Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     23 Giugno 2021 - 13 Tamuz 5781

LE RACCOMANDAZIONI DESTINATE A POLITICI E MONDO DELLA SCUOLA

Shoah e distorsione, in italiano le linee guida dell’Ihra

Menzogne e strumentalizzazioni sulla Shoah sono sempre più all’ordine del giorno. Un’emergenza senza confini che ha portato la Germania a farsi promotrice, all’interno della International Holocaust Remembrance Aliance, di una task force con l’obiettivo di contrastare, attraverso una serie di raccomandazioni, “bugie e fatti distorti”. Linee guida universali, sviluppate nel segno di una consapevolezza forte: “I riferimenti alla Shoah che illustrano in modo sbagliato e distorto la sua storia e la sua rilevanza sono un insulto alla memoria e alle esperienze delle vittime e dei sopravvissuti”. E inoltre: “La distorsione della Shoah erode la nostra comprensione della sua storia e nutre teorie complottiste, pericolose forme di nazionalismo, negazionismo e antisemitismo”. 
Grazie al lavoro della delegazione coordinata dall’ambasciatore Luigi Maccotta, del documento è stata tratta una versione anche in italiano. Con alcuni contributi aggiuntivi, che aiutano a contestualizzare sfide e prospettive anche a livello locale. Come quello del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che in un suo testo introduttivo auspica “una diffusa azione divulgativa sul territorio, con il coinvolgimento dei diversi livelli di governo perché tali temi non siano mai tralasciati”. Un impegno, ricorda, che riguarda “la società civile nel suo insieme, le istituzioni tutte, i Corpi dello Stato”. Con l’auspicio che la strategia che si andrà a intraprendere “sia realizzata in un’ottica strutturale e sistemica, investendo progressivamente ulteriori risorse ed energie, puntando sul progressivo arricchimento della documentazione e sulla divulgazione di pubblicazioni”.
L’ambasciatore Maccotta è soddisfatto: “Si tratta di un risultato molto importante, cui hanno contribuito diversi membri della delegazione. In particolare Simonetta Della Seta, che si è fatta interprete di questo sforzo corale”. I destinatari delle raccomandazioni saranno politici, docenti, mondo della scuola. “Un target mirato, cui ci rivolgeremo con un’attività di comunicazione dedicata. Anche attraverso dei seminari di formazione”, evidenzia l’ambasciatore.

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L'OBIETTIVO DELLA SQUADRA ISRAELIANA DI CICLISMO 

Israele al Tour de France
“Puntiamo a vincere una tappa”

“Con una vittoria di tappa il nostro bilancio sarebbe già positivo”.
Parola di Rik Verbrugghe, direttore sportivo della Israel Start-Up Nation. Mancano poche ore alla partenza del prossimo Tour de France: una conferenza stampa è l’occasione per mettere a fuoco sogni e prospettive del team israeliano. Presenti i due assi della squadra, in corsa per il secondo anno consecutivo: il canadese Michael Woods, che ne sarà il capitano. E il britannico Chris Froome, nei panni per lui inediti di gregario. Con loro anche Omer Goldstein, campione israeliano nel 2020. Per lui è un esordio.
L’ambizione, quando fu ufficializzato l’ingaggio di Froome, era un’altra: portare a casa la corsa. I guai fisici del campione inglese, che il Tour l’ha vinto quattro volte, hanno tolto concretezza a questa ipotesi. Qualcosa di impensabile, allo stato attuale. “Ma – ha detto Verbrugghe – da lui mi aspetto comunque molto”.
Lo spirito è quello di sempre, battagliero. “Proverò, dopo tanti anni, un’esperienza nuova. Per una volta sarà bello stare dall’altra parte, senza la pressione del capitano. Cercherò di restituire tutto quello che ho ricevuto”, ha affermato in risposta alle domande dei giornalisti collegati. Spazio poi alle emozioni: “Il Tour mi è mancato”.

