sheva – melamed
Dalla musica a cinema e teatro
Portare la bellezza ai bambini

shevaMel 160205Apre con Sarab, che in arabo significa oasi, il un programma di educazione musicale per le comunità beduine del Negev che dal 2015 coinvolge decine di bambini in età scolare, il nuovo numero di sheva – melamed, il settimanale che la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane dedica all’educazione e al mondo della scuola. La musica è un antidoto perfetto: sviluppa la creatività e stimola ad apprezzare la bellezza; crea un senzo di identità e di appartenenza che unisce gli individui e li porta a collaborare per un comune obiettivo. L’educazione musicale insegna attenzione, perseveranza e concentrazione, e oltre ad avere un effetto positivo sui risultati scolastici in tutte le materie regala ai bambini competenze preziose che saranno utili anche più tardi nella vita. Inoltre imparare a suonare uno strumento richiede tempo, e li tiene fuori dai guai. La musica può essere l’inizio di uno stile di vita diverso e migliore per la comunità beduina, e diventare la base di una nuova e positiva collaborazione con le comunità ebraiche locali.
Novità intanto per il Limmud, l’organizzazione che ogni anno raduna nel Regno Unito migliaia di persone da tutto il mondo per quella che alcuni chiamano “la madre di tutte le conferenze”, una settimana dedicata all’apprendimento dell’ebraismo, con lezioni, laboratori, performance e molto altro. A pochi giorni dall’entrata in carica del nuovo presidente David Hoffman, l’organizzazione ha nominato anche un nuovo direttore: si tratta di Eli Ovitz.
Il consueto commento alla rassegna stampa, invece, rende conto di numerose tensioni nel mondo della scuola: la questione dell’insegnamento della religione, “ovvero l’unico reale e valido terreno di integrazione e insegnamento alla convivenza”, va affrontata dall’Europa tutta insieme, e va affrontata in fretta con analisi e conseguenti strategie comuni. Mentre proprio a scuola pare essere grande il rischio di “perdere la Memoria”, perché “A oltre settant’anni dalla più grande tragedia del secolo scorso, i nativi digitali cresciuti nell’epoca del terrorismo islamico, rischiano di conoscere quanto accadutotra il 1938 e il 1945 alla stregua di un evento qualsiasi della storia, riassunto in dieci righe di un libro di storia”.
Betti Guetta, responsabile dell’Osservatorio Antisemitismo e Stefano Gatti, responsabile dell’Antenna Antisemitismo Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec), descrivono i dati contenuti nel Rapporto nazionale sull’antisemitismo mentre il razzismo si affaccia nelle università e nelle scuole di tutto il mondo, dall’India agli Stati Uniti. È favorevole all’istituzione di una festa islamica in tutte le scuole, l’arcivescovo Angelo Scola, perché “Se aumentano i bambini musulmani, bisogna prendere qualcuna delle loro feste ed inserirle nella dimensione pubblica: spiegare, non vietare”. Dura la reazione dei rettori italiani all’appello al boicottaggio delle università israeliane firmato da quasi duecento docenti universitari: “La scienza è il miglior modo per superare le conflittualità. Boicottare Israele vuol dire boicottare la ricerca scientifica e questo non è mai un bene”, ha risposto Marco Gilli, magnifico del Politecnico di Torino, mentre il rettore di Tor Vergata, Giuseppe Novelli, che ha concluso: “Stendiamo un velo pietoso, è un boicottaggio insensato. La scienza deve badare ai fatti e la produttività accademica del Technion parla da sola”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(5 febbraio 2016)