Segre: “Chi diventa medico
fa una scelta etica”

“In qualunque professione così come nella vita bisogna fare una scelta, ma chi è medico una scelta l’ha già fatta e non potrà e non dovrà mai scegliere così come hanno fatto i medici nazisti: dovrà curare l’altro, dovrà essere un uomo o donna di buona volontà. Quei medici nazisti che con una crudeltà spaventosa negli occhi e con un sorriso mandavano le persone al gas, avevano dimenticato non solo il giuramento di Ippocrate, ma anche quello della loro coscienza e dell’etica”. Lo ha ricordato la senatrice a vita Liliana Segre alla platea di studenti in medicina, laureandi e medici, in occasione di un’iniziativa organizzata dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Statale di Milano e dedicata a passato e futuro della professione. In particolare, dopo la consegna di attestati ad alcuni docenti dell’Ateneo e prima delle proclamazioni dei laureati, è stato deciso di aprire uno spazio di riflessione sulla condizione dei medici a Milano durante le Leggi razziste. A loro, hanno annunciato il rettore Elio Franzini e il presidente della Facoltà di Medicina e Chirurgia Gian Vincenzo Zuccotti verrà dedicata una targa in università: “In ricordo dei 153 medici ebrei di Milano che l’Italia fascista espulse dall’Università e dall’Ordine dei medici, e in particolare di Nathan Cassuto e Gino Emanuele Neppi deportati ad Auschwitz”, il testo commemorativo di una vicenda a lungo tragicamente taciuta, come hanno sottolineato Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, e Ugo Garbarini, presidente onorario dell’Ordine. Proprio grazie all’impegno di Garbarini è stato recuperato il registro dei medici ebrei discriminati, deportati e uccisi tra il 1943 e il 1945. Del loro destino ha parlato lo storico Michele Sarfatti, preceduto dall’intervento del filosofo Giorgio Cosmacini sulle rivendicazioni pseudoscientifiche dietro il Manifesto della razza. Sarfatti, dopo un’analisi del processo di espulsione dei medici, si è soffermato in particolare sulle figure dei citati Nathan Cassuto e Gino Emanuele Neppi. “Sono convinto – ha affermato lo storico – che anche nella tragedia di Auschwitz questi due medici cercarono di curare o si illusero di poter di curare i loro fratelli, vittime del nazismo e fascismo collaborazionista”. Due uomini, due medici esempio di quella scelta vera e genuina richiamata da Liliana Segre nella sua testimonianza.
A partecipare al convegno, il medico Giorgio Mortara, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.