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LA MISSIONE NEGLI STATI UNITI DEL CAPO DI STATO MAGGIORE KOCHAVI

"Con l'Iran, Usa non ripetano l'errore del 2015" 

L'attuale accordo sul nucleare ha fallito in diversi punti. Ha consentito agli iraniani di fare significativi progressi nella qualità e quantità delle centrifughe e nell'ammontare dell'uranio arricchito. Si è rivelato insufficiente sotto il profilo della supervisione dello sviluppo dell'arma nucleare. Non ha previsto un argine alla corsa all'armamento iraniano sul fronte del suo arsenale balistico. Questo deve cambiare. Almeno questo quanto ha chiesto, secondo un comunicato dell'esercito israeliano, il capo di Stato maggiore Aviv Kochavi in visita al Pentagono. In questo incontro, arrivato a pochi giorni dall'elezione in Iran del ultraconservatore Ebrahim Raisi, Kochavi ha ribadito la posizione ufficiale dell'intelligence israeliana: no al ritorno Usa all'accordo del 2015 sul nucleare. Un ritorno a cui Washington sta lavorando in questi mesi a Vienna, ma con la porta aperta ad alcune modifiche.
Kochavi, si legge nella nota, “ha spiegato la minaccia rappresentata dal ritorno all'accordo originale e ha sottolineato che dovrebbero essere adottate tutte le misure necessarie per impedire all'Iran di raggiunge capacità militari nucleari”. La visita di Kochavi negli Usa anticipa di una settimana quella del Presidente israeliano Reuven Rivlin, che si recherà a Washington per incontrare il Presidente Joe Biden. Rivlin, concludendo il suo mandato, sarà anche il primo alto politico israeliano ad incontrare Biden dalla sua entrata in carica nel gennaio scorso.

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IL MONDO EBRAICO E LA PESTE IN UNA DOCUMENTATA TESI DI LAUREA

L’epidemia e la lezione del 1630
“Una risposta nel segno dell’unità”

“Ne moriva uno, doi, tre al giorno”.
Undici settembre 1630, la peste letterariamente eternata da Manzoni nei Promessi Sposi entra anche nel ghetto di Padova. Avraham Catalano, rabbino e personalità insigne del tempo, ci ha lasciato una testimonianza vivida di quei giorni. Un manoscritto in italiano, che ha viaggiato per migliaia di chilometri ed è stato ritrovato presso la Columbia University.
Rebecca Locci ha scelto di farne il perno della sua tesi di laurea magistrale in Scienze storiche, discussa nelle scorse ore presso la gloriosa Università patavina.
“La gestione della peste del 1631 nel ghetto di Padova attraverso la cronaca di Avraham Catalano”, premiato con il voto più alto, 110 e lode, è anche il primo tentativo di raccontare la vita, in tutte le sue sfumature, di questa grande figura. A partire dal confronto con quella prova estrema. Spunti di riflessione preziosi nel momento in cui l’umanità intera affronta una nuova epidemia, con la speranza (anche se non, ovviamente, la certezza) di aver messo il peggio alle spalle.

Al centro anche l’importante contributo dei medici ebrei, in prima linea contro il morbo come i loro colleghi cristiani. Figure “ponte” con un proprio percorso di formazione sia in yeshivah sia nelle aule dell’Università, una delle poche in Europa e l’unica in Italia a non chiuder loro le porte in faccia nonostante la separazione abitativa sancita all’inizio del secolo (1601). Locci si focalizza su quattro figure, i laureati dell’anno accademico 1623-24. Simbolo di una generazione “fedele alle proprie tradizioni” ma al tempo stesso legata in modo indissolubile alla città e coinvolta nel medesimo appassionato sforzo contro “una delle più violente ondate di peste dell’epoca moderna”.

(Nell’immagine in alto una delle pagine del manoscritto del rabbino Avraham Catalano;
in basso Rebecca Locci festeggia la laurea)

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QUI TORINO

Piemonte ebraico, ricordi di famiglia

Una storia che parte da lontano quella raccontata nella serata organizzata dall’associazione culturale Anavim di Torino, in occasione della presentazione del volume di Simona Weisz Levi de Veali. Ricordi ed eventi che ne fanno una storia, pubblicato per i tipi di Editris. A parlare dell'opera, Chiara Pilocane, Elena Ghiron e Sandra Reberschak.
Il libro della Weisz parte da lontano, perché, prima di entrare nella storia più recente incentrata sulle “signorine de Veali”, ossia le tre figlie dei Baroni Arnaldo e Marcella Levi Deveali, (Lydia Levi, Elena Mayer e Sandra Weisz, madre dell’autrice) si addentra nella storia, davvero singolare, degli antenati Rabbini.
Singolare perché nel XVIII secolo Elia di Salomone ha-Levi de Veali o Levi Deveali (1713–1792) fu il primo di una dinastia di rabbini che aggiunsero al cognome originario la metatesi del nome ebraico Eliyahu.

