Israel…

Chi era lo sconosciuto avversario con cui Yaakòv lotta tutta la notte? All’inizio di questo incontro inquietante e misterioso la Torah lo definisce come “un uomo”
(Bereshìt, 32; 25), mentre alla fine della storia lo descrive come “ un angelo”, “penuel” (Bereshìt, 32; 32). Gli esegeti si dividono tra chi sostiene che fosse l’angelo protettore di Esàv e chi invece propende per identificarlo con l’angelo protettore di Yaakòv stesso. Yaakòv assalito dal suo proprio custode. Una specie di io sdoppiato di Yaakòv. L’io che in lui dubitava della sua missione del suo avvenire della sua ragione di essere, quello che in lui dichiarava, non merito niente, non valgo meno di niente, non sono degno dei miei antenati e di miei discendenti. A questo punto assistiamo allo scontro tra Yaakòv e Yaakòv, ma i due Yaakòv in quella notte si ricongiungono. Il sognatore eroico e l’eterno fuggitivo, l’uomo scialbo e ingannatore e il fondatore di una nazione la cui elezione non è solo privilegio ma soprattutto lotta e impegno e quindi dignità. Yaakòv aveva vissuto talmente a lungo nell’ambiguità che non riusciva più a vedere chiaro, non distingueva più il protettore di Esàv dal proprio. Ma quando l’alba spunta diviene Israel, dovrà passare la notte, arrivare fino in fondo al confronto, alla solitudine e all’angoscia per essere degno di questo nome.

Roberto Della Rocca, rabbino