Quali rabbini, quale futuro – “Decisioni incoerenti”

Rav Riccardo Di Segni ha creduto bene d’intervenire pesantemente sulla raccomandazione, largamente condivisa, di prevedere, nel nuovo statuto, l’istituzione di un Bet Din unico nazionale. Accusare gli autori della proposta d’ipocrisia perché lo scopo sarebbe semplicemente di ottenere una corte più controllabile è offensivo e supera il diritto di critica: la verità è proprio il contrario. Non voglio fare lashon harà e quindi non ricorderò l’inadeguatezza di tanti tribunali rabbinici locali, privi di un dayan (giudice) qualificato, spesso costituiti ad personam, a seconda del caso da giudicare, e succubi dei poteri forti locali e, comunque, autori di una giurisprudenza incoerente nel tempo e nei luoghi, in barba al rispetto dell’halachà di cui qualcuno si riempie la bocca con molta facilità. Altrettanto improprio mi sembra il confronto con le altre realtà ebraiche europee: in Francia, con 700 mila ebrei, ci sono 3 tribunali; in Gran Bretagna, dove vivono circa 300 mila ebrei e non esiste un’organizzazione unitaria come la nostra Unione, opera un Bet Din unico per ogni organizzazione: è forse questo il modello che auspica Rav Di Segni?.

Leone Paserman, componente della Commissione per la riforma dello Statuto dell’ebraismo italiano