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QUI TRIESTE

La Scala, il ’38 e il grande ritorno di Veneziani

Il nome di Vittore Veneziani (1878-1958) è principalmente legato al Teatro alla Scala di cui è stato a lungo direttore di coro. Il fortunato idillio milanese, tuttavia, fu forzatamente interrotto dalle leggi antisemite del ’38 che lo costrinsero ad abbandonare la professione e a rifugiarsi in Svizzera. Rientrato in Italia all’annuncio della liberazione, mentre la Scala giaceva tra le macerie, riprese la sua attività col memorabile concerto dell’11 maggio del 1946, accanto ad Arturo Toscanini. Tuttavia in pochi sanno che una delle vocazioni del maestro fu quella della composizione, studiata a Bologna con Giuseppe Martucci e testimoniata da numerosi lavori giovanili. Il suo catalogo, tutt’altro che esiguo, comprende parecchie pagine corali, quattro melologhi per voce recitante e orchestra, alcune opere liriche, composizioni sinfoniche e cameristiche e una serie di trascrizioni per coro di canti popolari e melodie ebraiche. Significativa la collaborazione intrapresa in questo ambito con lo scrittore veneto Guido Pusinich (1908-1966), della quale pure non restano documenti o scambi epistolari, probabilmente perché si conobbero e frequentarono nel periodo in cui Veneziani era docente di canto corale a Venezia. 

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Ticketless - Pantera nera
Il libro di Anna Foa e Lucetta Scaraffia, Anime nere. Due donne e due destini nella Roma nazista (Marsilio) mi ha tenuto compagnia questa settimana, ma anche le Scorciatoie di Umberto Saba, la n. 131 per la precisione. Nella serie di ottime presentazioni promosse dalla Biblioteca di storia contemporanea di Roma ho pure ascoltato un’interessante discussione del libro di Foa-Scaraffia, accessibile in rete. Vi hanno partecipato, oltre alle autrici, due competenti presentatori: Amedeo Osti Guerrazzi e Roberto Pertici. Le due donne sono Celeste Di Porto, una giovane ebrea amante di un fascista che aiuta a scovare nel ghetto i suoi stessi vicini di casa, che con disprezzo chiamano “Pantera nera”, e Elena Hoehn, accusata di spionaggio, colpevole di aver dato rifugio a un carabiniere ricercato per aver arrestato Mussolini dopo la sua destituzione. Nel dopoguerra le loro vite si incrociano. 
Alberto Cavaglion
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Il Jazz di Alì, dall'Africa a Varsavia
Nascono prima le idee a unire uomini e Paesi; poi arrivano trattati e protocolli.
L’Unione Europea [Europäische Union] è un’idea che unisce uomini e Paesi e nacque a Berlino il 15 luglio 1943, in piena guerra e nel cuore della Germania nazionalsocialista; era un’organizzazione resistenziale antifascista costituita da Georg Groscurth, Robert Havemann, Paul Rentsch, Herbert Richter e altri. Credeva in un’Europa libera, unita e ispirata ai valori del socialismo democratico. 
Francesco Lotoro
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Periscopio - Dante e il mosaico di Otranto
Nei miei ultimi tre interventi, del 2, 9 e 16 giugno, ho avuto modo di trattare il complesso ed enigmatico problema dei possibili nessi di derivazione tra la Commedia di Dante e il poema l’Inferno e il Paradiso, di Immanuel Romano (contemporaneo del fiorentino), nonché il mosaico pavimentale del duomo di Otranto, realizzato dal monaco Pantaelone (circa centotrenta o centoquarant’anni prima). Come ho già detto, non c’è alcuna prova che Dante abbia letto l’opera di Immanuel, né che lo abbia personalmente conosciuto, così come non c’è prova che sia mai stato in Puglia, e che abbia potuto vedere il mosaico, ma che questa influenza ci sia stata è stato argomentato, con solide argomentazioni, da studiosi quali Giorgio Battistoni (per Immanuel) e Bruno Lucrezi e Grazio Gianfreda (per Pantaleone).
Francesco Lucrezi
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