gruppo come organizzazione terroristica e respinge le pressioni, avvertendo che «le parole hanno conseguenze».
La Stampa traccia il ritratto di Garry Kasparov, campione di scacchi ed esule dal 2013, oggi nuovamente incriminato in Russia per «incitazione al terrorismo», fino a essere probabilmente «l’uomo più incriminato del paese». Dissidente e oppositore del presidente Vladimir Putin, Kasparov, racconta la Stampa, ha anticipato molte delle derive del Cremlino, pagando con arresti, esilio e isolamento politico. Nel raccontare la sua biografia, il quotidiano torinese ricorda come a 12 anni la madre gli fece cambiare il cognome ebraico del padre, Weinstein, in Kasparov, perché nell’Urss le radici ebraiche avrebbero potuto ostacolare la sua carriera.