Cultura e istruzione per difendere la Memoria
Si fa più intenso ed entra nel vivo, come è bene che sia, il dibattito su quali siano gli strumenti più efficaci e compatibili con un sistema libero e democratico come il nostro, per combattere il razzismo, il negazionismo, la discriminazione e le azioni di propaganda di chi si richiama alle ideologie dell’odio e del genocidio.
Ne discutono gli storici e i giuristi italiani, ne discute il mondo politico, ne discute il Parlamento, chiamato ad adeguare il nostro sistema legislativo alle direttive europee che hanno trovato applicazione già in altri stati.
Gli ebrei italiani devono vedere con favore ogni contributo di pensiero proveniente da studiosi di valore e devono respingere con decisione le tesi e le azioni di chi vorrebbe approfittare del dibattito per banalizzare e svalutare la Memoria.
L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha più volte ribadito che la Memoria si tutela al meglio, ma soprattutto si difende nel modo migliore privilegiando le armi della cultura e dell’istruzione, impegni perenni e prioritari che nessuno potrà mai porre in secondo piano anche perché le leggi stesse devono sempre trovare una solida base nella coscienza collettiva.
E’ un impegno che deve coinvolgere tutti i cittadini, perché si tratta di difendere un patrimonio che appartiene non solo agli ebrei, ma all’intera società.
Per questo intendo coinvolgere le strutture dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nel rivolgere un pressante appello e invitare a un confronto e a una collaborazione diverse categorie che in un modo o nell’altro si trovano in prima linea nella diffusione di cultura e di informazione nella nostra società. Certo gli educatori e i docenti italiani, certo gli intellettuali, certo i giornalisti. Ma anche coloro, come i bibliotecari e gli addetti alla vendita di libri e di giornali, che a contatto con la popolazione svolgono attività di diffusione e che inconsapevolmente si trovano spesso a essere strumento di chi pubblica appelli all’odio e all’ignoranza. Sono sicuro di trovare comprensione nelle loro associazioni di categoria, fra i loro amministratori, fra chi porta la responsabilità di piccole e grandi aziende che diffondono cultura e informazione.
Ogni cittadino che ha cara la libertà e la dignità della società in cui vive deve fare la propria parte. Deve domandarsi che cosa vogliono davvero i negazionisti. Come possono realisticamente sperare di offuscare le coscienze della gente, di mistificare la storia fino al punto di insinuare dubbi su realtà storiche inconfutabili. Certo la loro attività potrebbe anche apparire un vano e oscuro esercizio di follia, ma sbaglierebbe chi pensasse che nel loro mondo si muovano soltanto menti esaltate, dedite a spandere i loro deliri. Operano in mezzo a loro anche individui bene accorti, che sperano di ridurre l’ebraismo a una realtà perennemente sulla difensiva, un mondo disperatamente impegnato solo sul passato, mentre al contrario il nostro impegno è, e deve essere, vivere la vita, e nella vita i valori ebraici, essere padroni del nostro tempo e delle nostre energie, non lasciarci condizionare l’agenda da chi ha la vocazione a seminare odio.
Questo è forse il bene più importante da difendere contro chi vorrebbe offendere la Memoria. Perché la Memoria, nella dimensione ebraica, è da sempre la sorgente della vita.
Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, La Stampa 27 ottobre 2013
(27 ottobre 2013)