DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 30 dicembre 2025

A che punto è la stabilità mediorientale? Quali scenari sono in arrivo? Se ne discute su vari giornali, partendo dall’incontro delle scorse ore tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu nel resort di Mar-a-Lago. «Il problema di fondo è che Israele ha posto fine a questa guerra, dopo due anni, in una sorta di stallo strategico, sia per Hamas, sia per Hezbollah, sia per gli iraniani», dichiara lo storico Benny Morris alla Stampa. «Tutti e tre hanno subito colpi terribili, ma sono ancora in piedi e ora rinnoveranno la minaccia a Israele», aggiunge Morris. Per il politologo Ian Bremmer, ascoltato da Repubblica, «la probabilità di assistere ad ulteriori attacchi contro l’Iran è aumentata: ce ne saranno presto di nuovi e forse gli Stati Uniti parteciperanno, anche perché Trump sa che quel tipo di azioni è popolare in Israele e fra l’elettorato ebraico statunitense». Per quanto riguarda la situazione a Gaza, Bremmer ritiene improbabile «che si passi alla fase due in tempi brevi e, di sicuro, all’orizzonte non c’è alcuno Stato palestinese né normalizzazione con l’Arabia Saudita». Secondo Fiamma Nirenstein (Il Giornale), «Bibi va a casa ricco del sostegno basilare di Washington caput mundi anche nelle diversità, anche se Trump vuole cominciare la ricostruzione di Gaza: ma occorre che a Hamas vengano tolte le armi, secondo l’accordo del 29 settembre, e solo Israele è disposto a farlo». Israele ha intanto riconosciuto il Somaliland, nonostante la contrarietà di Trump. Tra gli interessi dello Stato ebraico, sottolinea il Corriere della Sera, c’è quello di «creare un avamposto per l’Idf (Marina, aviazione) e per l’intelligence che può servire a contrastare gli Houthi filoiraniani». Non a caso, il gruppo terroristico yemenita «ha subito minacciato ritorsioni». L’argomento è affrontato anche dal Foglio, in un articolo sul Somaliland in cui si definiscono gli Houthi «gli ultimi proxy di Teheran» ancora in grado di disturbare Israele «dopo i colpi a Hamas e Hezbollah e la caduta di Assad».

Gli arresti legati all’infiltrazione di Hamas in Italia restano in primo piano fra trame oscure e nuove piste. La pace a Gaza «come un ostacolo per la raccolta e i trasferimenti di soldi dall’Italia» è l’ipotesi e «forse anche qualcosa di più» ad emergere dalle intenzioni degli accusati, racconta tra gli altri il Corriere. È in ogni caso la convinzione del gip genovese Silvia Carpanini che, viene ricordato, «ha ordinato il carcere per i vertici delle tre associazioni di beneficenza con sedi a Genova, Milano e Roma dalle quali sono partiti oltre sette milioni di euro destinati al Movimento di resistenza islamica, a disposizione anche dell’ala militare».

Attorno alla vicenda non si placa la polemica politica. «La questione profonda, in area dem, è non aver capito che fra le migliaia di persone scese in strada a manifestare per la Palestina si è sempre annidata una parte vergognosamente giustificazionista, se non favorevole, nei confronti di Hamas». A dirlo al Foglio è l’ex parlamentare Emanuele Fiano, attuale presidente di Sinistra per Israele. «Far coincidere il diritto all’esistenza di Israele con la condanna delle azioni intraprese dal governo Netanyahu è, a dir poco, un errore», dichiara al Tempo l’onorevole Sandro Gozi, segretario del Partito democratico europeo. Gozi dice di avere vergogna «di una sinistra che sbaglia quotidianamente». Per Stefano Folli (Repubblica), «la politica estera del centrosinistra trasmette spesso un’idea di confusione» e il tema Hannoun è emblematico perché «un infortunio può capitare, ma solo se si è rapidi a mettere un cerotto sulla ferita». Viceversa, accusa Folli, «abbiamo assistito a una lunga frequentazione con un personaggio equivoco, la cui ambiguità era palese».

Quale è l’obiettivo della Fratellanza Musulmana in Occidente? Il Tempo lo ha chiesto al direttore dell’Isgap, Charles Asher Small, il quale risponde: «Infiltrare le le nostre società democratiche aperte per influenzare la nostra cultura civile, minare e distruggere le nostre libertà». Eversivi, propal ed estremisti antagonisti «si sono uniti nella lotta armata contro Israele, ebrei e il governo italiano», sostiene l’ex capo del controspionaggio italiano Marco Mancini in un colloquio con il Riformista. Per Mancini è necessario «continuare l’azione di contrasto portata avanti dalle nostre forze di polizia».