“1938, la mia ferita”

rassegna“Sapevo che ‘espulsa’ era una parola pesante. Per essere ‘espulsi’ bisognava aver fatto qualcosa di grave. Di molto grave. Chiesi a mio padre che cosa avevo fatto, che cosa era successo. Mi rispose che c’erano delle nuove leggi, che le cose erano cambiate, che noi eravamo ebrei e che dunque non sarei potuta tornare alla mia scuola, la Ruffini di Milano, dove avrei dovuto iniziare la terza elementare. Non sarei più stata in classe con le mie compagne e con la mia maestra Bertani”.
Così, in una intervista con Il Fatto Quotidiano, la senatrice a vita Liliana Segre racconta l’impatto con le Leggi razziste varate dal fascismo di cui nelle prossime settimane ricorreranno gli 80 anni dalla promulgazione. “Oggi – prosegue Segre – bisognerebbe avere la pazienza di leggere tutti gli articoli delle Leggi. Non solo quelli più noti, che ai cittadini italiani di religione ebraica proibivano di andare a scuola, di far parte dell’esercito, di lavorare nell’amministrazione pubblica. Ci sono imposizioni minori, ma non per questo meno gravi. Le proibizioni minori volevano raggiungere l’effetto di farti sentire diverso, inferiore, sottomesso”. Ammonisce la senatrice a vita: “È l’essenza di ogni razzismo, di ieri e di oggi, che non è mai una goliardiata”.
Commenta Furio Colombo, ricordando alcuni momenti dell’infanzia: “Dentro il Paese delle frontiere (ogni canzone fascista a scuola celebrava i nostri confini inviolabili e quelli del nemico, che tra poco spezzeremo) era stata tracciata una frontiera tra vicini di casa, di scuola, di lavoro, di vita. Ma aveva anche creato il meticciato dei ‘discriminati’, forse da cacciare, forse no, o forse a giudizio delle ‘autorità locali’, ‘viste le circostanze’, caso per caso”.
Al tema delle Leggi antiebraiche è dedicato il documentario di Sky Arte 1938-Diversi, in anteprima fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Il documentario, prodotto da Roberto Levi e con regia di Giorgio Treves, è così presentato da Repubblica: “Il 1938 segnò il tempo del massimo consenso per il Duce: chi si aspettava da lui il riscatto, il predominio, la felicità, riempiva le piazze, persino più dei salviniani di oggi. La minoranza altra si occultava, spaventata, colpevolizzata, ridicolizzata ancor più di adesso, e allora in pericolo di vita. In un clima di tale asservimento entusiasta, bastarono cinque mesi, da luglio a novembre, per dividere gli italiani di serie A di ‘razza ariana’ (in realtà molto miscelata), da quelli di serie B, perché di ‘razza ebraica’”.

Sul Corriere della sera Pierluigi Battista contesta la decisione del Salone del Libro di Torino di invitare l’Iran quale ospite d’onore per il 2020. “Visto che l’occasione è ghiotta – scrive l’editorialista – sarebbe necessario chiedere agli emissari degli ayatollah al potere che ne è della condanna a morte di Salman Rushdie, raggiunto da una fatwa scagliata da Khomeini in persona. Giacché siamo in Italia, una parola di solidarietà da parte iraniana non sarebbe sgradita nemmeno sulla sorte del nostro connazionale, Ettore Capriolo, colpevole a suo tempo di aver tradotto i Versetti satanici di Rushdie in italiano e perciò accoltellato e lasciato in fin di vita in una pozza di sangue da un killer spedito dal Paese ospite nel 2020”.

Il Foglio, nel suo inserto, segnala alcuni articoli della stampa internazionale. Uno, pubblicato da Politico, dedicato alle crescenti tensioni tra il mondo ebraico inglese e il leader laburista Jeremy Corbyn. Un altro, apparso sul Jerusalem Post, di un padre israeliano che ha perso la figlia 15enne in un attentato a Gerusalemme nel 2001 che ebbe la regia di un parente stretto di Ahed Tamimi, diventata nel frattempo simbolo della contestazione violenta a Israele. “L’uso dei bambini arabi palestinesi come armi per mano della loro stessa società, persino delle loro stesse famiglie – si legge – è così incomprensibile per gli estranei che molti preferiscono chiudere gli occhi e negare questa realtà”.

Sul Corriere è presentato Il mistero del Tempio, di Livia Capponi, saggio che racconta le turbolenze che si svilupparono a Gerusalemme tra 115 e 117 nel passaggio tra gli ultimi anni del regno di Traiano e l’accesso al trono di Adriano. Secondo la ricostruzione, si legge, “Traiano avrebbe fatto balenare l’intenzione di favorire la ricostruzione del Tempio a Gerusalemme e il conseguente, possibile ritorno degli ebrei nella madrepatria, individuando in alcuni suoi collaboratori gli agenti che avrebbero dovuto reperire le fonti finanziarie e gestire il trasferimento degli esuli”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(20 agosto 2018)