Shabàt…

“Ricorda il giorno dello Shabàt per renderlo sacro ….” (Shemòt, 20; 8). Ricordalo ogni giorno tra i precetti positivi , commenta Rashì.
Questo è il pensiero che mi ha sollecitato la lettura del monito “.. ricordati che sei stato schiavo in Egitto …” (Devarìm, 5; 15), postato in modo così ermeticamente eloquente dalla stimata storica Anna Foa nella newsletter di ieri in questa testata. Il verbo “ricordare” nella Bibbia ricorre almeno 222 volte e la Tradizione rabbinica ne ha scelte sei – secondo altri dieci – tra queste memorie più significative, “zechiròt”, da rievocare ogni giorno.
Perché limitarsi a esibire solo in poche occasioni strumentali alcuni insegnamenti della Torà, come emerge dai tanti post di questi giorni, anche se invocati per una giusta causa?
Perché non approfondire una Tradizione allineando il proprio agire su di una etica che per essere educativa deve svolgersi al presente e non come una parentesi istantanea dissociata dalla vita quotidiana? Ricordare e agire devono sempre andare di pari passo. Non ci si può appellare a un sistema etico e normativo estrapolandone solo alcuni dettami alla bisogna, per poi ignorarne altri, etichettandoli spesso come modelli di un ebraismo oscurantista e reazionario?
Perché assecondare una manifestazione durante lo Shabàt contro lo sfregio di una pietra di inciampo posta in memoria di un ebreo deportato? Perché andare sempre al traino degli altri e non far conoscere alla società i nostri valori?
Perché anziché farci irretire da questa sindrome di normalizzazione della trasmissione della nostra memoria – che si sta pietrificando sempre di più – non proviamo a “inciampare” e a far “inciampare” l’opinione pubblica su quella pietra miliare e indistruttibile che è lo Shabàt ? Se non capiremo questo saremo noi a sfregiare il nostro futuro ancora prima che altri continuino a sfregiare il nostro passato.

Roberto Della Rocca, rabbino

(31 gennaio 2017)