Il proprio destino

Francesco Moisés BassanoQualche tempo fa Stefano Jesurum scrisse su queste pagine che il grande tema dell’opera narrativa di Israel Joshua Singer fosse l’illusione. Niente di più vero. Nella Famiglia Karnowski (1943), sono presenti tre chimere che hanno accompagnato la storia ebraica in tutto l’arco del Novecento: l’illusione del capostipite polacco David di diventare tedesco attraverso l’Haskalah, l’illusione del figlio Georg di affrancarsi dalle ‘antiquate’ tradizioni dei genitori, l’illusione del nipote Jegor di cancellare la propria parte ebraica.
Tra queste si potrebbe aggiungere anche l’illusione, espressa da Elsa Landau, e già presente in altre opere di I.J. Singer, del comunismo, il quale insieme alla liberazione degli ebrei avrebbe portato alla liberazione dell’intera umanità senza più distinzioni nazionali. Tutto verrà, come si potrà scoprire scorrendo il romanzo, infranto e prenderà le sembianze di un eterno ritorno: in una New York alienante e caotica, David tornerà a pregare nell’Yiddish precedentemente disprezzato, Georg da medico rinomato sarà costretto a diventare un venditore ambulante come i propri antenati, e Jegor non verrà mai considerato ‘ariano’ in modo da poter tornare nell’amata Germania travolta dal nazismo, che pure l’aveva umiliato pubblicamente. Il mercante Salomon Burak – riprendendo Susanna Nirenstein – senza crearsi false speranze, non rinnegando mai sei stesso, sarà l’unico personaggio vincente, come del resto il Dottor Landau.
Un romanzo, che in fondo, oltre che sull’illusione, è parallelamente sull’identità. Un’identità, come quella ebraica, la quale porta con sé un eredità da cui è sempre stato difficile svincolarsi, ancor più dopo la Shoah. L’emblema, forse il più ‘attuale’, è soprattutto Jegor, il quale nonostante neghi il proprio ebraismo, nonostante sia di madre tedesca, resterà sempre ebreo, almeno agli occhi di se stesso e della società che lo circonda. “È il nostro destino, e nessuno può sfuggire al proprio destino.” dirà Georg Karnowski nell’ultimo capitolo.

Francesco Moises Bassano

(26 febbraio 2016)