Il silenzio pentastellato

rassegna“Lannutti, l’incredibile silenzio M55”. Su Repubblica si parla con allarme dell’assenza di voci di condanna che si sono levate nel Movimento per lo sdoganamento dei Protocolli dei Savi di Sion, testo alla base dell’antisemitismo moderno, da parte del senatore Enzo Lannutti. Un caso aperto sui nostri notiziari quotidiani e sul quale, viene segnalato, il solo vicepremier Luigi Di Maio è pubblicamente intervenuto.
“Oltre ai leader – si legge in una analisi richiamata sulla prima pagina del quotidiano – ci sono anche 330 fra deputati e senatori cinquestelle. In un Paese normale 320 di loro sarebbero insorti contro Lannutti, se non altro per non essere accomunati alla sua evidente e imbarazzante pochezza intellettuale; nella situazione italiana attuale ci si poteva aspettare qualche decina di dissociazioni. Nessun parlamentare si è fatto sentire”.
“Tutti i movimenti estremisti e autoritari della storia – prosegue Repubblica – passano attraverso due fasi. In una prima fase di ingenuo entusiasmo essi raccolgono, oltre agli esagitati, anche molti idealisti moderati in buona fede. La seconda fase è la paura: paura di vedersi negato l’accesso ai capi, dell’ostracismo dei colleghi, di perdere lo scranno su cui ci si siede, con tutti i benefici anche pecuniari connessi”.

27 gennaio, Giorno della Memoria. Gunter Demnig, l’ideatore delle pietre d’inciampo, protagonista in questi giorni di nuove apposizioni in tutta Italia, in una intervista al Corriere dice: “Cerco di far rivivere i nomi. Lo dice il Talmud: una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome”.
Si inaugura oggi a Roma, nella sede della Fondazione Museo della Shoah, la mostra “Solo il dovere – oltre il dovere. La diplomazia italiana di fronte alla persecuzione degli ebrei 1938-1945” curata da Marcello Pezzetti e Sara Berger. Proprio Pezzetti, in un intervento su La Stampa, sottolinea: “Un dato emerge in modo estremamente chiaro: i vertici dell’amministrazione statale italiana sapevano, fin nei dettagli, cosa stava succedendo e cosa sarebbe successo di terribile agli ebrei”.
Oggi a Torino è il giorno della Run for Mem. Segnala La Stampa: “Due gli itinerari. Il primo, quello della corsa sportiva, è di dieci chilometri e attraverserà il centro cittadino, per poi spostarsi sulla collina e concludersi in piazza San Carlo. La seconda, la stracittadina, sarà tutta nei quartieri centrali, per un percorso di quattro chilometri”.
Repubblica racconta il progetto di Gianni Peteani, figlio della prima staffetta partigiana d’Italia: “Un memoriale nazionale per i deportati ad Auschwitz. Una grande parete, nell’edificio vicino alla stazione di Trieste, con su scritti i nomi dei martiri e dei sopravvissuti”.
Mentre a Venaria Reale, in provincia di Torino, ha avuto un certo effetto la simulazione di retata delle SS al mercato cittadino. A parlarne è La Stampa.

“In Europa occorre recuperare le radici giudaico-cristiane, i valori della convivenza civile e renderli baluardo di ciò che vogliamo costruire. Serve una grande attenzione e l’intervento di chi ha l’autorità per farlo con azioni concrete, che diano il senso di ciò che può e ha spazio e di ciò che non può e non deve averne”. Così la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello in una intervista con Avvenire.
Sul Fatto Quotidiano, Furio Colombo scrive: “Bastano pochi africani in arrivo per far perdere la testa a chi ci governa sotto l’egida della Lega. Ora che di africani ne arrivano sempre meno, è stata inventata la deportazione. E di nuovo non li preoccupa la estrema somiglianza con il modo in cui la Shoah è cominciata”.
Repubblica Robinson anticipa il testo che Stefano Bartezzaghi leggerà oggi al Memoriale della Shoah di Milano in ricordo di Primo Levi: “Per reminiscenza di studi liceali, curiosità di dilettante erudito o elaborazione personale di semiologo istintivo – si spiega – Levi sapeva che la memoria non è un repertorio di singolarità: è un sistema, funziona non per gli elementi che contiene ma per le relazioni che li connettono”.
Per Vittorio Feltri, direttore di Libero, “stare con Israele è il miglior modo per ricordare il genocidio ebraico”.

David Bidussa, sul domenicale del Sole 24 Ore, propone la lettura de Il caso Kaufmann di Giovanni Grasso. “Una trama – scrive – che mette al centro la macchina dell’odio e la sua genesi, le figure attraverso le quali l’odio diventa lingua politica incarnate in gran parte dai vicini di casa, dall’ambiente che ruota intorno ai due protagonisti”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(27 gennaio 2019)