Pesach 5775 – Una caramella di matzah

Caramelle di matzah Cioccolato, caramello, e il gioco è fatto: anche l’azzima si può trasformare in una caramella. Oggi quello che in inglese viene chiamato ‘matzo buttercrunch’ (in italiano qualcosa di simile a ‘croccante di matzah’) è una presenza fissa in qualunque libro, blog, sito, giornale di cucina che proponga ricette per Pesach, ma quasi nessuno conosce la storia di dove questa ricetta sia nata e di come sia stata assorbita dagli implacabili meccanismi della viralità.
Era Pesach del lontano 1983, e il piccolo Jonathan a Montréal meritava di mangiare dolcetti che potessero davvero piacergli. Sua mamma, Marcy Goldman, di mestiere all’epoca faceva infatti la pasticcera e scrittrice freelance di cucina: “Ci eravamo abituati ad accontentarci di dessert cattivi, e a lamentarci o stringere le spalle, ma come pasticcera e come mamma ho pensato di poter fare di meglio”, ha raccontato Marcy. Così, basandosi su una ricetta che in origine prevedeva l’uso di cracker per fare delle specie di caramelle mou, e sostituendoli con la matzah, la spezzettò e unì in poche rapide mosse a un mix di caramello e cioccolato. Et voilà.

Al seder di quell’anno le sue caramelline furono divorate dagli ospiti in pochi secondi, così resasi conto della riuscita Marcy pubblicò la ricetta l’anno dopo sul giornale The Montreal Gazette, e nel 2008 nel suo libro A Treasury of Holiday Baking, un successo editoriale in tutto il Nord America dove oggi la ricetta è davvero un classico. Ma la vera svolta fu internet: citandone l’ideatrice, nel 2008 l’autorevole sito The Kitchn e il blog dello chef parigino David Lebovitz pubblicarono la ricetta con leggere variazioni. E poi nel 2009 il celebre Smitten Kitchen di Deb Perelman pubblicò la ricetta delle caramelle sia nella loro versione standard sia in quella casher lepesach di Marcy, e il post ebbe una tale risonanza che da quel momento in poi la sua diffusione non si fermò mai più. Siti e blog se ne appropriarono senza remore, la ricetta diventò virale e ormai compare in tutto il web con i nomi più vari, solo che quello di Marcy non è più stato riportato e a lei non è facile risalire.

Non che questo successo non la faccia sentire orgogliosa, ma naturalmente Marcy, che nel frattempo ha scritto diversi altri libri e aperto il sito betterbaking.com, affermandosi come pasticcera conosciuta e apprezzata, sente che qualcosa le è stato sottratto senza la sua precisa volontà. “Negli anni – dice – quante volte persone sono venute da me sapendo che sono una pasticcera, e dicendomi di avere qualcosa da farmi provare mi hanno mostrato le mie stesse ricette”.

Il problema sorge nel momento in cui il naturale atto sociale di condividere una ricetta comincia a invadere il campo professionale di qualcun altro. “Penso che le persone non capiscano fino in fondo che sviluppare ricette possa essere un mestiere, e che quando qualcuno viene fuori con qualcosa di davvero inedito ne sia orgoglioso, ed è dunque poi difficile vedere la sua ricetta dappertutto ma senza che gli venga attribuita”, spiega Dianne Jacobs, scrittrice del blog e omonimo libro Will Write for Food, che parla appunto di scrittura in ambito culinario.

Marcy, che quest’anno aprirà un suo ristorante insieme all’ormai trentenne figlio Jonathan, dal canto suo nel 2013 ha trovato il modo di tutelare il suo lavoro dalle insidie del web. Ha infatti deciso che chi vuole leggere le ricette pubblicate sul suo sito – tranne alcune, tra cui le caramelle di matzah – deve pagare poco più di due dollari, con la possibilità anche di sottoscrivere abbonamenti. E alle naturali proteste ha risposto: “Si tratta di un contributo simbolico, è un modo per dare valore al mio lavoro. Ma in ultima analisi bisogna imparare a fare dei propri problemi un punto di forza e capire che la propria reputazione è più grande di qualunque singola ricetta”.

Francesca Matalon

(31 marzo 2015)