In ascolto – Sukkot

Maria Teresa MilanoLa mia nonna aveva una straordinaria abilità narrativa, che le veniva da una curiosità innata per il genere umano e dal desiderio di custodire memorie di vita, un desiderio che mi ha lasciato in eredità. In effetti sono cresciuta con l’idea che tra le cose più importanti da salvare al mondo ci siano senz’altro le storie.
Per Sukkot ho ripreso in mano una vicenda poco conosciuta e “salvata” dallo storico Paolo Veziano, autore di un saggio davvero interessante sulla comunità ebraica di Sanremo, la cittadina della Riviera ligure che fin dal medioevo cominciò ad attirare ebrei dall’Europa centrale per via dell’ottima qualità di cedri e palme. “Gli statuti di Sanremo del 1435 tutelavano gli interessi dei commercianti ebrei, autorizzati a scegliere i cedri che avessero le caratteristiche necessarie all’uso rituale ma a partire dal 1600, con l‘intensificarsi del commercio, il famoso “taglio all’ebrea” di cedri e palme innescò problemi di natura economica”, spiega Veziano. Gli ebrei, che venivano in Riviera partendo addirittura da Praga, da Cracovia e dalla Lituania, si procuravano il mirto (in dialetto mortella) a Seborga, nell’entroterra.
Sappiamo che ogni lavoro di raccolta è sempre stato accompagnato dal canto e non ci occorre scomodare le worksongs dei campi di cotone e la tradizione afroamericana. L’Italia possiede una ricca tradizione musicale italiana legata ai canti di lavoro, recuperati nel più ampio lavoro di ricerca da diversi etnomusicologi, da Leone Sinigaglia (fine ‘800) fino a Roberto Leydi e Sergio Liberovici negli anni ’70, tanto per citarne alcuni. Leo Levi, che dedicò anni della sua vita a recuperare i canti ebraici delle comunità italiane, tanto quelli liturgici quanto quelli popolari, la chiamava “la musica salvata”.
L’etnomusicologo studia, registra le voci di chi ha ereditato una tradizione musicale orale e conduce il suo lavoro sapendo che non troverà mai la melodia originaria e unica, non fosse altro perché la musica è liquida, viene plasmata da chi la esegue, si contamina con i passaggi delle persone e dialoga con altre culture. D’altronde l’etnomusicologo sa che l’obiettivo non è ritrovare una presunta autenticità, quanto piuttosto ricomporre i tasselli di una tradizione, far risuonare quei canti che per lungo tempo hanno accompagnato la vita e il lavoro della gente.
Chissà cosa si cantava in Riviera nel tagliare palme, cedri e mirto per Sukkot. Non possiamo saperlo, ma possiamo avvicinarci a quello spazio sonoro ascoltando i cori di Ceriana, un paese in provincia di Imperia che custodisce con tenacia la musica popolare, facendola vivere nella quotidianità attraverso quattro diverse formazioni ciascuna specializzata in un repertorio specifico: la Compagnia “Sacco”, il Coro della Valle, Le Mamme Canterine e le Garsune de Seriana. Non a caso ne rimase affascinato Hugo Zemp, etnomusicologo franco-svizzero, che produsse il documentario “Poliphony of Ceriana”. E come dice la presentazione di “Cantamu enséme”, firmato dal regista Claudio Lanteri: “Questo borgo antico arroccato tra le montagne ha saputo trovare nel canto la straordinaria forza per sopravvivere, per ricordare, per lavorare e creare una comunità viva ed attiva”.

Maria Teresa Milano

Consiglio d’ascolto:

(20 ottobre 2016)