melamed – Wikipedia e i falsi storici

fascismo wiki

José Antonio Primo de Rivera è stato il fondatore della Falange española, un movimento politico che voleva costruire uno stato fascista in Spagna. Fucilato dai repubblicani durante la guerra civile, Rivera è morto nel 1936, ma il suo nome rivive grazie alle azioni di un utente di Wikipedia in lingua italiana. Attivo dal 2008, Jose Antonio ha modificato decine di pagine dedicate alle vicende storiche e ai protagonisti del ventennio fascista e della resistenza. Le sue azioni (insieme a quelle di altri utenti come TheIrrules, ad esempio) sono diventate l’oggetto di una ricerca sul revisionismo storico e sulla propaganda fascista attraverso le pagine dell’enciclopedia online. L’indagine è stata realizzata dal collettivo di storici, scrittori e attivisti Nicoletta Bourbaki e pubblicata sul blog Giap. «Questa strategia cancella aggressori e aggrediti ne fa due variabili e permette di definire questi ruoli – o almeno di sfumarli a piacimento», scrivono gli autori.La squadra di Casapound
Allo stesso tempo, anche altri utenti, appartenenti a CasaPound, avevano messo in piedi una squadra dedita a modificare ed eliminare informazioni da biografie e pagine. In particolare, quelle dedicate ad episodi che possono mettere in cattiva luce il movimento neofascista: come la voce dedicata alla cosiddetta strage di Firenze, avvenuta il 13 dicembre del 2011. Il responsabile dell’omicidio di due ambulanti senegalesi è Gianluca Casseri, militante e simpatizzante dell’associazione. Ma questo particolare è stato più volte cancellato dalla voce. E come scriveva il coordinatore del gruppo Lorenzo Berti, per non incorrere nel controllo e nelle modifiche degli altri utenti, «bisogna creare delle utenze credibili per apparire come persone realmente interessate al miglioramento dell’enciclopedia».
Utenti prolifici e capaci di citare le fonti
Anche Jose Antonio sembra un utente credibile, ma proprio perché prolifico e soprattutto capace di citare fonti più o meno autorevoli. Le sue modifiche attribuiscono responsabilità e dipingono vittime, come nel caso degli scontri, avvenuti nel 1921, tra le squadre d’azione fasciste e i carabinieri nel comune ligure di Sarzana. E allo stesso tempo, infangano le biografie di medaglie d’oro della resistenza come Giancarlo Puecher Passavalli o dello psichiatra e neurologo veneziano Franco Basaglia, messo in stato di detenzione per antifascismo nel 1944. In particolare, a quest’ultimo viene attribuita una militanza nelle file dell’esercito della Repubblica di Salò. Le modifiche di Jose Antonio si basano su fonti bibliografiche attendibili ma allo stesso tempo manipolate (Squadristi di Mimmo Franzinelli), altre più controverse e molto criticate come Vincitori e vinti di Bruno Vespa e le opere di Gianpaolo Pansa e infine, vengono citati anche volumi dichiaratamente di parte come 600 giorni di storia della Repubblica Sociale Italiana a Vicenza (pubblicato da Grafiche DIPRO, casa editrice vicina al movimento di estrema destra Forza Nuova). E come riportano gli autori della ricerca, l’utilizzo delle fonti serve a blindare la revisione: «Le regole di it.wiki prevedono che l’eliminazione di un testo che rimandi a una fonte citata, sia considerato vandalismo a meno che non si porti una fonte diversa che nello specifico contraddica quanto affermato dalla prima».  Infine, secondo Nicoletta Bourbaki, il problema è alla base dell’enciclopedia stessa, basata su un meccanismo cumulativo del sapere: fondato sulla quantità e non sulla qualità dei contributi. «La nostra è una comunità aperta, nata e cresciuta grazie all’apporto continuo degli utenti e non è possibile evitare la presenza di alcune distorsioni proprio per la natura stessa di Wikipedia», commenta il portavoce della comunità italiana Maurizio Codogno e allo stesso tempo aggiunge che, in molti casi (soprattutto nelle pagine più celebri e frequentate) è grazie all’intervento di altri utenti che si è riusciti a correggere la modifica. «Ma non basta, mi piacerebbe che sempre più utenti operino su Wikipedia e non ne fruiscano solo», conclude Codogno.

Marco Tonelli per La Stampa 

(17 marzo 2017)