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Gender inequality, le differenze restano

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I numeri sono capaci di raccontare la realtà, al di là di posizioni ideologiche e politiche, e nella ricorrenza dell’otto di marzo vale la pena di ricordarne alcuni che andrebbero però tenuti presenti tutto l’anno. Dati Eurostat pubblicati in questi giorni mostrano che l’Italia è ultima in Europa per numero di donne manager e seconda per la maggiore differenza salariale rispetto agli uomini. Due terzi delle posizioni manageriali dell’Unione Europea sono occupate da uomini e se il manager è donna percepisce uno stipendio che è in media inferiore del 23 per cento rispetto al collega uomo che ha la stessa funzione dirigenziale. L’Italia, insieme a Germania e Cipro, ha il numero minore di donne manager, (il 22 per cento) mentre la media europea, pur bassa, è del 35 per cento. Migliore la situazione nei paesi dell’Est e del Nord Europa, ma a superare il 50 per cento c’è solo la Lettonia.
L’Italia ha una pessima posizione anche per quanto riguarda la sperequazione retributiva: è l’Ungheria ad avere il gap più grande (33,7 per cento) ma in Italia – seconda, dal basso – una manager guadagna il 33,5 per cento in meno del suo collega uomo.
In Israele il Center for the Advancement of Women in the Public Sphere (WIPS) del Van Leer Jerusalem Institute, guidato da Naomi Chazan e Hanna Herzog ha sviluppato, grazie al lavoro di Hagar Tzameret Kertcher, il Gender Index. Si tratta di uno strumento di misura multidimensionale che permettere il monitoraggio sistematico del livello di diseguaglianza di genere nel paese: prende in considerazione la disuguaglianza di genere in aree diverse e l’evoluzione dei dati specifici sul lungo periodo, ma fornisce anche un punteggio complessivo basato sui dati provenienti da otto aree, aggregati. È questa la differenza principale fra il Gender Index del WIPS e i dati di più facile reperibilità, ma è molto interessante anche vedere l’evoluzione nel tempo sia per quanto riguarda le singole aree che sul dato complessivo. L’indice, va sottolineato, permette anche di prendere in considerazione i dati sulla diseguaglianza di genere relativi alla comunità araba, fondamentali per la comprensione di un paese la cui realtà è difficilmente leggibile attraverso gli indici più diffusi. Mercato del lavoro, povertà, educazione, rappresentanza politica, salute, violenza, sono in aumento costante gli indicatori presi in considerazione, analizzati e messi a disposizione sia singolarmente che come indice aggregato, a raccontare come anche in Israele le differenze di genere si facciano sentire.
L’ultimo indice pubblicato , che racconta i trend di un decennio, mostra tendenze non uniformi: le differenze di genere, aumentate tra il 2004 e il 2007 si sono ridotte nel periodo compreso tra il 2010 e il 2013, in cui il solo valore a peggiorare è stato quello relativo a “Education and Gendered Segregation of Professions”.
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Il calo è molto evidente in particolare per quanto riguarda povertà, influenza e società araba, ma è anche vero che la riduzione delle differenze è stata determinata anche da un peggioramente generale della situazione lavorativa che ha colpito sia omini che donne, più che di un miglioramento reale della situazione femminile, e la dimensione delle differenze resta molto elevata. In media le donne israeliane – in tutti gli ambiti, in tutte le professioni – guadagnano il 30 per cento in meno degli uomini, nonostante compongano circa il 50 per cento della forza lavoro, le differenze persistono. Anche in Israele.

Ada Treves
twitter @ada3ves

(8 marzo 2017)

Testo scritto il 7 marzo, io #Lottodimarzo #Nonunadimeno