Lehman Brothers: il tramonto di un mito
Con il crack di Lehman Brothers è crollata ieri la quarta banca d’affari del mondo e forse una delle più caratterizzate dal punto di vista ebraico fin dalla sua fondazione.
Quella di Lehman Brothers è la più classica delle storie americane, con un inizio difficile ma miracoloso, un successo stellare e un crollo inaspettato quanto verticale, la bancarotta più grave che si ricordi.
Con ieri, quando il presidente Richard Fuld ha chiesto per la società l’amministrazione controllata, è finita l’era inaugurata ben 158 anni fa da Henry Lehman, giovane ebreo immigrato negli Stati Uniti dalla Baviera e affiancato poi, nella costruzione di quello che è stato uno dei colossi finanziari più importanti del mondo, dai fratelli Emanuel e Mayer, i Lehman Brothers, appunto, succeduti poi, nell’azienda, da altre cinque generazioni di discendenti.
I fratelli Lehman iniziarono la loro attività come commercianti di cotone e, circa a metà del 1800, contribuirono a creare una Borsa del Cotone in America che, dopo una veloce parentesi nelle ferrovie, si avviò a diventare un’importante banca di investimenti grazie ad una iniziale storica alleanza con Goldman Sachs.
Nei primi anni del secolo scorso il gruppo, ancora a gestione familiare, sebbene guidato dall’esterno John Hancock , riescì a superare semi indenne la grande crisi del 1929 e, alla scomparsa di Robert Lehman junior, un nipote degli storici “fratelli”, nel 1969, la guida della società venne affidata a Pete Peterson, che fu in grado di raggiungere profitti record in pochi anni trasformando la Lehman Brothers in una vera e propria banca.
Gli anni ottanta videro l’ascesa, a fianco a Peterson, di Lewis Gluckman, che in poco tempo e dopo vari scontri con il Presidente in carica divenne amministratore unico del colosso finanziario. Sono anni turbolenti, in cui, a fianco ad una fervida attività di investment banking, la Lehamn Brothers attraversa momenti di crisi che la costringono a fondersi con la American Express, dalla quale verrà poi scorporata solo nel 1994.
E’ nel corso del 2007 però che le acque si intorbidiscono a causa della crisi dei mutui subprime: la banca perde 25 milioni di dollari e taglia 1.200 posti di lavoro dopo aver chiuso la Bnc Mortgage, che si occupava proprio dei subprime .
Nonostante gli sforzi fatti e gli esuberi, però, nel 2008 la crisi dei subprime diventa inarrestabile e le azioni di Lehman Brothers perdono oltre il 97 percento del loro valore arrivando a costare meno di quattro dollari l’una.
Negli ultimi mesi o giorni, dopo aver invano sperato che alcuni investitori coreani acquistassero il 25 percento della società, la banca “dei fratelli” ha atteso che la Fed, il Tesoro e il governo statunitense formassero una cordata americana guidata da Bank of America per rilevare per intero Lehman Brothers; quando però anche questa speranza si è spenta e Bank of America ha annunciato di essere interessata ad acquisire l’altro titano agonizzante, Merril Lynch, ed è arrivata anche la notizia che gli inglesi di Barcleys si ritiravano, a Richard Fuld non è rimasto che dichiarare bancarotta, spegnere le luci dell’edificio di Times Square dove la banca si era trasferita dopo l’undici settembre e mandare a casa venticinquemila dipendenti, il cui stipendio, tra l’altro, era composto in una porizione variabile dal dieci al sessanta percento di stock options sulle azioni della banca stessa.
Nathania Zevi