Machshevet Israel – L’autonomia della ragione

Cosimo Nicolini CoenCome pensare l’uomo si chiedeva, riprendendo alcuni momenti della conferenza di Davos, Massimo Giuliani. In riferimento a tale interrogativo, e al di là del dibattito specifico avvenuto a Davos, può essere utile porre attenzione ad alcune concezioni del diritto (come realtà normativa) e del dovere. Cassirer individuava nel recupero del giusnaturalismo di matrice razionalistica “un argine etico-politico nei confronti del dilagante irrazionalismo” – siamo nei primi anni ’30 in Germania. Irrazionalismo alimentato tanto “da una strumentale interpretazione di Nietzsche” quanto “dal nichilismo e dell’antiumanesimo dell’ontologia esistenziale” di Heidegger. Così Angelo Bolaffi introduce il testo di Cassirer In difesa del diritto naturale, nel numero 2 di MicroMega del 2001 (di cui devo la segnalazione a Paolo Di Lucia, mio docente a Milano). Che cosa scorge Cassirer nell’istanza del giusnaturalismo tale da pensare che questa dottrina costituisca parte della risposta – al di là degli elementi più strettamente politici – a un’impostazione filosofica quale quella di Heidegger? Cifra del giusnaturalismo, sostiene Cassirer, è l’autonomia della ragione, tanto che fa sua l’analogia, di antica data, tra diritto e matematica. Analogia da intendersi in modo metaforico: “quando il diritto naturale parla di matematica usa tale termine nel senso della pars pro toto, volendo con esso indicare il complesso dell’attività della ragione”. Ma è davvero l’universale della ragione – la “spontaneità dello spirito” per riprendere un’espressione di Cassirer – la (sola) condizione per non sprofondare, tanto dal punto di vista teoretico quanto dell’azione politica, nella mera logica dell’immanenza? Levinas – che, come ricorda Giuliani, mai disconobbe il rilievo dell’approccio di Heidegger, e che pure tende a una direzione, nel contenuto, antitetica – sembra delineare un differente scenario. Non già la ragione astratta che enuncia, in foro interiore, sicure categorie morali cui fare riferimento. Bensì la percezione di qualcuno che – dal basso dell’incontro fisico, materiale – scompiglia l’ordinario andamento delle cose, imponendoci una scelta: prestare ascolto a questi, o procedere oltre. Autonomia della ragione astratta di contro ad eteronomia dell’incontro concreto, come si potrebbe risolvere la distinzione tra prospettiva kantiana – cui Cassirer fa eco – e levinassiana. Giuliani scrive che vi è forse in Levinas più Heidegger di quanto non si voglia pensare. Proprio nel riferimento all’ambito corporeo, allora, è possibile individuare l’eredità dell’approccio heideggeriano, almeno nell’analitica esistenziale; di quella rinnovata attenzione teoretica alla condizione materiale dell’uomo. Contingenza – qui l’esito contrario ad Heidegger – come condizione a un appello etico che interrompe proprio la logica del mero affermarsi corporeo (conatus essendi). L’autonoma attività della ragione che Cassirer evoca nel nome del giusnaturalismo e l’imperativo che nasce dal trauma dell’incontro con l’altro trovano un punto di intersezione, pur mantenendo distinte condizioni di possibilità, nel richiamo ad andare oltre le mere leggi del contingente? Forse. Tuttavia le differenze – autonomia del giudizio vs. eteronomia dell’imperativo ingiunto dall’incontro – non vanno sottovalutate. Ricorre qui la distanza tra l’universale astratto e il singolare concreto. Inoltre – andando oltre l’economia di pensiero dei due autori – si pone una differenza di approcci: se pensare la condizione umana, e l’ideale di umanità, a partire da ciò che più ci differenzia dagli altri animali (linguaggio, astrazione) o a partire da ciò che a questi, per variabili gradi e forme, più ci accomuna. Differenza, non antitesi.

Cosimo Nicolini Coen