Qui Milano – Il grande disegno dimenticato
Aule, corridoi, uffici, depositi. Nei decenni gli spazi del complesso scolastico della Comunità ebraica di Milano, inaugurato nel 1962, sono stati assegnati, riassegnati e modificati. Oggi il Consiglio comunitario discute una riorganizzazione generale dell’edificio, per accogliere il trasferimento dell’Ufficio rabbinico e l’ampliamento dello spaccio di carne e prodotti kasher a prezzi calmierati, che riscuote sempre maggiore successo tra gli iscritti. Ma proprio sui muri dello spazio che oggi ospita il punto vendita, dietro agli scaffali carichi di vino e dolci, dietro ai congelatori e alle scatole di cartone, è rimasta nascosta un’opera che rappresenta un pezzo di storia, della scuola e della Comunità. Si tratta di metri e metri quadrati di pannelli di legno dipinti che insieme formano un grande murales realizzato dagli alunni della scuola cinquant’anni fa, nel periodo del trasferimento dal vecchio istituto di via Eupili al nuovo in zona Bande Nere. “Ci fu un concorso. Ognuno doveva presentare il proprio disegno, e i migliori venivano selezionati per essere ricopiati sui pannelli di legno che sarebbero andati a comporre il murales” racconta Sabina Schkolnik Saad, che fu una delle studentesse vincitrici. Tema scelto era “Vita di campagna e vita di città”. Così, nel disegno fanno capolino fabbriche ed edifici, prati e montagne, persino una riproduzione della stessa scuola ebraica, l’istituto Alessandro Da Fano, com’era al tempo della sede di via Eupili, con le ferrovie, i pulmini scolastici e la Topolino blu del preside parcheggiata davanti. A curare la realizzazione dell’opera, la docente di educazione artistica Adele Friedenthal. “Ricordo con grande affetto la professoressa Friedenthal. È anche grazie alla sua fiducia che decisi di proseguire i miei studi dopo le medie all’Accademia di Belle Arti di Brera, visto che alla scuola ebraica non c’era il liceo artistico” spiega ancora Sabina, che dopo la maturità si trasferì in Israele, e dopo vent’anni passati a occuparsi di agricoltura in un moshav, è tornata alla sua prima passione ricevendo una borsa di studio dal Ministero israeliano per l’Educazione e tornando a fare l’artista, esperta in particolare di arte ebraica. “Io dipinsi lo stadio e la parte sottostante, probabilmente influenzata dalla passione per il calcio di mio padre, che all’epoca, tifosissimo dell’Inter, andava a San Siro per tutte le partite”. Il pannello dipinto da Sabina è ancora ben visibile, così come la denominazione “Stadio Schkolnik”. Così infatti gli alunni firmavano le opere, attribuendo i propri nomi alle varie strutture: “Opera Igel Lia” si legge sul teatro, e poi ancora Fabbrica Netzer, Moskowitz, Frigoriferi Fresko, e tanti altri. Purtroppo il disegno che racconta con gli occhi dei bambini la vita ebraica milanese dei primi anni ’60, i colori che per tanti anni li hanno accolti nell’atrio che costituiva un tempo l’ingresso delle scuole medie, che hanno fatto da sfondo a centinaia di foto di classe, oggi rimangononascosti e poco visibili. “Quando mi è capitato di tornare a Milano e di passare per la scuola mi sono rattristata ‐ racconta con rammarico Sabina, che oggi ha quattro figli e otto nipoti e vive nel piccolo moshav Ramot Meir a pochi chilometri da Rehovot – Grazie a internet e ai social network ho ritrovato molti contatti di compagni di scuola. Sarebbe bello riuscire a fare qualcosa per sensibilizzare la Comunità a valorizzare di nuovo il nostro murales”. È probabile che nella riorganizzazione degli spazi l’area in cui si trova adesso il disegno (e lo spaccio) debba subire profonde trasformazioni strutturali. Quale migliore occasioni per ricollocare il murales e riportarlo all’antico splendore?
(Nelle immagini sopra, il murales dipinto da alcuni allievi della Scuola della Comunità ebraica all’inizio degli anni ‘60: nella foto a sinistra una dei giovani artisti, Sabina Schkolnik Saad, nella foto a destra il murales oggi)
r.t. Italia Ebraica, ottobre 2013
(9 ottobre 2013)