Ferrara – La giornata di studi al Meis L’Italia e la storia del sionismo

Si è aperto stamani il convegno “Gli ebrei italiani e il sionismo: tra ricerca storica e testimonianze”, promosso dal Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (Meis) presso la Sala dei Comuni del Castello Estense.
Il presidente del Meis, Dario Disegni, ha rimarcato come non sia casuale che il simposio si svolga a Ferrara, dal momento che proprio qui, nel 1901, fu fondata la Federazione Sionistica Italiana, sotto la presidenza dell’avvocato Felice Ravenna.
Nel corso della prima sessione – “Dalle origini all’ascesa del fascismo” –, presieduta da Manuela Consonni, direttore del Centro internazionale Vidal Sassoon per lo Studio dell’Antisemitismo presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, Alberto Cavaglion, storico dell’Università degli Studi di Firenze, ha ripercorso gli albori del sionismo italiano come movimento umanitario, di solidarietà con i popoli oppressi specialmente dall’efferato zarismo russo.
Come ha ricordato Cavaglion, Ferrara può rivendicare la primogenitura del sionismo italiano grazie a Felice Ravenna, alla redazione del primo giornale sionista, all’esistenza di un circolo e all’evento simbolico della visita di Theodor Herzl, il giornalista ungherese che a fine Ottocento aveva coniato il sionismo politico e che nel 1904 si recò a Ferrara per incontrarvi i primi seguaci italiani del suo movimento. Ravenna ospitò Herzl e poi lo accompagnò nei suoi appuntamenti romani con il re Vittorio Emanuele III e con Papa Pio, come ha ricordato la nipote Gabriela Padovano Ravenna, che con voce commossa ha parlato del legame affettivo verso Ferrara, dove affondano le radici della propria famiglia. “Mia mamma – ha raccontato Gabriela – era nata dieci anni dopo la visita di Herzl in casa nostra, ma non mancava mai di parlarne. E mia zia, che all’epoca della visita aveva 6 anni, riferiva di aver percepito che qualcosa di davvero eccezionale stava succedendo e di essersi sentita smarrita vedendo Herzl che prendeva dalle mani della balia il fratello Enrico. Il quadro con l’immagine di Herzl – ha proseguito Padovano – rimase appeso alle nostre pareti per molti anni e sotto vi accendevamo le candele di Hanukkah. E quando lui morì, mio nonno Felice, che rimase tra i suoi più devoti discepoli, continuò a sostenere il pensiero di Herzl anche quando lasciò la presidenza della FSI per divergenze interne. E ai suoi figli, lui che aveva sempre avuto a cuore la cultura e la formazione dei giovani, diceva: “Non dovete mai dire che siete israeliti, ma ebrei, perché dicono di essere israeliti quelli che si vergognano di essere ebrei”.
In chiusura della sessione mattutina, Simonetta Della Seta, Direttore del Meis, si è soffermata sulla figura di Alfonso Pacifici e sul sionismo integrale da lui propugnato, chiarendo che il convegno intende mettere in evidenza il fermento che ha sempre contraddistinto gli ebrei italiani, numericamente inferiori rispetto ad altre comunità ebraiche europee, ma con una lunga e significativa storia alle spalle, in dialogo continuo con la società circostante.
“L’atteggiamento filantropico del primo sionismo italiano – ha spiegato Della Seta – a un certo punto s’incrina e ha bisogno di sfociare in altro. Le prime voci dissonanti si levano a Firenze, nel 1920, e al congresso dei giovani ebrei del ’24, a Livorno, se per Nello Rosselli la risposta al fascismo che sta prendendo piede è l’antifascismo, per Pacifici è invece l’ebraismo integrale: la Torah, il popolo, il ritorno in Israele. E sarà, infatti, proprio lui il primo ebreo italiano a trasferirsi in un kibbuz, nel 1927”.
“Quando il fascismo – ha concluso il direttore del Meis – è diventato sempre più antisemita, fino alle leggi razziali, i sionisti italiani, soprattutto i giovani, avevano nuovi strumenti per offrire la possibilità di andarsene, basti pensare ai campeggi creati per familiarizzare con la lingua ebraica e le tradizioni dei kibbuz. Ed è così che, quando c’è stata l’occupazione tedesca, sono state salvate moltissime vite”.
Daniela Modonesi