16 ottobre – Rav Riccardo Di Segni: “Siamo qui a condividere un impegno”

di segniIl rabbino capo della Comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni ha pronunciato, in occasione della cerimonia per la commemorazione del settantesimo anniversario del 16 ottobre 1943 presieduta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il seguente discorso:

La giornata del 16 ottobre di settanta anni fa fu il momento più drammatico nella persecuzione degli ebrei italiani e romani in particolare. Schematizzando potremmo dire che in questa persecuzione vi furono tre fasi. La prima, che iniziò cinque anni prima, con le leggi razziali del governo fascista firmate dal re, che tolsero la dignità di cittadini agli ebrei italiani; la seconda, la razzia del 16 ottobre, in cui più di mille persone vennero catturate per essere deportate ad Auschwitz; la terza, che proseguì fino alla liberazione, in cui un altro migliaio di ebrei romani fu catturato e consegnato ai nazisti. In quest’ultima fase fu decisivo l’apporto italiano di sostegno al terrore, basato su delazioni e denunce, autorità colluse coi nazisti, bande fasciste. Se il 16 ottobre fu tutto tedesco e nazista, il resto, e non è poco, fu purtroppo italiano e fascista. Nella lunga storia di permanenza ebraica a Roma e in Italia, i nostri antenati avevano sperimentato ogni sorta di umiliazione e restrizione; ma la loro vita era stata in pericolo solo in momenti particolari. Quello che successe il 16 ottobre a Roma e in quei mesi nell’Italia occupata non si era mai visto. Nella sua enormità e nel suo orrore ancora ci stupisce. Tanto più stupiva chi viveva quei giorni e incredulo non ne ammetteva l’evidenza, rischiando per questo la vita. Molti di più si sarebbero salvati se avessero compreso la gravità della situazione. I nazisti hanno rotto un equilibrio di convivenza millenario, ma non sono stati solo loro, sono stati anche i nostri concittadini. Trasformare questo paese amato, queste strade percorse da una catena ininterrotta di generazioni legate ed affezionate ad ogni pietra, in una terra che all’improvviso ti vomita come corpo estraneo o ti divora è stato un crimine istituzionale, un tradimento che aggrava ulteriormente il peso dei delitti perpetrati.
Settanta anni. Nell’immaginario e nel simbolismo ebraico il numero settanta indica un gruppo grande e uniforme, malgrado le differenze interne. Sono settanta nella Bibbia i discendenti di Noè, che danno origine ad altrettanti popoli, come sono settanta gli ebrei scesi in Egitto; in pratica settanta rappresenta l’umanità intera, divisa nelle diversità dei vari popoli, che si rispecchia come microcosmo nelle famiglie di Israele. Un destino comune deve legare e unire queste settanta anime diverse. Il progetto biblico è armonico, ma l’umanità spesso va contro questo progetto. E se cerchiamo un esempio di drammatica rottura di questa armonia, gli avvenimenti che oggi ricordiamo ne sono la rappresentazione più sconvolgente.
Settanta anni, secondo il libro dei Salmi (90:10) rappresentano la durata della vita di un uomo. Una cifra che un tempo rispecchiava la realtà, oggi riusciamo a superarla. Secondo la tradizione, quel Salmo è uno dei più antichi, a scrivere quella frase è stato Mosè, che voleva sottolineare la caducità della condizione umana. Il simbolo di questa immagine risalta con evidenza oggi. Su quei fatti che oggi ricordiamo è ormai trascorsa una vita completa, anche questa non semplice e senza preoccupazioni, ma almeno senza gli apici dell’orrore vissuto, almeno da queste parti. E’ bene e doveroso che se ne mantenga viva la memoria, che tutti insieme si operi per guarire e riparare, le vecchie ferite e quelle nuove, che purtroppo oggi si aprono anche davanti ai nostri occhi. Siamo qui insieme a condividere un impegno.
Grazie per la vostra presenza.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

(16 ottobre 2013)